I Pinocchi della collettiva d’arte a Quartu S. Elena (CA)

9 tavole raffiguranti scene di Pinocchio con l'aggiunta di simboli

Fumetti, illustrazioni, marionette, collage, allegorie…: notevoli la varietà e la creatività delle letture date a “Pinocchio” dai dieci nomi coinvolti nell’esposizione del Centro museale d’arte contemporanea “QuARTissimo”.

lampada a olio in metallo a forma di sferadi Marcella Onnis

Dallo scorso 21 novembre il Centro museale d’arte contemporanea “QuARTissimo”, in via Verga nn. 8-10 a Quartu Sant’Elena, ospita una collettiva d’arte dedicata a Pinocchio. Essendo ormai consapevole di avere molte cose in comune col famoso burattino, visitarla era per me quasi un bisogno esistenziale e prontamente l’ho soddisfatto.

Varcato l’ingresso del Centro, subito mi ha colpito il contrasto tra le variopinte opere esposte e il bianco degli interni. Un bianco che, però, non comunica freddezza, asetticità, bensì luce e, quindi, un certo calore. Bianca è anche la vernice che ricopre le capriate del soffitto, così come l’inferriata e il pavimento in legno del ballatoio che sovrasta l’intera sala. La vista del ballatoio ha stuzzicato la mia curiosità che – una volta ammirata l’esposizione – è stata carinamente soddisfatta dal gallerista e curatore della mostra Andrea Gennaro Aversano. Ho potuto così scoprire un affascinante tesoro di quadri, libri, oggetti e mobili antichi tra i quali la lampada a olio che potete ammirare nella foto.

Ma torniamo alle opere protagoniste della mostra: nove marionette (più un Pinocchio extra) realizzate da Marie Corte e nove tavole (ciascuna di 30×30 cm) per ognuno degli altri artisti (Angela Carone, Massimo Corazza, Sandro Giordano, Gruppo pittura a olio S. Caterina, Fabrizio Antonio Ibba, Giorgia Loi, Anna Marchi, Diego Mocci e Anna Maria Pisano).

Ogni spettatore, come ogni lettore, ha non solo gusti personali ma anche una personale chiave di lettura, che inevitabilmente risente della propria cultura, come ben ha evidenziato Sandro Giordano nella conversazione di cui a breve vi riferirò. Premetto questo per chiarire che mi soffermerò solo su alcuni lavori non perché ritenga gli altri poco meritevoli di attenzione, ma perché, non essendo una critica d’arte, intendo semplicemente raccontare le mie personali – e quindi opinabili – impressioni.

marionette che raffigurano i personaggi di PinocchioParto dalle marionette di Marie Corte, realizzate in ceramica, stoffa e materiali vari. Sono opere che restano impresse per la loro bellezza ma anche per la cura dei particolari, come il berretto di mollica di pane o gli uccellini che beccano il naso del burattino, allungatosi per le sue bugie. Salta, inoltre, all’occhio, l’inusuale iconografia della Fata turchina, rappresentata dall’artista come una donna che… scoppia di salute. In assenza dell’interessata, la motivazione di tale scelta è stata illustrata a noi visitatori da Sandro Giordano nelle vesti di “padrone di casa” (gestisce, infatti, il Centro “QuARTissimo” con Aversano): le rotondità della Fata simboleggiano il suo essere anche madre.

9 tavole raffiguranti scene di PinocchioVenendo, invece, alle tavole, le opere di Anna Maria Pisano mi hanno colpito per la loro freschezza, caratteristica che senz’altro si deve all’intenzione con cui sono state realizzate: «Ciascuna sequenza è fatta con leggerezza e divertimento così come la nostra stessa vita, quando riusciamo a non prenderla troppo sul serio», spiega l’artista nella presentazione dei propri lavori. Dal punto di vista tecnico, le tavole sono realizzate con pittura a olio su carta riciclata (carta da regalo, carta della lavanderia…). Curiosamente, però, non è stata la carta a doversi, suo malgrado, adattare alle scene da rappresentare ma – ci ha raccontato l’artista – sono queste ultime a esser state ispirate, suggerite, dalla carta di volta in volta da lei scelta per lavorare. Non è la prima volta – né, immagino, sarà l’ultima – che Anna Maria Pisano dà alle sue opere un valore aggiunto utilizzando materiali di riciclo: c’è, infatti, in lei una grande attenzione e un sentito rispetto per la natura in tutte le sue espressioni. Un atteggiamento che certamente condiziona anche il suo modo di rappresentare i soggetti: autentico e, appunto, naturale, che si tratti di un animale, un fiore o un nudo femminile.
È poi quest’artista, nella presentazione dei suoi lavori, a ricordarci uno dei segreti dell’opera di Carlo Lorenzini alias Collodi: «Ogni disavventura e ogni sentimento del burattino Pinocchio ci appartiene ancor prima di ritrovarli far le righe».

