Le conferenze dei Lunedì torinesi sulla prevenzione: Timori e reticenze per la Visita proctologica – Come affrontare gli Inquinanti Ambientali

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

Dr. A. Tapparo

Si va concludendo il ciclo di conferenze sulla Prevenzione delle patologie a cura della associazione “Più Vita in Salute”, che si tengono abitualmente nell’aula magna universitaria del Molecular Biotecnology Center di Torino. Ospiti di lunedì 30 maggio (penultimo appuntamento) il dott. Alberto Tapparo (specialista in Chirurgia Generale al Maria Pia Hospital) che ha trattato “Quando superare l’imbarazzo della visita proctologica”, e la dott.ssa Simona Ferrero (specialista in Medicina Generale all’ospedale Molinette di Torino) che ha trattato “Effetti sulla salute degli inquinanti atmosferici”. Anche se parlare di proctologia può essere imbarazzante, è comunque necessario affrontare l’argomento sia dal punto di vista culturale che medico-sanitario. Ancora oggi è frequente vedere pazienti che sanguinano per delle “banali” emorroidi, e scoprire poi che hanno un tumore del retto o dell’ano. «I piani per la prevenzione a riguardo – ha informato il dott. Tapparo – sono obsoleti: non si dovrebbe fare la colonscopia a 58 anni, ma sarebbe opportuno fra i 45 e i 50 anni; vale a dire che non ci si deve trovare di fronte a un tumore ma a dei “semplici” polipi, ossia arrivare prima di essere trattati dal chirurgo, dall’oncologo o dal radioterapista, e ciò è possibile attivando gli opportuni screening informando la popolazione il più tempestivamente possibile». L’eventuale reticenza nel sottoporsi ad una visita proctologica secondo il relatore è data da un certo (comprensibile) imbarazzo, ma è bene superare i timori, in quanto non bisogna pensare che disturbi, anche se apparentemente irrilevanti, possano essere considerati banali: l’unica certezza la si ha nel momento in cui ci si sottopone alla visita di questo specialista; quindi si tratta di superare la nostra pudicizia ed imporsi di affrontare questo impegno con serenità. «Le patologie dell’ano e del retto sono sempre più variegate – ha spiegato –, in quanto sono più ricorrenti rispetto ad un tempo: la stipsi (stitichezza), ad esempio, un tempo era considerata sempre “accettabile”, ma tardare la relativa funzione fisiologica non è mai un bene. Tuttavia, va detto che esistono a riguardo diverse patologie benigne: emorroidi, ragadi, fistole e proctiti (infiammazioni della mucosa retto-anale). Invece di assumere lassativi sarebbe meglio imparare come espletare la funzione fisiologica (evacuazione). Il 95% della popolazione che soffre di stipsi non ha un problema di intestino, ma al retto e all’ano, ossia del funzionamento del meccanismo di emissione delle feci che, se consistenti, significa che ristagnavano nel retto da più tempo…». Evacuare in modo naturale per molti è diventato ormai quasi impossibile soprattutto per “vizi” comportamentali, ma sarebbe ottimale non sforzare ulteriormente la funzione dell’espulsione delle feci, e assumere una posizione più adeguata, ossia accovacciati su se stessi; oltre ad assumere una dieta più corretta: ad esempio bere più acqua e assumere meno fibre. Quindi, al bisogno è utile la visita proctologica, punto di riferimento specie quando si avvertono determinati sintomi: sanguinamento ano-rettale, emorroidi, ragadi, o fistole persistenti e, a questo riguardo, non mancano le terapie più indicate che di solito non sono particolarmente invasive. Pertanto è opportuno superare quell’ancestrale imbarazzo della visita specialistica e, in taluni casi, il più tempestivamente possibile al fine di evitare di incorrere in situazioni ben più impegnative… «Le proctiti, che sono infiammazioni delle mucose del retto – ha precisato il clinico –, sono legate a fattori alimentari (anche a particolari intolleranze), e le diverticoliti (piccole estroflessioni) possono provocare sanguinamento. L’infiammazione del retto e dell’ano può essere dovuta a fattori alimentari irritativi, ad una precedente radioterapia (nei maschi è assai frequente se applicata per un tumore alla prostata: proctite da raggi); o da malattie che colpiscono altre parti dell’intestino: coliti, morbo di Crohn (infiammazione cronica dell’intestino), rettocolite ulcerosa, fistole anali, etc. Il sanguinamento può essere dovuto anche a “difetti” vascolari noti come teleangectasie (dilatazione delle vene) che possono rompersi e sanguinare anche in modo improvviso, peraltro un po’ più complicate da diagnosticare». Il proctologo vede anche i tumori rari che sono i melanomi del canale anale (sovente asintomatici), e quelli della zona transizionale dell’ano, solitamente patologie maligne ma che rispondono bene alla radioterapia nel 90% dei casi, purché diagnosticati precocemente. Il relatore, in merito alla precocità di una visita, ha chiamato in causa la poca disponibilità di medici di base, e contestualmente, alla “imposizione” (dei politici-gestori) di rispettare i tempi di una visita (sia primaria che successiva) che, a dir suo, sono spesso troppo brevi… Ma questo è un capitolo che meriterebbe un approfondimento a parte.

