Letteratura e cinema sardi: i capolavori “riesumati” da Sardus&Pater

copertina del libro 100 capolavori della letteratura sarda

Sono trame di libri e film davvero “da ridere e gustare” quelle raccontate dal duo Sardus&Pater in “100 capolavori della letteratura sarda” e “100 capolavori del cinema sardo ”. Pensate per il pubblico isolano, ma godibili anche oltremare.

copertina del libro 100 capolavori della letteratura sardadi Marcella Onnis

Sardegna terra negletta anche per la cultura: sapevate che esistono cento – dico cento! – opere letterarie sarde sconosciute che hanno ispirato altrettante opere inspiegabilmente ben più note? E cento – dico cento! – film sardi scopiazzati da altrettante pellicole che hanno riscosso un ben più ampio successo?

Un patrimonio prezioso che sarebbe rimasto sconosciuto ai più se Sardus&Pater non avessero recuperato dall’oblio queste opere, illustrandole brevemente in due libretti pubblicati da Arkadia: “100 capolavori della letteratura sarda – Cento trame di libri da ridere e gustare” e “100 capolavori del cinema sardo – Cento trame di film da ridere e gustare”.

In libreria dallo scorso Natale, questi due “libercoli sovversivi” – per usare la definizione con cui un mio professore del liceo si riferiva ai Bignami – sono perfetti anche come letture da ombrellone. Da ultimo, Sardus&Pater li hanno presentati, in compagnia di Paolo Lusci, lo scorso 30 luglio a San Sperate, nella magica cornice del festival di cultura popolare “Cuncambias”.

UNA PARODIA A FIN DI BENE
Chi si cela dietro questi due pseudonimi? Mistero … o segreto di Pulcinella, che comunque non violerò. Alla presentazione i due autori si sono presentati incappucciati, affermando di essere uno psicologo (Sardus) e l’altro “impiegato del polpastrello” (Pater), salvo rivelare in seguito di essere due giornalisti (per la cronaca, due che meritano veramente di essere letti e definiti tali).

«Quello che avete fatto è un giochino raffinato: perché vergognarsi? Perché nascondersi?» ha domandato loro Paolo Lusci. Dopo qualche battuta scherzosa, i due autori hanno rivelato l’obiettivo di questi divertissement: «Abbiamo deciso di regalare cultura ai sardi e […] abbiamo deciso di farla passare così, cazzeggiando», ha risposto Sardus, che poi ha aggiunto che la loro speranza è che, leggendo la trama inventata, venga la curiosità di conoscere l’opera cui si riferisce. Ma questi due libretti hanno anche un’altra funzione, illustrata da Pater: «In giro c’è molta tristezza, solitudine, allora questi libri sono una cura, una medicina … e costano anche poco. […] Ogni giorno, prima di andare a letto, prendete una di queste pillole e l’effetto è assicurato». E io, testata la cura, ne confermo l’efficacia.

Tania Murenu legge da un libro accanto a Paolo Lusci e a due uomini incappucciatiSERIAMENTE PARLANDO
L’incontro – veramente spassoso e all’insegna di un umorismo anche involontario, causa problemi logistici e “scenografici” – è stato occasione anche per esprimere alcune considerazioni serie sulla letteratura e sul cinema della Sardegna (quelli veri, s’intende).

Quanto alla prima, rispondendo a precise domande di Lusci, Sardus ha espresso un giudizio su alcuni scrittori isolani, lasciandosi andare, per uno di loro, a critiche piuttosto pesanti, anche più del necessario. Parole molto positive ha, invece, speso per Alessandro De Roma e per il suo ultimo romanzo “La mia maledizione”, augurando allo scrittore di ottenere finalmente la meritata attenzione. E che l’augurio si avveri mi pare molto probabile, ora che De Roma è entrato nel “cerchio magico” di Einaudi e Lìberos. Non altrettanto, invece, possono sperare altri bravi autori sardi che, per scelta propria o altrui, da quel giro sono rimasti fuori o comunque ai margini.