9 tavole in bianco e nero che raffigurano in stile fumettistico personaggi e scene di PinocchioMolto interessanti anche le tavole di Diego Mocci, realizzate in china. La scelta della tecnica e del sempre efficace contrasto tra bianco e nero è un omaggio a Enrico Mazzanti, l’«impareggiabile disegnatore» – per usare le parole di Mocci – che realizzò le illustrazioni della prima edizione in volume di Pinocchio (1883) e delle quattro successive.
Queste nove tavole, però, lasciano il segno anche per l’interpretazione un po’ “cinica” che danno della fiaba di Collodi. Una rivisitazione comunque legittima se guardiamo alla natura del testo – così ricco di allegorie e di livelli di lettura da consentire interpretazioni difformi, se non contrapposte – e allo stesso lavoro di illustrazione svolto da Mazzanti. Scrive, infatti, Isabella Pezzini in “Le avventure di Pinocchio” (volume a cura dell’autrice e di Paolo Fabbri che racchiude gli interventi al convegno omonimo organizzato nel 2001 a Urbino) che le sue vignette «sono qualcosa di più che semplici “conversioni” di parti del testo verbale. Ne appaiono piuttosto delle espansioni visive, che […] sollecitano anche l’intervento di un diverso tipo di lettura».

9 tavole a fumetti ispirate a Pinocchio

 

Tutt’altra atmosfera richiama il fumetto di Anna Marchi, creato – spiega l’artista nella presentazione – sulla scia dei propri personali ricordi, «legati non solo al Pinocchio di Collodi, ma anche a film e cartoni animati» e alla sua infanzia. Grazie alla scelta di non «costruire la griglia tradizionale di lettura», l’insieme di immagini e parole dà vita a un’opera fluida con un che di onirico, in linea con il desiderio dell’autrice: «Mi piacerebbe molto che chi guarda le mie tavole raccontasse a se stesso la storia di Pinocchio, un poco leggendo e un poco sognando».

 

9 tavole che raffigurano rivisitazioni del naso di Pinocchio

 

Difficile per me comprendere, invece, le opere di Angela Carone, realizzate con penna e pastelli su tela. È solo dalla sua presentazione, per esempio, che ho potuto apprendere che «il filo conduttore è il naso di Pinocchio, che ricorre in tutte le opere». Il contrasto tra il bianco delle tele e la grafica essenziale esercita una forte attrattiva sugli spettatori, ma non è da tutti saper decifrare questa ricercata forma espressiva. Sicuramente non da me.