dr.ssa Ferrero

Molto esteso anche l’intervento della dott.ssa Ferrero che ha subito precisato che per inquinamento atmosferico si intende tutte le modificazioni dell’aria che, per diversi aspetti, diventano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente stesso. Parte di questi inquinanti possono essere anche componenti naturali dell’atmosfera e dell’aria, ma se sono in concentrazioni a determinate soglie possono diventare pericolose. «Da crca 30 anni – ha spiegato – c’è una vasta letteratura in cui si parla di effetti negativi sulla salute degli inquinanti, ma ciò che si cerca di definire è l’esposizione, ossia che cosa la determina… Dipende dalla concentrazione dell’aria, misurando la distanza tra la fonte di emissione e i luoghi interessati, specie se con zone molto trafficate, come pure il tempo trascorso sia al di fuori che all’interno delle case, particolarmente in paesi a basso e medio reddito, dalle caratteristiche chimico-fisiche degli inquinanti, dall’attività fisica e dalle caratteristiche dei soggetti esposti (suscettibilità individuale). Nei nostri polmoni introduciamo 6-9 litri di aria al minuto, che aumenta con lo sforzo respiratorio. Gli studi epidemiologici si fanno per valutare gli effetti a breve e a lungo termine: quelli a breve termine si occupano di valutare le differenze temporali, ossia se ad ogni minimo inquinamento che può durare anche solo per pochi giorni, ci sono degli effetti dannosi sulla salute; mentre quelli a lungo termine valutano di più le differenze spaziali. Ambedue i casi diventano effetti combinati in quanto si sommano…». Per quanto riguarda le dimensioni del problema la relatrice ha citato uno studio di morbilità e mortalità attribuibile ad inquinamento atmosferico (in 204 Paesi dal 1990 al 2019), dal quale emerge che l’esposizione a lungo termine a PM 2.5 (PM sta per Particulate Matter, termine generico con il quale si definisce una miscela di particelle solide e liquide, ossia particolato, che si trovano in sospensione nell’aria, ndr) ha causato oltre 4 milioni di morti, il 62% di tutte le morti attribuite agli inquinanti; e nello stesso anno l’esposizione ambientale ha causato 365 mila morti per BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), soprattutto nei Paesi asiatici. L’Oms ha stimato 7 milioni di morti per inquinamento nel 2018, 600 mila in Europa nel 2015 e 33 mila in Italia sempre nel 2015. Ma quali sono gli inquinanti primari e secondari? «Quelli primari – ha spiegato la dottoressa – sono emessi direttamente nei processi di combustione o nei processi industriali, od ancora nell’agricoltura; quelli secondari sono il prodotto di trasformazioni chimiche che avvengono nell’atmosfera: processi fisici, luce, temperatura; processi chimico-ossidativi, reazioni tra sostanze inquinanti; processi misti e reazioni fotochimiche. Inoltre sono da considerare gli inquinanti locali e inquinanti trasportati». La relatrice ha poi descritto il particolato sospeso (PTS) e le polveri sottili (PM10). Il particolato sospeso è costituito dall’insieme di tutto il materiale non gassoso in sospensione nell’aria, ed ha un’origine primaria e secondaria. Con la sigla PM10 si intende tutta la porzione di particolato sospeso con dimensioni inferiori a 10µ (micron). Nelle aree urbane il particolato può avere origine da lavorazioni industriali, dall’usura dell’asfalto, dei pneumatici, dei freni, e delle emissioni di scarico degli autoveicoli, in particolare quelli con motore diesel. Per quanto riguarda i metalli essi sono presenti nel particolato atmosferico e provengono da più fonti: cadmio, zinco, rame, nichel, piombo, ferro. Tra i metalli, oggetto di monitoraggio, quelli a maggiore rilevanza sotto il profilo tossicologico, sono il nichel e il cadmio (classifiati come cancerogeni) e il piombo. «Relativamente al particolato – ha precisato – le particelle più fini hanno la capacità di penetrare più in profondità nel sistema respiratorio; e quelle ultra fini possono penetrare nei tessuti ed entrare nel circolo sanguigno. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, ossia causa della cancerogenicità, l’inquinamento atmosferico è stato classificato come cancerogeno per l’uomo: in particolare cancro al polmone e associazione positiva con cancro della vescica. In sintesi gli inquinanti atmosferici agiscono con effetti diretti su organi bersaglio, a livello del polmone i meccanismi di clearance (capacità di smaltimento) non riescono a filtrare il carico di PM e delle polveri che si accumulano intorno ai bronchioli terminali, e determinano un’infiammazione cronica e la fibrosi, con effetti indiretti mediati dallo stress ossidativo e dalla risposta infiammatoria. L’infiammazione, solitamente nel polmone, causa stress ossidativo che comporta perossidazione dei lipidi, riduzione degli antiossidanti e attivazione di segnali pro-infiammatori che possono agire anche su organi distanti». Gli effetti sulla salute riguardano anche i bambini in cui si rileva aumento della mortalità, sia per cause dirette che indirette. Per quanto concerne la relazione tra Covid-19 e inquinamento atmosferico secondo la relatrice vi è ridotta resistenza a infezioni virali e batteriche, associazione tra inquinamento e aumento del rischio di malattie infettive. Una ipotesi, seppur non plausibile, rigurda il particolato atmosferico che possa comportarsi come carrier per la diffusione del virus per via aerea; e sebbene i PM possano veicolare particelle biologiche appare improbabile che i Corinavirus possano conservare le loro caratteristiche morfologiche e la loro infettività. «Le classi più colpite, sia di casi che di decessi – ha concluso la dott.ssa Ferrero – sono quelle adulto-anziane, e il ridotto numero di casi Covid-19 nella popolazione infantile, appare non suffragare l’ipotesi di un’azione favorente degli inquinanti. Nel settembre 2021 l’Oms ha pubblicato le nuove linee guida per la qualità dell’aria che, in particolare, riguardano i principali inquinanti dell’atmosfera; il particolato fine (PM 2.5-PM10), il biossido di azoto, il biossido di zolfo, l’ozono e il monossido di carbonio». Ma buone notizie riferiscono che alcuni studi hanno dimostrato che l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico può portare a un miglioramento nella salute della popolazione. La strategia più importante è la riduzione delle emissioni come prevenzione per migliorare la qualità dell’aria, ridurre l’inquinamento degli ambienti interni, modificare l’esposizione personale, assumere una dieta ricca di frutta e verdure, e controllo delle comorbilità. Poiché siamo tutti chiamati in causa per agire “subito” come cittadini, educatori, operatori sanitari e politici-gestori, l’obiettivo ultimo è di ridurre entro il 2030 di 2/3 la mortalità da inquinanti atmosferici.

