Federico Garcìa Lorca e la sua grande eredità

Un poeta illuminato nel rinnovare il rapporto uomo-natura

 

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Si dice che per eliminare davvero un poeta occorra ucciderlo una volta con la morte e un’altra con l’oblio. Ma a Federico García Lorca accadde il contrario: sotto i colpi dei suoi esecutori, lui vide nuovamente splendere la luce. Nato il 5 giugno 1898 da F. García Rodriguez, ricco proprietario terriero e da Vicenta Lorca Romero, insegnante elementare, Federico dimostrò sin dall’inizio di possedere un carattere passionale e un’intelligenza precoce. Nel 1923 si laureò in lettere e in giurisprudenza, ma già nel 1918 aveva pubblicato una raccolta di prose poetiche “Impressiones y paisayes” e nel 1921 il primo libro di poesie dal titolo “Libro de poemas”. Manifestò inoltre particolare interesse per la musica (che coltivò con il maestro Antonio Segura, un ex allievo di Giuseppe Verdi), la letteratura, il disegno, il teatro.

Nel 1927, dopo aver allestito una mostra di suoi disegni, opere in parte stile naif, in parte surrealiste, pubblica il secondo libro di versi “Canciones” e scrive il dramma “Mariana Pineda”. Due anni dopo si reca a New York, studia alla Columbia University, incide dischi di canzoni andaluse, tiene conferenze, scrive un soggetto cinematografico surrealista intitolato “Viaggio sulla luna” e “Poeta a New York”, un volume tra i più famosi in cui amore e fratellanza sono motivo di messaggio per i diseredati. Nel marzo 1930 è invitato a Cuba dalla Instituction Hispano-Cubana de Cultura. In quell’occasione tiene altre conferenze, collabora alle maggiori riviste letterarie e porta a termine “Yerma”, uno dei suoi drammi più arditi.

Rientrato a Madrid, dopo una breve sosta nell’America del sud, scrive “Pianto”, un poema che diventerà famoso in tutto il mondo. L’opera è dedicata all’amico andaluso Ignazio Sanchez Meijas, torero e mecenate di artisti e poeti che dopo sette anni di assenza dalle arene, muore a soli 45 anni, ucciso da una cornata a Manzanares. Proprio per il suo temperamento sensibile e generoso, Lorca può essere considerato il poeta più significativo del secolo scorso. I suoi versi e i suoi esempi di vita sono il rinnovamento del rapporto uomo-natura, dove l’uomo è ricondotto alla sua innocente e selvaggia primitività. Pablo Neruda (1904-1973) dal prologo del suo libro di memorie “Confesso che ho vissuto” (pubblicato posto nel 1974), tra l’altro scriveva: «…la grande capacità di metafora di Garcìa Lorca mi seduceva e mi interessava tutto ciò che scriveva. Nel teatro e nel silenzio, nella folla e nel decoro, era un moltiplicatore di bellezza. Non ho mai veduto un tipo con così tanta magia nelle mani. Non ho mai avuto un fratello più allegro di lui».

Dopo numerosi attentati e tumulti, nell’estate del 1936 la Spagna entra nel vortice della guerra. García Lorca è in pericolo ma la fuga lo ripugna e il 16 agosto viene arrestato e condotto al palazzo del governo. “La casa di Bernarda Alba” è il suo ultimo lavoro. Spera di tornare a scrivere e di rivedere la sua terra, ma all’alba del 20 agosto García Lorca soccombe sotto il piombo dei suoi nemici, una sorta di uomini che non hanno saputo (o voluto) accettare la rivelazione di un poeta che sembrava incoronare la poesia stessa, piena di passione e nello stesso tempo venata di ombre profonde. Gli ultimi istanti di vita del poeta sono stati rivelati dal medico e scrittore Francisco Vega Diaz, che ha detto di non volersi portare «un simile segreto nella tomba».


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