Per lo spettatore medio non è immediata neppure la comprensione delle opere di Fabrizio Antonio Ibba, sicuramente le più avanguardiste. Va detto, però, che questo è un esito “naturale” per un artista che ha alle spalle decenni di sperimentazione e una conoscenza approfondita sia della simbologia che del romanzo collodiano. Approfittando della sua presenza alla mostra, ho potuto colmare il mio deficit cognitivo e apprendere vari dettagli sia tecnici che di contenuto.
9 raffigurazioni di Pinocchio realizzate con collageSotto il primo profilo, le tavole sono realizzate su telai in legno massello sui quali l’artista ha applicato dei pannelli in cartonlegno. Ha poi lavorato sopra i pannelli con una tecnica mista: collage realizzato con diversi tipi di carta e con l’inserimento di cuciture “grezze” in filo rosso, foglia oro con penna, acquerello, matita, gesso e acrilico. Altro particolare: le tavole sono rivestite lateralmente con pagine di vecchi libri (da lettrice, confesso che mi piange un po’ il cuore), per dare l’idea di un volume che si possa sfogliare.
Ma qual è il significato di questi lavori? «Le opere rappresentano le tappe della trasformazione del materiale grezzo (il ciocco di legno) in essere umano, cosciente e compiuto» mi ha spiegato l’artista. Una trasformazione apparentemente propria del burattino che – esattamente come nel testo di Collodi – costituisce, in realtà, un’allegoria del percorso di iniziazione che ogni essere umano deve compiere. Ed è sempre Ibba ad aiutarmi a decifrare quest’allegoria: il punto di partenza è il burattino in via di costruzione – raffigurato nel primo quadro in alto a sinistra – mentre il punto d’arrivo – rappresentato nell’ultima tavola in basso a destra – è, appunto, l’uomo fatto. Un uomo che l’artista ha racchiuso in un cerchio a simboleggiare l’aspirazione dell’essere umano alla divinità e alla perfezione. «Una perfezione che, però, non raggiunge mai» ha voluto precisare l’artista.

9 tavole raffiguranti scene di Pinocchio con l'aggiunta di simboliMolta simbologia – magari semplice da rintracciare ma, per lo spettatore medio, non altrettanto da interpretare – è presente anche nelle opere di Sandro Giordano. Queste sue tele, dipinte con tecnica a olio, sono nate da una rilettura adulta del testo di Collodi: se «da bambino Pinocchio era solo naso lungo e gambe corte», in età matura vi ha, invece, individuato la dimensione morale (ma non moralistica, ci tengo a precisare).  E se il romanzo è conosciuto in tutto il mondo, più della Bibbia, è, a suo parere, proprio per questo fine morale.
Giordano, però, ne ha saputo cogliere anche i «risvolti ironici», una caratteristica dello stile collodiano che talvolta si tende a ignorare. C’è, quindi, dietro i suoi lavori anche un’intenzione scherzosa: «Ho voluto trasformarmi un po’ nel bambino che gioca con le scene di Pinocchio», infatti, solo una tavola (la prima in alto a sinistra) è estranea alla trama e – mi ha spiegato l’artista – riprende un quadro di Rembrandt inserendovi il burattino.
Tuttavia, l’innesto in queste scene di numerosi simboli ci ricorda che quello realizzato da Giordano è un gioco per adulti: «Anche nelle mie opere ci sono delle allegorie. Non tutti le riconosceranno, ma ci sarà chi le saprà leggere». «L’arte è un po’ come una cipolla: la sfogli e più sei colto, più strati riesci a vederne» mi ha detto proseguendo il discorso, per poi aggiungere che – dopo trent’anni di attività come insegnante di disegno e storia dell’arte, gallerista e artista – si ritrova a pensare, con grande rammarico, che «l’arte non è per tutti», che «l’arte è per chi se la può comprare mentalmente». Ossia è per chi ne capisce il valore e considera una priorità possedere un quadro o altro oggetto artistico piuttosto che una borsa o un giubbotto firmato, beni di consumo il cui valore è limitato nel tempo. Invece, «un quadro è per sempre». Ma, anche per arrivare a questa consapevolezza, «c’è molto da studiare, da conoscere».

Chi avesse la curiosità e la possibilità di vistare l’esposizione, a ingresso libero, può farlo fino all’8 dicembre 2014, dal lunedì al venerdì (esclusi i giorni festivi) dalle ore 18.00 alle ore 20.30.

 

 

Foto Marcella Onnis e Maria Denotti

8 thoughts on “I Pinocchi della collettiva d’arte a Quartu S. Elena (CA)

  1. Peccato non aver speso neanche due parole per il gruppo di pittura ad olio Santa Caterina…sono le uniche che mancano tra quelle menzionate

  2. Veramente mancano anche quelle di Corazza e Loi. E penso di essere stata molto chiara in proposito, quando ho spiegato perché non ho fatto una cronaca oggettiva della mostra bensì un resoconto soggettivo (e, in quanto tale, non condivisibile): “mi soffermerò solo su alcuni lavori non perché ritenga gli altri poco meritevoli di attenzione, ma perché, non essendo una critica d’arte, intendo semplicemente raccontare le mie personali – e quindi opinabili – impressioni.”

