L’AMMALIANTE RETORICA “NON ACCADEMICA” DEI POLITICI NOSTRANI

Il loro “repetita juvant” spesso è deleterio e mistificatorio proprio perché i concetti detti e ridetti allungano i tempi e non risolvono i problemi.

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Sono anni che giro e rigiro le pagine della Costituzione, e nello stesso tempo i mass media (televisivi e cartacei) ripropongono ogni volta gli innumerevoli interventi di questo o quel politico, presidente della Repubblica compreso. Ogni volta ripetono gli stessi concetti, una sorta di ecolalia, sia informando di fatti e misfatti quotidiani che conosciamo, e sia i molti verbi al condizionale: bisognerebbe, non si dovrebbe, sarebbe opportuno, è auspicabile mantenere, è bene che, mai desistere da, è ora di mettere fine a…, etc. Se queste e molte altre espressioni simili non sono retorica, mi si dica invece che cosa sono e quale il significato concreto da realizzare. Solitamente chi si candida e raggiunge il potere dovrebbe (e qui il condizionale andrebbe superato con l’incisivo “deve”) portare a compimento quanto promesso ai suoi elettori (non certo chi scrive); ma nessuno di loro è mai riuscito a concretizzare quanto anticipato in periodo pre-elettorale. Un tempo si studiava la Retorica che secondo la tradizione consiste nello studio, appunto, di temi e argomenti (inventio), la disposizione delle parti (dispositio) e la disposizione delle parole (elocutio); e dal punto di vista accademico risulta essere disciplina che ha una sua valenza, ma se applicata alla loquela dei politici ne perde gli effetti culturali per confluire in una sorta di “voluta” confusione-illusione”, tant’è che i concetti da loro espressi spesso si perdono nel vuoto… Volendo dare per scontato che chi governa un Paese sia dotato di onestà intellettuale, si presume che non venga meno ad atteggiamenti di correttezza e lealtà che caratterizzano ogni loro agire senza farsi condizionare da pregiudizi soggettivi o di parte; ma purtroppo tra parte di essi ciò non si verifica a cominciare dalle baruffe che di tanto in tanto avvengono a Montecitorio tra parlamentari. Se poi volessimo prendere in considerazione il lessico di alcuni ci sarebbe da penalizzarli revocando il loro mandato; mentre se un cittadino comune si rivolge loro con qualche epiteto, l’offesa risulta essere non tollerabile e magari anche perseguibile. Mi rendo conto che essere rappresentati da uomini di Governo in modo adamantino è una realtà che fa parte del lontano passato, in particolare delle prime due-tre Legislature, epoche che hanno contemplato notevoli sacrifici ed impegni a fronte di un vissuto post-bellico, la cui compostezza etico-morale ed estetica ne garantiva il valore e la credibilità. In qualità di opinionista trascorro le mie ore ad osservare in lungo e in largo gli eventi sociali e le relative notizie che ci vengono propinate, imponendomi adeguata riflessione e nel contempo immedesimandomi nel ruolo di chi ha determinate responsabilità che personalmente non vorrei mai avere… Pur avendo avuto qualche opportunità nell’ambito del volontariato (non politico) non ho mai avuto l’ambizione di ricoprire un incarico di particolare responsabilità, cosciente del fatto che tale ruolo il più delle volte tende ad appagare il proprio Ego, e quasi mai ad onorare fedelmente ed eticamente l’incarico assegnato. Ora, se questo mio “modesto” esempio lo si volesse rapportare agli innumerevoli incarichi del governo di una Nazione, probabilmente si potrebbe sperare in una classe politica con doti interiori decisamente diverse. Ma purtroppo questa è utopia in quanto vale il detto popolare: «cento teste, cento idee», di conseguenza viene da dire che ogni Paese ha i politici che si merita, un’affermazione non certo piacevole soprattutto nei riguardi di chi è lontano dalla politica intrisa di retorica e di perenne illusione. Queste  osservazioni sono dettate dal mio modo d’essere: in tutti questi decenni ho sempre mantenuto atteggiamenti coerenti di diniego di un sistema spesso “vessatorio”, ma sempre nell’osservanza delle leggi e della solidarietà nei confronti dei miei concittadini. Tornando al concetto della retorica non so se i politici di oggi dovrebbero avvalersi di questa disciplina didattica, proprio perché all’atto pratico sono dei maestri e, quel che è peggio, con costanti seguaci. Per concludere, mi sembra ulteriormente più esplicito quanto affermava Socrate: «La retorica, a quanto pare, è artefice di quella persuasione che induce a credere, ma che non insegna nulla intorno al giusto e all’ingiusto».

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