Ing. R. Mezzalama

Un terzo relatore, invitato sull’argomento, è stato l’ingegnere ambientale Roberto Mezzalama della associazione “Che aria tira”, che ha precisato: «Il biossido d’azoto e il particolato sono i due più importanti elementi inquinanti, in quanto si deve tenere d’occhio soprattutto il traffico: il 71% di emissione di biossido d’azoto sul territorio torinese, ad esempio, è dovuto al traffico veicolare, cui seguono la combustione industriale e il riscaldamento. Un “contributo” a questo riguardo è dato dai motori a diesel, e va detto che l’Italia è il Paese con il tasso di motorizzazione più alto, e Torino è tra le città ad alto tasso di motorizzazione». Anche se nel corso degli ultimi 20-30 anni l’inquinamento complessivamente è diminuito, va rilevato che il blocco del traffico serve a poco o a niente… Particolarmente utile, invece, la campagna di monitoraggio dedicato in particolare alla scuole di Torino a cura del Comitato “Torino respira”, in quanto si sono installate provette per il monitoraggio del biossido di azoto in 150 scuole della città, ed è stata data priorità alle scuole dell’infanzia e alle scuole superiori per sensibilizzare sia i genitori dei bambini più piccoli, che i “nuovi adulti”. Le provette sono state installate nello stesso periodo della campagna denominata “Che aria tira?”, e si è rilevato che nel 99% delle scuole campionate è stata stimata una concentrazione superiore al valore soglia di 10 mcg/m³, al di sopra del quale l’Oms indica effetti negativi sulla salute. Ma quali le conclusioni? « La campagna – ha osservato Mezzalama – ha avuto una buona partecipazione con l’adesione di associazioni e volontari, i cui risultati conseguiti sono in linea con i dati ottenuti dalla Rete di monitoraggio dell’ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambientale). I valori medi stimati per Torino sono in linea con quelli della campagna precedente del 2021; il 16,6% dei siti campionati in questa città ha concentrazioni superiori ai limiti di legge, il 99% dei siti campionati ha concentrazioni superiori di mcg/m³, valore al di sopra del quale si osservano effetti negativi sulla salute». Le scuole con le situazioni più critiche sono localizzate soprattutto nella zona nord di Torino, e ciò conferma la sovrapposizione di disagio sociale e ambientale di quella parte della città.

Foto: Giovanni Bresciani

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