La straordinaria e “magica” terapia della medicina druidica

Non solo una tradizione letteraria moderna per ricordare un linguaggio a “misura d’uomo”, ma anche un esempio di filosofia vivente nell’Essere illuminato

Un excursus sulla medicina celtica può essere interessante per capire come mai (mi sembra di poter affermare) le civiltà contemporanee hanno potuto “regredire” rispetto a quelle tradizionali, almeno sotto l’aspetto filosofico e culturale. La cultura dei Celti (stratificazione di popoli diversi che si fusero insieme tra il III e il II Millennio a.C.) ha sempre occupato una posizione molto particolare nella tradizione letteraria moderna, collocandosi tra il mito e la storia come si evince da una pubblicazione dell’agopunturista e riflessologo Marc Questin “La Medicina dei Celti” (Ed. Xenia). Un’opera che si interroga sulle cause profonde di tale “regressione” della medicina celtica, proponendosi nel contempo come un diaframma diverso, trasversale, per conoscere alcuni aspetti dell’antica esperienza magico-terapeutica dei Celti la cui medicina è nata dall’insegnamento dei druidi, i sacerdoti di quell’antica civiltà. Un percorso insolito lungo il quale si intravedono alcune tradizioni ancora vive nella cultura popolare, in particolare quella dell’Europa centro-settentrionale, e che oggi sono viste ancora con sospetto (e diffidenza) dalla scienza ufficiale.

L’autore non ha certo la pretesa di dimostrare la scientificità assoluta di alcuni metodi terapeutici arcaici e legati a corda doppia con l’animismo (dottrina che spiega i fenomeni della vita ponendo come causa di essi l’anima), ma di offrire uno spaccato antropologico per una lettura comparata con quanto l’archeologia e la storia delle religioni hanno raccolto intorno ai Celti. Leggendo la loro Medicina ci si può rendere conto che i “druidi”, e quindi il mondo celtico, con molta probabilità utilizzassero un linguaggio a misura d’uomo e che i più importanti aspetti della loro organizzazione sociale, economica, religiosa e morale dovevano rifletterne i fondamenti. Questi sacerdoti di antica saggezza erano dei sapienti e la loro dottrina era molto simile a quella dei saggi indiani; la loro filosofia creò nei popoli celtici la convinzione che non c’è differenza tra l’illusione e la realtà. La Medicina druidica, per molti esempio di una filosofia vivente, comprende le tradizioni popolari bretoni e irlandesi; ma per avvicinarsi alle basi della Medicina druidica bisogna comprendere l’universo metafisico dei Celti. La conoscenza di questa dottrina (che pare aver avuto origine in Irlanda) può rendere più forte l’individuo, porre la sua coscienza su un piano di armonia e aiutarlo a superare gli ostacoli della vita. I druidi erano contemporaneamente sciamani, sacerdoti, poeti, medici, giudici e profeti; e tra i molteplici compiti avevano quello di tranquillizzare l’esercito prima del combattimento (disprezzavano la morte: per loro era il centro di una lunga vita) e insegnare l’immortalità dell’anima, affermando che un giorno regneranno solo l’acqua e il fuoco.

I druidi erano anche abili nel riconoscere alle piante virtù terapeutiche. Possedevano questa competenza e conoscevano anche le loro proprietà psicotrope (medicina usata nella cura delle malattie nervose), sedative e allucinogene. Praticavano anche una sorta di agopuntura terrestre, e la musicoterapia, considerata una delle più curiose terapie praticate soprattutto nel parto, indolore. Da questi ed altri esempi scaturisce un interessante quadro, fitto di riferimenti e ricco di rimandi al folklore con rilanci diretti all’antropologia religiosa; ma dal velo leggendario che tali temi fanno automaticamente calare sulla storia, si diramano anche delle prospettive per cogliere le profonde influenze prodotte da “mito celtico” nella aree interessate dalla sua condizionante cultura. Una cultura che, in particolare nella tradizione popolare, ha dato vita ad un sincretismo ancora oggi individuabile nei suoi aspetti più singolari e originariamente connesso al rito e al culto.

I druidi furono abili nel riconoscere alle piante virtù terapeutiche. Tra queste, ad esempio, avevano intuito le proprietà (amtielmitiche) dell’assenzio. L’artemisia serviva ai druidi per gettare un incantesimo sul bestiame. Un’erba molto usata per regolare il ritmo o moderare l’abbondanza dei “flussi” femminili, sino a normalizzare anche le mestruazioni difficili o dolorose. Inoltre, l’infuso di artemisia (10 grammi di erba per 1 litro d’acqua, due tazze al giorno) esercita un’azione antispastica e sedativa utile nei casi di diarrea cronica, vomiti nervosi, nevrosi isteriche ed epilessia. Oltre ai poteri attribuiti ad altre piante ed erbe, questo popolo “intelligente” dedito al culto del vegetale per la cura del corpo e dello spirito, considerava la musica non solo un divertimento ma anche una magia e una terapia. Una delle più curiose terapie era quella della musicoterapia nel parto indolore; infatti, esistevano arie utilizzate per addormentare e provocare l’analgesia. Il potere del canto, il cui valore della melodia si mescola con la qualità della voce e con la potenza della parola, era utilizzato dai druidi e dai bardi. La musica dell’arpa (che non è uno strumento specificatamente celtico, non più di quanto la cornamusa sia uno strumento specificatamente bretone) è magica e terapeutica. La piccola arpa è attualmente utilizzata in Svizzera, nei centri di musicoterapia per la cura della debolezza dell’udito.

 

Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

 

 

 

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