Raccontonweb: “Il relitto” di Marcella Onnis

Il relitto

Non sembrava più lui, soprattutto visto da quell’angolazione: denudato senza riguardo, anzi, si sarebbe ben potuto dire violentato. Davvero pareva la vittima di un’aggressione: senza i bianchi pannelli e tendoni a coprirli, quell’infrastruttura in acciaio – o in ferro o in qualunque altro metallo fosse – sembrava uno scheletro e quei mattoni rossi, esposti tra il cemento sbreccato, carne viva tra lembi di pelle squarciati. Ammise che forse la sua tendenza al melodramma stava accentuando troppo la tragicità di quanto si trovava davanti, ma che fosse un triste spettacolo era un dato oggettivo. Passando sull’altro lato, quello della facciata principale, la situazione era più dignitosa: nessuno smantellamento, nessuna breccia nel muro, solo – solo – uno spesso strato di polvere marrone sui vetri. Chissà, però, se prima della chiusura i vetri erano mai davvero puliti…

E dire che un tempo quel posto gli incuteva quasi soggezione. Ricordò la prima e forse unica volta in cui vi entrò: si era sentito a disagio appena messo piede nel signorile androne. La classica sensazione del pesce fuor d’acqua. Tuttavia, si ricordò, l’avevano anche stupito le stanze in cui era stato condotto dopo: molto più modeste, quasi dimesse, non certo il tipo di sala che ci si aspetterebbe di trovare in un hotel di quel calibro. Adesso, invece, era lì davanti a lui, re nudo consapevole di essere tale. Pensare alla caducità della ricchezza e della gloria come di tutti i beni terreni, era così facile e scontato che si rifiutò di indugiare oltre in quel pantano. Fu più forte la compassione per quell’ammasso inanimato di pareti, vetrate e – suppose – mobilio, oltre che polvere e polvere e polvere. Forse anche ragnatele e ragni, magari pure qualche topo.

Che ne sarà di questo edificio? Potrà ancora trovare un nuovo proprietario, disposto a investire soldi, tanti soldi, per riportarlo agli antichi splendori? Gli parve improbabile: impresa troppo rischiosa per i tempi che stavano vivendo. Magari l’avrebbe acquisito il Comune per ristrutturarlo e trasformarlo in centro polivalente da affidare in gestione, ossia nell’ennesimo edificio da centinaia di migliaia di euro destinato a rimanere inutilizzato o, nella migliore delle ipotesi, sottoutilizzato. No, forse neppure un grosso Comune come quello si sarebbe imbarcato in una tale utopia. Sarebbe allora diventato velocemente un rudere? Intollerabile, soprattutto in un punto come quello, così in vista. Raderlo al suolo, allora.
Marcella OnnisSì, ecco la soluzione. Una volta eliminato, avrebbe paradossalmente ritrovato la sua dignità: chiunque avrebbe potuto ripescare dalla memoria la sua immagine dei tempi gloriosi e riempire idealmente con essa l’enorme spazio vuoto che avrebbe lasciato. Un vuoto che, però, avrebbe restituito alla vista dei passanti il mare, in qualche modo elemento naturale di quell’hotel ormai dismesso, la cui forma voleva richiamare un transatlantico. D’altronde, aveva anche portato per decenni proprio il nome di quel mare la cui vista da un lato nascondeva, dall’altro mostrava.

Marcella Onnis

6 thoughts on “Raccontonweb: “Il relitto” di Marcella Onnis

  1. Molto ben scritto, ha quel non so che di umano, quest’edificio. Pare quasi un anziano, che, in punto di morte, trasmette ricordi al proprio figlio e lascia con rassegnata decisione, il posto al bello, ai giovani. E l’ambivalenza del mostrare e nascondere, opposti che, in questo caso, si attraggono, sia durante che dopo il fatto avvenuto. Complimenti vivissimi a Marcella Onnis, che dopo un periodo di riflessione, ci regala uno spaccato – è proprio il caso di dirlo – di vita. Un abbraccio affettuoso Marcella. Avanti così. Gigi. Efficace l’utilizzo di un titolo che, metaforicamente, fa pensare a una nave.

  2. Grazie Gigi per la tua attenzione. Direi che il titolo non poteva che essere questo, visto che la forma dell’edificio voleva proprio richiamare una nave 😀

  3. Meglio spazzato via, come nave nella tempesta. Come capita a tutti noi. Chi vorrebbe ritrovarsi utilizzato come sgabello o gruccia per abiti?
    Ben ritrovata Marcellina. Ciao!

  4. La nave come metafora della stessa vita che a volte naviga su onde spumeggianti e altre si inabissa

  5. Hai ragione, non ci avevo pensato! Sempre attenta e acuta la nostra Lucia ;*

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