  3. Non opino le sue impressioni in quanto soggettive e solo sue, mi spiace che ci sia stato un prodigarsi (a mio parere eccessivo, ma è la mia opinabile impressione)in foto e commenti su alcuni estromettendo completamente gli altri partecipanti …leggendo il suo articolo sono rimasta delusa (avendo visto la mostra)perché una parola si poteva esprimere anche per gli artisti ignorati i quali vi hanno partecipato con la stessa passione ed entusiasmo di quelli citati nel suo articolo.

  4. Certo, volendo avrei potuto esprimere parole sulle altre opere, ma di che tipo? Dire due parole di circostanza sarebbe stato inutile, posto che questa, come ho specificato, non è una cronaca oggettiva della mostra. Esprimere un “coinvolgimento” che non c’è stato sarebbe stato falso e quindi scorretto verso voi lettori (che avete diritto a leggere parole scritte con onestà intellettuale) e, a mio parere, anche verso gli artisti. Ma anche riportare giudizi non positivi non mi sembrava corretto, soprattutto verso questi ultimi che, come giustamente ricorda lei, hanno partecipato con passione ed entusiasmo alla mostra. Del resto, è proprio alla luce di questa consapevolezza che ho voluto specificare che l’omissione dal mio resoconto di alcune opere non deriva dalla convinzione (che, peraltro, da non addetta ai lavori non posso avere) che non meritino attenzione. In generale, come penso abbia notato chi mi legge abitualmente, parlo raramente di cose che non mi hanno colpito positivamente perché non ne vedo la necessità e l’utilità: i giudizi negativi o comunque poco convinti a mio parere vanno espressi solo se sia ha la competenza per darli o se si ritiene possano essere utili.
    Quanto al prodigarmi su certe opere per lei eccessivo, che dirle? Purtroppo sono fatta così: quando una cosa o una persona mi piace, non mi pongo limiti nel dedicarle attenzione e nel farle “promozione”, come sa bene chi mi conosce attraverso queste pagine e/o nella vita privata. Ma capisco, perché è così pure per me, che quando non si condivide un parere, anche una sola parola possa risultare di troppo.
    In ogni caso, visto che ha visitato la mostra e ha apprezzato opere di cui non ho parlato, perché non ci racconta le sue impressioni? Sarebbe una cosa bella e penso pure utile agli altri lettori,che così potrebbero avere una visione d’insieme della mostra. Per il nostro giornale, infatti, il contributo dei lettori è importante quanto il nostro. E ben vengano anche le divergenze di opinione, se riescono a stimolare questa partecipazione!

  5. Bellissimo articolo,grazie!Sarebbe bello che tutti coloro che visitano una mostra d’arte avessero la sua sensibilità, sincerità e schiettezza nell’esprimere la propria opinione.

  6. Molte molte grazie! Ricollegandomi alla risposta precedente, cerco di mettere come limite alla mia sincerità e schiettezza il rispetto della sensibilità e professionalità altrui. Non sempre l’ho fatto (magari involontariamente neppure stavolta), ma sto cercando di migliorare anche in questo.

  7. Grazie per la sua risposta che esprime molto bene il suo punto di vista anche se un po’ contradditorio… dice che le opere non citate non l’hanno emozionata, ma allo stesso tempo non è sua abitudine esprimere pareri negativi… in poche parole non le sono piaciute quindi un’emozione seppur negativa l’hanno suscitata… capisco che sia più facile esprimere pareri positivi e ben accetti… ma anche le critiche se costruttive sono migliori di tante belle parole… ci vuole un po’ di coraggio ad esprimerle, ma avrebbe fatto piacere leggerle…

  8. Ha perfettamente ragione: le critiche costrutive sono utilissime, ma io non sono in grado di farne a un pittore! Non so spiegare perché un’opera non mi ha colpito e certo non pens che il problema sia necessariamente una mancanza dell’artista: è più probabile che sia io a non saperla recepire. Parlassimo di libri, potrei sì esprimere anche critiche con cognizione di causa, ma con la pittura non mi permetto.

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