UNO SCENARIO APOCALITTICO? NO DI CERTO… PER IL MOMENTO

Nessuno ha la sfera di cristallo, eppure un po’ tutti azzardiamo ipotesi e congetture soprattutto in quest’era pandemica. È quindi il caso di preoccuparsi?

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

Cosa ci possiamo aspettare per il prossimo futuro? Alla luce degli infiniti avvenimenti quotidiani di cronaca nera e giudiziaria, di una pandemia che pare non voler regredire minimamente, anche se si tende a “minimizzare” la sua evoluzione. Ma anche alla evidente povertà sempre più in ascesa, come pure la travolgente situazione climatica e i conseguenti effetti devastanti che la Natura ci riserva. Non di meno la sempre più ostica politica internazionale (ma per quello che ci riguarda soprattutto nazionale) con le sue lacune che non tendono a rimarginarsi; il tasso di natalità in calo, il continuo invecchiamento della popolazione, i sistemi produttivi costantemente penalizzati, i rapporti con la Chiesa sempre più discutibili; e infine, la mancanza (e spesso incapacità) di dialogo tra persone, indipendentemente dal ceto e dalla lingua di appartenenza. Uno scenario planetario a dir poco preoccupante (peraltro già messo in luce da più esperti osservatori), come se non bastassero le esperienze accumulatesi nei secoli scorsi. Non meno incisivamente va sottolineato il comportamento umano che continua ad essere additato come il principale responsabile o corresponsabile di gran parte dei problemi dell’esistenza, una responsabilità che in gran parte non si può negare e purtroppo sempre più in ascesa. Queste mie considerazioni si potrebbe dire che siano scontate in quanto sotto gli occhi di tutti, e quindi oggetto di retorica; ma in realtà io credo che non sono in molti a dedicare una sufficiente riflessione, sia perché richiede tempo e sia perché ognuno di noi (me compreso) deve “sfoderare” la propria coscienza, oltre al fatto che le soluzioni a livello globale sono mera utopia. E allora cosa dedurre? E che cosa fare? Ovviamente non ho risposte appaganti per nessuno, e tanto meno sono la persona più indicata per azzardarne alcune; tuttavia mi sento di esprimere pubblicamente tutta la mia amarezza, non solo perché faccio parte del pianeta umano, ma anche perché ravviso la scarsa volontà di molti di affrontare (o prendere in considerazione) i suddetti problemi, a cominciare da chi detiene posti di comando e quindi maggiori responsabili delle conseguenze di cui sto parlando. Mi rendo conto che bisogna considerare le enormi differenze culturali, geografiche e legislative di molti popoli, ma nello stesso tempo mi chiedo quali vantaggi abbia comportato e comporti la cosiddetta e tanto decantata (da molti) globalizzazione, intesa come fenomeno dell’intensificazione degli scambi economico-commerciali e degli investimenti internazionali su scala mondiale e non meno significativi i risvolti culturali e sociali che nel tempo possono determinare non poche conseguenze sul piano delle relazioni umane. Ecco che la necessità di qualche riflessione, appunto, a riguardo, si impone se vogliamo continuare a far parte di quella famiglia che si chiama Umanità, mettendo al bando egoismo, prosopopea ed ogni altro comportamento di avversione e preconcetti per non ricalcare le orme di Eva verso Adamo, di Caino verso Abele o di Romolo verso Remo. Utopia anche questa? Forse. Anzi, certamente, ma perlomeno questo mio divulgare pubblicamente vuol essere un modesto contributo nel prendere atto che se è vero che le leggi ed i principi fondamentali della vita sono fondati sulle necessità, non possiamo dimenticare che una delle cose di cui abbiamo bisogno, tra l’altro, è un modo meno costoso di fare la storia, e quindi  creare quelle premesse che potrebbero modificare il nostro destino.

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