L’angolo di Full: “Finché c’è gel (nei capelli) c’è speranza”
Finché c’è gel (nei capelli) c’è speranza
Sto valutando le offerte “3 per 1” sugli scaffali del market e sembro uno di quei mariti telecomandati con l’orecchio al cellulare. Invece sto cazzeggiando con la morosa. Dovrei decidermi a invecchiare come fanno tutti, ma non ho mai fretta di fare le cose. Finchè c’è gel (nei capelli) c’è speranza.
Dell’età me n’ero preoccupato una sola volta, quando, alle “zampe di gallina”, avevo opposto gli occhiali scuri, ma questi influenzarono solo il mio modo di salutare, incline al “buona sera” anche in pieno giorno.
Lei mi sente distratto e mi molla: «Ciao amore, ti lascio alle tue compere».
Come solito, invece, sono in barca coi miei pensieri.
Ormai, il “prendi 3 paghi 1”, è una prassi logora che frutta solo della robetta cinese o degli alimentari prossimi alla scadenza.
La formula originale, invece, riguardava merce di buona qualità e l’aveva inventata il mio amico Barlassina. Sissignori. Alcuni decenni fa.
Eravamo tre o quattro naufraghi metropolitani senza una lira oltre il galleggiamento.
Assolte le necessità primarie, cioè un letto per dormire, le sigarette e qualche altra cazzata per esistere, era bell’e finito il misero budget. Per nutrirci sfruttavamo la mensa aziendale mentre, per il vestiario, adottavamo il “prendi 3 paghi 1” inventato da Barlassina, detto anche “l’ingegnere” in virtù di un corso serale di elettrotecnica. Lo chiamavo per cognome perché era un mio ex compagno di collegio, recordman dei giorni di punizione per essersi nascosto sotto la cattedra a sbirciare le gambe della prof di matematica. Lo tradì un gemito sfuggitogli nell’attimo di massima esposizione inguinale.
All’epoca, nelle metropoli, stavano comparendo i primi grandi empori. A Milano, erano quattro: la Rinascente (proibitiva per le nostre tasche), All’Onestà (più di nome che di fatto), quindi l’Upim e la Standa che facevano al caso nostro. In pratica, ci procuravamo uno “sconto proletario” come dovrebbe essere di prassi per i poveracci nonché lavoratori.
Quando gli elastici, ormai esausti, lasciavano scendere calze e slip, io sondavo la domanda fra i compagni di “bolletta” stabilendo quante camice, mutande, canotte, calzini servissero. Poi ci recavamo, tutti insieme, al market prescelto dove Barlassina faceva il primo giro pagando il tutto regolarmente e combinando argutamente la merce e i prezzi in funzione dei giri successivi. Poi, a turno, ci passavamo gli scontrini. Ognuno sceglieva i propri capi (rigorosamente uguali nel prezzo) e usciva senza pagare tutelato dai precedenti scontrini. Va anche precisato che, all’epoca, le casse non erano mai all’uscita e gli scontrini indicavano solo l’importo-merce e la data.
Questo metodo ci permetteva di operare quasi a rischio zero, ma non senza inconvenienti, i quali capitavano tutti a me. Va detto, infatti, che ogni banco era servito da una commessa e noi dovevamo prendere la merce senza farci notare. In questo, io partivo svantaggiato per una ragione molto imbarazzante da spiegare: all’epoca –perdonatemi l’impudenza– ero tutto boccoli al gel e occhioni al burro per cui non sempre passavo inosservato alle giovani commesse. Così mi capitava di dover rinunciare all’indispensabile camicia e di pareggiare poi lo scontrino prelevando tre mutande o quattro calzini da un altro banco. All’uscita, nessuno degli amici voleva barattare le mie… eccedenze, così il mio guardaroba era di uno scombinato incredibile. Andavo in giro con il colletto liso, ma con delle serie di calzini da far invidia a un dandy, e non potevo nemmeno esibire la mia eccezionale collezione di mutande perché non vigeva l’attuale moda della “vita bassa”.
«Signore… signore!», la cassiera alza il tono di voce, «guardi che queste canottiere sono in offerta “3 per 1” e lei ha preso un unico pezzo» .
Ormeggio i miei pensieri e scendo: «Grazie signora, ma va bene così… sono diventato allergico alle offerte “3 per 1”. Conteggi pure il prezzo intero.»
Dapprima allibita, la cassiera esegue rifugiandosi in un’espressione assente.
Arrivato al parcheggio, do un’occhiata in giro, poi sfilo da sotto la giacca la scatola con una camicia di raffinato popeline. Saranno passati quarant’anni, d’accordo, ma il nostro era pur sempre un gioco d’azzardo e, nel gioco, il diritto alla rivincita è sacro.
Però, queste cose alla mia età… che tristezza!
Passare del tutto inosservato, voglio dire… gel o non gel!
Fulvio Musso