EVOLUZIONE DI UN SISTEMA IN UN PAESE SEMPRE MENO CIVILE E ACCULTURATO

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

 

Per quanto tempo bisogna ancora subire la retorica e l’ipocrisia dettate dalle Istituzioni? Tutte le volte che si eccede in crimini e disagi esistenziali ci sentiamo dire: «… bisogna fare in modo che simili cose non accadono più», oppure «… la tutela e la sicurezza devono avere la priorità». È il caso, di questi giorni, del problema relativo alla sicurezza dei lavoratori che, come riferisce l’Inail, le denunce di infortunio sul lavoro presentate dall’Istituto tra gennaio e agosto di quest’anno sono state 416.894 (-0,4% rispetto allo stesso periodo del 2018), 685 delle quali con esito mortale (-3,9%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 41.032 (+2,0%). Un quadro a dir poco preoccupante sul quale, come riporta l’Ansa del 13 ottobre, è intervenuto il presidente della Repubblica affermando: «La sicurezza di chi lavora è una priorità sociale ed è uno dei fattori più rilevanti per la qualità della nostra convivenza. Non possiamo accettare passivamente le tragedie che continuiamo ad avere di fronte. Le Istituzioni e la comunità nel suo insieme devono saper reagire con determinazione e responsabilità. Sono stati compiuti importanti passi avanti nella legislazione, nella coscienza comune, nell’organizzazione stessa del lavoro. Ma tanto resta da fare per colmare lacune, per contrastare inerzie e illegalità, per sconfiggere opportunismi…». Affermazioni scontate, degne di un presidente ma che peccano di una retorica indicibile, sia perché tali affermazioni chiunque sarebbe in grado di farle da un qualunque pulpito, sia perché non producono alcun “potere” preventivo e tanto meno risolutivo. Stesse considerazioni si possono fare sugli inefficaci effetti della legge n. 41 del 23/3/2016, volta ad introdurre nel codice penale i delitti di omicidio stradale e di lesioni personali stradali, puniti entrambi a titolo di colpa; e della legge n. 19 del 19/7/2019, denominata “Codice Rosso” a modifica del codice penale, del codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Sia nel primo che nel secondo caso, tali leggi restrittive e punitive sembrano non essere sufficienti nemmeno come deterrente visti gli incrementi dei reati; e nemmeno sono sufficienti la propaganda di informazione e le varie iniziative di sensibilizzazione.

E allora cosa fare? Personalmente non ho alcun titolo per avanzare proposte operative, ma non mi manca la volontà per analizzare i problemi con qualche modesto suggerimento, sia perché per certi versi anch’io faccio parte della società in tutti i suoi contesti sia per il diritto-dovere di opinione. In ogni caso mi permetto di esporre qualche suggerimento. Anzitutto bisognerebbe verificare l’esistenza di carenze relative alla applicabilità delle leggi su citate, e individuare le figure preposte a far rispettare le stesse, ed eventualmente stabilire se il loro numero è sufficiente a coprire tale ruolo; quindi riconsiderare il sistema giudiziario in tema di punibilità, proprio perché in taluni casi, nonostante siano stati individuati gli autori dei reati, gli stessi sono stati denunciati a piede libero, ad onta del paradosso che consiste nel fatto, ad esempio, che un disoccupato e senza alcun mezzo di sostentamento viene processato per direttissima per “furto aggravato” (ma dove sta la gravità?) e condannato a sei mesi con la condizionale per aver sottratto in un negozio una scatola di biscotti. Paradossi analoghi a questo come pure la non certezza della pena stanno a dimostrare la notevole discrezionalità (e poca obiettività) dei giudici, e non di meno gli effetti negativi della Riforma del Codice di Procedura Penale del 1989, una riforma “tradita” come più volte ho rammentato. Inoltre, non bisogna sottacere l’eccessiva… libertà di delinquere nel nostro Paese, e non c’é forza politica che tenga per arginare questi fenomeni. Ma intanto le potenziali vittime del sistema sono a rischio continuo, e a riguardo mi pare opportuno sottolineare che la pena che gli innocenti devono scontare, è quella di essere governati da uomini affetti da inerzia e supponenza, perché è risaputo che l’abilità politica non consiste nel comandare e sentenziare, ma nell’osservare e risolvere, senza se e senza ma, i bisogni del popolo.

La prima immagine è tratta dal sito corriere.it, la seconda dal sito Metropolitan Magazine

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