RELAZIONI SEMPRE PIÙ DOTTE AI LUNEDÌ DELLA SALUTE

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

Il tema della prevenzione delle patologie, sia in ambito professionale che non, sta sempre più coinvolgendo una discreta affluenza di pubblico; non solo per l’utilità in sé stessa ma anche per la dotta eloquenza dei medici specialisti invitati agli incontri dei lunedì della prevenzione a cura della associazione “Più Vita in Salute”. La prima relazione del 12 scorso è stata dedicata alla “Prevenzione primaria e secondaria dei tumori, in particolare della mammella, del colon e della cervice uterina”, a cura del prof. Alessandro Comandone (nella foto), specialista in Oncologia e Chemioterapia, e primario all’ospedale Gradenigo-Humanitas di Torino; seguita dalla relazione “L’ambiente e la Salute” a cura del dott. Gianmario Giachino, specialista in Medicina del Lavoro, Medicina Legale e delle Assicurazioni. È ormai noto che il cancro della mammella, della prostata e del colon sono patologie di particolare incidenza nella popolazione, con un impatto epidemiologico importante tant’é che, in questi ultimi decenni, sono stati fatti passi avanti sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico (decenni fa i farmaci antitumorali erano solo 5, oggi sono 101), e per alcuni di essi anche dal punto di vista prognostico. Ciò nonostante, in un volume relativo all’espansione del cancro, si evidenzia come l’incidenza dei tumori nei 5 Continenti sta diventando un problema planetario, escludendo alcuni Paesi dell’Africa (per carenza di fonti epidemiologiche), mentre in Cina l’incidenza è sensibilmente elevata. «Il tumore del polmone – ha precisato il prof. Comandone – la fa da padrone (19%), seguito dal tumore primitivo del fegato (9%), da noi piuttosto raro ma molto comune in Asia. Per quanto riguarda il tumore della mammella non è molto diffuso nel mondo mentre è più frequente nelle nazioni occidentali, come in Italia con 41 mila nuovi casi all’anno; per contro, in India vi é un incremento di questa neoplasia, ma è in calo il carcinoma dell’utero la cui prevenzione è basata sull’esame del pap-test» (esame citologico che indaga le alterazioni delle cellule della cervice dell’utero, ndr). In Italia, secondo dati recenti, vengono fatte 366 mila nuove diagnosi di tumore all’anno, più negli uomini rispetto alle donne: rispettivamente 7 e 5 ogni mille abitanti, e i decessi sono 175 mila, mentre circa 3 milioni sono le persone guarite da una forma di tumore. Il relatore ha inoltre fatto sapere che i ricercatori inglesi Richard Doll (1912-2005) e Sir Richard Peto (1943) del Cancer Institute di Oxford, nel 1981 pubblicarono un lavoro sulle cause del cancro e una valutazione dei rischi che si possono evitare, mettendo in particolare evidenza la correlazione tra l’uso del tabacco e il tumore al polmone (ed altri organi), tesi consolidata universalmente nel 1972 e ulteriormente confermata nel 2015 in occasione del 75° anniversario della Fondazione dell’Istituto di Epidemiologia di Oxford.
Ma in cosa consiste la prevenzione primaria dei tumori? «Evitare la causa quando è nota – ha spiegato il clinico – ossia l’esposizione ad una fonte cancerogena, anche se parlare di prevenzione non sempre significa sicurezza assoluta… L’esposizione varia nel corso degli anni prima di sviluppare un tumore, come ad esempio gli effetti causati dall’esposizione all’asbesto causa del mesiotelioma pleurico o peritoneale che solitamente si manifesta dopo 20-30 anni. La diagnosi secondaria significa che, nonostante la presenza di un tumore (precancerosi) è possibile intervenire facilitando la guarigione del paziente. Ma il problema è che, per alcune neoplasie, non è possibile individuare la precancerosi come per esempio per i tumori cerebrali e del pancreas». Tra il 2017 e il 2018 in Italia si sono manifestati 52 mila casi di cancro della mammella, condizioni oggi notevolmente curabili e guaribili nell’87% dei casi, e il cui controllo nel tempo (follow-up) è consigliato nel corso di 5-10 anni. Ma quanto conta l’aspetto genetico per la prevenzione del tumore della mammella? «Generalmente – ha spiegato il medico – l’origine genetica incide nella misura del 9-10%, ossia le donne che non hanno il gene si ammalano nel 12% dei casi, quelle con i due geni interessati l’incidenza della malattia è del 60-90%; per quanto riguarda l’ovaio, in donne senza mutazione l’incidenza è dell’1%, quelle invece con i due geni interessati il rischio di ammalarsi è del 15-50%. Per la verità sono dati imprecisi in quanto molto oscillanti sono le variazioni delle percentuali». In questi contesti il fattore dieta non è meno importante in quanto sulle cause del tumore della mammella influisce nella misura del 50%, ma è altrettanto importante il sovrappeso e la carenza di un costante esercizio fisico; oltre al fatto che è utile consumare preferibilmente prodotti integrali, frutta e verdura, e limitare i cibi ricchi di zuccheri raffinati, e carni conservate in quanto ricche di ferro; quindi limitare l’uso di alcol e il fumo. È dato a sapere che in genere la donna è più attenta al tema salute, proprio perché la mammografia (prevenzione secondaria) rappresenta tutt’oggi un esame importante (non invasivo) per la diagnosi precoce, al fine di ottenere notevoli esiti di guarigione, grazie anche ai programmi di screening (tra questi in Piemonte è noto il programma “Prevenzione Serena”), ma per diverse ragioni l’adesione è però del 60%. Per quanto riguarda il carcinoma prostatico, secondo il clinico, l’incidenza è in aumento sia pur con un tasso di letalità medio-basso; pertanto, l’obiettivo è di anticipare la diagnosi il più precocemente possibile sottoponendosi alla visita urologica e ai relativi esami a partire dai 50-55 anni, e se curata in tempo la guarigione è dell’80% dei casi. Quindi, anche per questa patologia, è altrettanto utile l’adesione allo screening. «Relativamente al tumore del colon-retto – ha concluso Comandone – la sopravvivenza è del 50-55%, ma ciò richiede il controllo dei sintomi, mantenere una dieta equilibrata, anche se la genetica ha un suo peso come pure l’obesità e, manco a dirlo, è altrettanto consigliato sottoporsi al relativo programma di screening e, seppure è un tumore tutto sommato prevenibile, nel nostro Paese tale programma è disatteso».

