Una voce in “difesa” dei disoccupati
L’inosservanza delle Istituzioni e il “silenzio” epistolare degli imprenditori: equivalenza di un futuro sempre più incerto. Quando il valore di uno scritto è tale se esercitato con carisma e determinazione.
È veramente sconfortante, se non scoraggiante, il perpetuarsi del tasso di disoccupazione nel nostro Paese (ma anche in altri dell’Unione), nonostante il Premier continui a “promettere” e dando ad intendere di non essere troppo distanti da una possibile ripresa sia all’interno che nel contesto europeo. Intanto, però, giovani e meno giovani senza lavoro continuano a sommarsi formando una lunga catena fatta di anelli che si “spezzano” ogni giorno: una parte con o senza titoli accademici, se può, emigra all’estero; un’altra parte si… arrangia come riesce; una ulteriore fascia (spero minore) sopravvive di espedienti; un’altra ancora (in aumento) è rinunciataria e quindi arrendevole.
Ma quali sono, ad esempio, gli esiti delle domande di lavoro rivolte a privati (giacché nel Pubblico non si fanno più Concorsi dal 2005), che per la quasi totalità gli interessati non ricevono un minimo cenno di riscontro? Questo, a mio modesto parere, è un aspetto che non solo è dovuto alla presunta mole di corrispondenza che gli uffici del personale di molte aziende ricevono, ma anche (se non soprattutto) dal fatto che le figure preposte in rappresentanza dell’imprenditore italiano non rispondono, denotando quella che si può definire scarsa etica epistolare. E questo avveniva anche in tempi “non di crisi”. Ma quale posizione assumere in questi casi di silenzio epistolare, più o meno giustificato? Essendo abituato da sempre a corrispondere con chiunque (destinatari pubblici e privati) ho sempre preteso un minimo di riscontro, in positivo o in negativo, poiché chi fa una domanda è implicito che fa una richiesta: si domanda per sapere e si chiede per avere, e più eticamente: domandare è lecito, rispondere è cortesia. Con l’intento di “incoraggiare” tutti coloro che hanno bisogno di avere una occupazione e che non intendono stancarsi di fare domande, ma non ricevono mai un riscontro, mi permetto di suggerire che qualora non si ricevesse una risposta entro 15/20 giorni, sarebbe bene (ed utile) riscrivere ai destinatari una breve lettera così impostata:
“Spett.le Azienda………………., in merito alla mia corrispondenza inviatavi in data……….. u.s., che ritengo vi sia pervenuta, non ho ricevuto alcun riscontro, e pur immaginando di non essere il solo ad “oberarvi” di tale ricezione, credo di aver diritto ad un “ristoro” per meglio programmare il mio futuro, che oggi è “condizionato” non solo dalla crisi politico-finanziaria (giustificazione ormai obsoleta, nonostante la realtà), ma anche da quel “silenzio” di cui molti imprenditori si avvalgono, lasciando noi giovani (e non) in balia dell’incerto… forse perenne. Grato se vorrete considerare almeno questa corrispondenza; in caso contrario, tutte quelle con esito negativo faranno parte di un mix che verrà inoltrato alle Istituzioni preposte che rappresentano la Repubblica, affinché ne prendano coscienza e responsabilità… I più distinti saluti”.
Tale suggerimento è oltremodo giustificato, a mio parere, dal fatto che lo Stato non è in grado (nonostante i 945 Parlamentari) di far osservare gli artt. 1 e 3 della nostra Costituzione (che sovente menzionano, spesso a loro piacimento), e se proprio lo Stato è inerme, figuriamoci il cittadino che non ha alcun potere, se non il ruolo di rispettare i propri doveri e pretendere i relativi diritti.
Con tutto ciò ben lungi da me il voler “illudere” gli interessati… disoccupati, ma ritengo che assumere un atteggiamento più “determinato” (avendo carisma) nei confronti delle Istituzioni (pubbliche e private) potrebbe contribuire nel tempo a “smuovere” un sistema, che è sempre più dormiente, tant’è che il nostro Paese è sempre vissuto, soprattutto in questi ultimi trent’anni, in una culla fatta di paglia, se non di sterpaglie, ossia ipocrisia, retorica, burocrazia, inefficienza, opportunismo, abusi di potere, ingiustizie senza limiti (ed altro ancora), che nessun falò è mai riuscito a bruciare: una sorta di amianto politico, purtroppo troppo ignifugo, che non è mai stato messo al bando.
Ma va anche detto l’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere una eccessiva presenza di Volontariato, specie in ambiti in cui non dovrebbe intervenire in quanto di spettanza delle Istituzioni pubbliche. Non spetta a questi volontari risanare le esigenze del Welfare state. (E.B.)