Luca Zaia, governatore “romano” del Veneto

Riceviamo e pubblichiamo:

Il presidente della Regione Veneto ci sta davvero sorprendendo col suo eclettismo politico. Nel giro di qualche settimana è passato dall’evocazione della rivoluzione all’accettazione dei diktat “romani” in tema di costi della politica e vincoli di bilancio.

Beninteso, per me che secessionista non sono e che nella mia vita non ho mai gridato contro lo Stato “centralista”, ancorché non nutra una particolare simpatia per la giunta tecnocratica dei professori, le misure appena varate dal governo in tema di finanziamento della politica potrebbero starmi anche bene. Dopo lo scandalo della Regione Lazio forse erano anche inevitabili.

La stessa cosa, evidentemente,  non può valere per il presidente Zaia, leghista veneto, piuttosto sensibile al tema dell’indipendenza della sua regione dall’Italia e da Roma.

È davvero paradossale, infatti, che il governatore, dopo aver sostenuto la legittimità, sul piano politico, di un referendum consultivo per la secessione del Veneto, chiedendo per lo stesso addirittura un parere all’avvocatura regionale, si spertichi nella difesa del decreto del governo Monti che ha imposto, da Roma, una drastica cura dimagrante a regioni, province e comuni, fino alla limitazione del diritto di elettorato passivo per gli amministratori responsabili del dissesto finanziario dei propri enti.

Per chi ha dimestichezza con la storia e col diritto, al di là del merito del provvedimento, qui si è di fronte ad un atteggiamento verso le autonomie locali che oscilla tra il borbonico ed il sabaudo. Altro che “Roma”.

Un presidente di regione come Zaia, con la sua cultura autonomista, perfino indipendentista, avrebbe dovuto quantomeno censurare questa scelta del governo, rivendicando il diritto all’autodeterminazione delle regioni nelle materie cui il decreto si riferisce. Un minuto dopo, anticipando gli effetti del decreto, e non in conseguenza di esso, avrebbe dovuto nondimeno portare in consiglio regionale una propria proposta di razionalizzazione e di riduzione dei costi che afferiscono al funzionamento ed all’attività dei gruppi.

No, Zaia non solo non si è opposto al decreto del governo, ma ha dichiarato addirittura che lui avrebbe “preferito il commissariamento diretto delle Regioni che non eseguono i tagli”, sentendosi al riparo da un eventuale provvedimento del genere. Peccato che qui c’è in gioco un principio, a prescindere da chi è più o meno virtuoso tra le regioni e gli enti territoriali sparsi per il paese.

Non contento ha poi aggiunto che l’imposizione alle regioni del pareggio di bilancio, secondo lo spirito del fiscal compact, “è una vera rivoluzione”.

Spieghiamo di che si tratta. Nel prossimo futuro anche i bilanci delle regioni e dei comuni, come quello dello Stato, dovrebbero far parte di un unico “bilancio consolidato nazionale”. Su di essi ci sarà un controllo sia a monte che a valle da parte della Corte dei Conti e la loro coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica sarà valutata in base ai parametri che stabilirà annualmente la  Legge di Stabilità. Non è finita:  una “Fiscal Commission”, organismo indipendente di controllo, “romano”, vigilerà sia sul bilancio statale che su quelli regionali.

Era questa la rivoluzione di cui Zaia parlava solo una settimana fa a Torino, agli Stati Generali del Nord? Se non  ricordiamo male in quell’occasione disse che “Roma è sempre stata centralista, in ogni sua scelta, ma il Veneto è pronto alla rivoluzione. Quel popolo che oggi è sbigottito da quei cialtroni come il Batman del Lazio, ha sempre voluto il regionalismo, il federalismo, l’autonomia ed il Veneto vuole l’indipendenza”. Oggi dice “non firmerò mai un ricorso contro questo decreto, anzi cercheremo di applicare al più presto tutto quello che ancora ci manca”.

Che dire? Che è davvero difficile di questi tempi stare dietro alle giravolte di una certa politica. Se poi nel giro di una settimana si passa dai proclami secessionisti all’esaltazione dei controlli statali sull’intera attività finanziaria delle regioni e delle autonomie locali, perfino alla magnificazione del commissariamento delle regioni inadempienti da parte dell’autorità centrale, c’è proprio da perdere l’equilibrio.

In ogni caso, che Zaia abbia ritrovato la sua fiducia nello Stato centrale non può che farci piacere, ma ci risparmi d’ora in avanti altre intemerate indipendentiste, che, a questo punto, varrebbero meno di un litro di acqua fresca.

06.10.2012

Luigi Pandolfi

 

 

Luigi Pandolfi (Cosenza, 1972), laureato in Scienze politiche presso l’Università degli Studi di Perugia, blogger, collabora con diverse testate giornalistiche e web magazine. E’ autore, tra gli altri, di Un altro sguardo sul comunismo, teoria e prassi nella genealogia di un fenomeno politico (Prospettiva Editrice, 2011), Lega Nord, Un paradosso italiano in 5 punti e mezzo (Laruffa,2011), Crack Italia, La politica al tempo della crisi (Laruffa,2012).

 

 

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