L’angolo di Full: “L’uomo sulla scala”

In tre: babbo, mamma e bebè, come nel presepe, abitavamo un bilocale in città che ci andava un po’ stretto al giro vita. Così, dovendo ospitare alcuni familiari – anche loro in tre e in visita come i re magi – non trovai di meglio che prenotare una camera in un minuscolo hotel a pochi passi da casa.
Una sera, suonato per i soliti casini in ufficio e stravolto dal sole di luglio che violentava chiunque s’azzardasse per strada, andai all’alberghetto a prelevare i miei ospiti per accompagnarli a cena. Rinunciai al chiuso dell’ascensore e salii la scala, molle di moquette e di luci stanche. Arrivato al primo piano, stavo svoltando nel corridoio quando scansai un uomo che girava l’angolo per scendere. Gli offrii la precedenza, ma lui fu altrettanto cortese. Era un tipo scamiciato, visibilmente accaldato, il suo aspetto ordinario mi diceva poco e apprezzai giusto il suo gesto garbato. Tornai a scansarmi e insistemmo un po’ nella manfrina fra il rispettoso e l’imbranato. Poi, aguzzando lo sguardo in quella penombra a due stelle, mi accorsi d’essere davanti a uno specchio che rifletteva il corridoio sul lato opposto.
Ebbene, l’immagine di quel pirlotto accaldato, fra il rispettoso e l’imbranato, non mi ha più lasciato e ogni tanto la riesumo a scopo terapeutico: chi mi credo di essere? Eccomi là su quella scala, niente di più o di meno.
Per quanto la nostra facciata non corrisponda sempre agli interni, in molti casi basta rivoltare il guanto, come mi capita in questa notte di capodanno.
Festeggio coi soliti vecchi amici, più o meno mummificati, ormai. Grazie alle battutine che mi scappano più per incontinenza che per merito, risulto l’animatore della serata. O il rianimatore, se si considera l’età media della combriccola.
Alle due di notte la decana della festa, una zia d’acquisto ultranovantenne e oltremodo arzilla, si accomiata e, per ultimo, saluta l’animatore, cioè “l’uomo sulla scala”. Gli stampa due baci pieni di trasporto mentre lui ricambia baciando l’aria come fanno certi bambini schizzinosi e molti adulti formali.
Trasformandomi in spettatore estraneo riconosco, da un lato, l’entusiasmo, lo slancio, l’amore che sanno superare tutte le bufere e motivano la fantastica longevità di questa nonnina. Dall’altro lato, ritrovo quel pirlotto sulla scala che, viceversa, non andrà molto lontano.
Fulvio Musso