Per quanto riguarda il cinema, Paolo Lusci ha domandato a Pater a che punto siamo con la Film commission. Pater ha risposto di poterne solo dire bene, ma alla domanda «Come sta il cinema sardo?» non ha espresso la stessa soddisfazione: «Non sta bene e non sta male». Lusci, allora, gli ha domandato perché la Regione Puglia è più brava di noi in questo campo e lui così ha risposto: «Perché loro hanno deciso di investire di più sul cinema, hanno scelto persone che sapevano fare e le hanno lasciate libere». Peccato che, con molta probabilità, le orecchie che dovrebbero intendere sicuramente ignoreranno queste osservazioni e continueranno a riempirsi la bocca di vuoti slogan identitari.

SOLO PER SARDI?
Come forse avrete già capito, i due libretti sono sicuramente più adatti ai lettori sardi, quindi forse qualcuno si starà chiedendo perché io ne parli sulle pagine di un giornale nazionale. Innanzitutto, perché ci sono trame che possono benissimo essere comprese e apprezzate, a suon di risate, anche dai lettori d’oltremare.

copertina del libro 100 capolavori della letteratura sardaPer la letteratura è il caso, ad esempio, di “La castra”, “Farenza 451”, “Il signore degli agnelli”, “Coalizione da Tiscali”, “Sardokan”, “Anna Kareddu”, “Il senso di Smaila per la neve” e “Noi ragazzi dello zoo di Berlinguer”. Lascio a voi lettori indovinare a quali opere siano da ricollegare. Ed è sicuramente un capolavoro accessibile in tutto lo Stivale “Il libro della Giunta” cui, inspiegabilmente, la Disney ha preferito il quasi omonimo romanzo di Rudyard Kipling e di cui cito per intero la trama: «Un bimbo abbandonato nel bosco viene adottato da un branco di assessori. Alle prese con il cucciolo di uomo, i famelici predatori svelano una insospettabile, premurosa delicatezza. Per i primi capitoli. Poi al primo rimasto se lo mangiano». Più problematico il caso di “50 sfumature di Nieddu” (per i non sardi “nieddu” è un cognome ma anche un aggettivo che significa nero): la parodia è questa o la trilogia della E.L. James? In verità, sospetto che non sia semplice neppure identificare l’opera letteraria tra “Scusa ma ti chiamo a Mores” e “Scusa ma ti chiamo amore” di Moccia.
Ed ecco alcuni film adatti anche al pubblico della Penisola: “La morte dei mirti viventi”, “Johnny Stocchino”, “Tore scatenato”, “Zedda, l’orgia del potere”, “Lo stazzo delle cose”, “Venga a prendere il caffè da Loy”, “La Collinas del disonore”, “Il miglio Virdis”, “Harry ti presento Salis”, “Parenti a Serrenti”, “Due o tre cose che so di Lei”, “Lilliu e il vagabondo” e “Sangue e Is Arenas” (anche per questi titoli vi lascio indovinare a quali film siano legati). Di “Lo chiamavano Trinità d’Agultu” vi riporto anche la trama per intero, quasi più breve del titolo: «Le avventure di un cowboy solitario sullo sfondo della guerra di successione tra Olbia e Tempio per la scelta del capoluogo di Provincia. Interessante esperimento di ravioli-western».

In secondo luogo, ne parlo perché queste due pubblicazioni, ma soprattutto le parole di Pater che ho riportato all’inizio, ci ricordano che sorridere è importante: non servirà certo per (ri)trovare lavoro, far quadrare i soldi alla fine del mese, colmare il vuoto affettivo, guarire da una malattia… ma almeno aiuta a dimenticare per un po’ questi problemi e, forse, a convincersi che al mondo esistono pure cose belle per cui vale ancora la pena vivere.

 

Foto Giuseppe Argiolas

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