 

 

L’ambiente-salute è l’universo mondo di tutta la Medicina del Lavoro, la core mission di tutti gli incontri sulla prevenzione sinora avvenuti, e questo vale anche per l’argomento trattato dal dottor Gianmario Giachino (nella foto), che ha sostenuto essere altrettanto utile per il miglioramento della propria qualità di vita, in quanto volta ad evitare gli eventi morbosi e/o letali. E va da sé che il lavoratore esca dall’età lavorativa in condizioni di salute ed efficienza fisica e psichica che gli permetta di vivere il resto dei suoi anni nel miglior stato di salute. «Si è tutti convinti – ha spiegato – che la Medicina del lavoro abbia avuto inizio a seguito della rivoluzione industriale (fenomeno del ‘700) con l’avvio dell’industria tessile, e che la medicina intesa come problematica di malattia connessa all’età lavorativa, abbia mosso i primi passi con l’introduzione dei macchinari industriali; mentre in realtà è cominciata ben prima. Rispettando la storia il padre della Medicina del Lavoro è considerato il modenese Bernardino Ramazzini (1633-1714). In tutte le specialità mediche esiste il profilo della colpa legato ai concetti di negligenza, imperizia e imprudenza, e questo sta a significare che in molte professioni e mestieri si può incorrere in errori scusabili e non scusabili, e il lavoratore che ne rimane vittima può pretendere il riconoscimento risarcitorio». La prevenzione degli infortuni sul lavoro ha un connotato superiore, ed è inserita nella normativa di Legge sia in Italia che in molti altri Paesi, evidentemente anche perché i danni hanno dei costi e di conseguenza è utile l’obbligatorietà della legge stessa. Purtroppo la prevenzione non è sempre correttamente rispettata e questo comporta un reato di rilevanza penale. «Ciò che può accadere ai lavoratori – ha sottolineato il relatore – sono gli infortuni e le malattie professionali, la cui gestione può essere diversa per motivi burocratici e per ragioni cliniche; gli infortuni che si possono verificare sono quasi sempre di origine traumatologica o chirurgica, e le malattie professionali riguardano più strettamente i medici del lavoro, che sono di fatto prevenibili. Le patologie interessate sono elencate in una apposita tabella in cui si evidenzia il rapporto tra l’agente causale e la malattia. La tabella ne elenca 64, ma tale cifra è in costante decremento che sta a significare una sorta di progresso tecnico-scientifico, anche se a sorpresa della comunità scientifica stanno ri-comparendo casi di silicosi a causa della produzione dei marmi sintetici (come ad esempio i “top” delle moderne cucine). Il prodotto incriminato è costituito dalla silice cristallina al 90%, la cui produzione comporta un’esposizione notevole ed è causa di patologie come la pneumoconiosi». Le sostanze lesive sono composte da agenti chimici, fisici e biologici, ma anche da fattori ergonomici. Soprattutto sugli agenti chimici è stato possibile attuare in tutta Europa la prevenzione primaria, con particolare attenzione per l’uso del piombo…, non più utilizzabile in quanto causa di saturnismo e quindi fortemente invalidante; come pure i compressori non sono più rumorosi, e nemmeno il cromo è più utilizzato perché causa di tumore (la Svezia è il primo paese europeo che lo ha messo al bando).

 

 

«Tra le malattie cosiddette lavoro-correlate – ha concluso il dottor Giachino – è da citare il tunnel carpale, problema patologico più femminile che maschile (8 volte di più), ed è quindi abbastanza comune in quanto si verifica soprattutto in determinati comparti industriali. Altre cause sono le malattie sistemiche come il diabete e l’artrite reumatoide”. Il concetto di salute non è però solo assenza di malattie ma significa anche non sentirsi malati, quindi uno stato di benessere, e questo implica per la Medicina del Lavoro l’impegno della prevenzione, soprattutto nei luoghi di lavoro». Ma intanto gli infortuni sul lavoro continuano a verificarsi. Secondo l’Inail in Italia le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale nei primi 9 mesi del 2018 sono state 834, 65 in più rispetto alle 764 denunciate nell’analogo periodo del 2017. Nello stesso periodo gli infortuni non mortali denunciati sono stati 469. In particolare le patologie riguardavano il sistema osteoarticolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio, seguite dalle patologie del sistema respiratorio e dai tumori.
Nella foto in basso il dott. Roberto Rey, presidente della Associazione “Più Vita in Salute”
Foto a cura di Giovanni Bresciani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *