Riecco il tycoon

Trump

di Giuseppe Arnò

La rielezione di Trump porterà, e non potrebbe essere differente, a conseguenze sostanziali sia in politica interna sia in politica internazionale; e l’Europa, molto prima di quanto si possa immaginare, ne sentirà le conseguenze.

L´ «America first» significherà nuove e restrittive misure economiche; ricordiamoci del primo mandato Trump. In altre parole, determinate risorse minerarie importate da Paesi terzi, aggravate da nuovi dazi, non faranno che inasprire, riferendoci all’Europa, i già tesi rapporti economici che corrono tra le due potenze amiche.

A ciò si aggiunga una preannunciata politica isolazionista, che si ripercuoterà sui rapporti con la NATO, pilastro della sicurezza europea. D’altronde Trump aveva più volte dichiarato, anche durante il suo primo mandato, la propria insoddisfazione con il pesante impegno USA nella NATO; l’Europa dovrebbe badare a se stessa, da sola. Questo, in sostanza, il suo punto di vista.

La Cina, invece, è un capitolo a parte, Trump affronterà economicamente la Cina a muso duro e pretenderà che l’Europa si comporti allo stesso modo, ma non sarà facile. L’Europa,  almeno la maggior parte dei Paesi che ne fanno parte, mantiene strette relazioni economiche col gigante asiatico e dipende in molteplici settori industriali dalle sue catene di approvvigionamento; la crisi dei semiconduttori insegna. Ciò stante, una crescente rivalità USA-Cina rappresenterà per il Vecchio Continente una brutta gatta da pelare, al punto di rischiare di fargli fare la fine dei barili quando gli asini bisticciano. E poi, con tutti i dissidi interni che l’affliggono, sarebbe esso capace  di emanciparsi, affrancandosi, dall’oggi all’indomani, dall’ombrello economico e militare a stelle e strisce e dall’approvvigionamento tecnologico orientale?

Oltre a ciò la nuova amministrazione Trump potrà porre fine alla guerra in Ucraina e a Gaza? Probabilmente sì, ma sacrificando, nel primo caso, parte del territorio di quel Paese e mettendo, di conseguenza, in crisi la sicurezza regionale e dell’integrità Europea, mentre in Medio Oriente, pur proteggendo Israele, probabilmente sanzionerà economicamente l’Iran e farà ricorso, come in altri casi, alle soluzioni diplomatiche con i vari Stati arabi senza impegnarsi direttamente in conflitti locali.

Per quanto ci riguarda, il governo Meloni non dovrebbe avere grandi difficoltà ad amministrare i rapporti col tycoon: l’Italia, indipendentemente dal presidente in carica, mantiene sempre e da sempre una buona relazione con la Casa Bianca. La Meloni è più che brava a bilanciare gli interessi nazionali con le eventuali imprevedibilità dell’alleato oltreoceano, inclusa la politica poco interventista USA sulla guerra in Ucraina. Per il resto, sulla transizione energetica; sulla pratica di mantenere al sicuro il cibo da contaminazioni microbiche o chimiche; sulla sicurezza mediterranea; e sull’impegno contro l’immigrazione irregolare, si è perfettamente in armonia.

Concludendo: Trump è un personaggio piuttosto controverso; la sua governance ha sconvolto e potrà ulteriormente sconvolgere la vita politica, economica e sociale dentro e fuori del suo Paese.

Egli è il demiurgo, il rinnovatore o il pomo della discordia globale? Beh, la storia ce lo dirà!

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