Costruire bellezza? Non un’utopia per Marcello Fois e Michela Murgia

locandina di marina café noir 2016

di Marcella Onnis

L’incontro di domenica scorsa con Michela Murgia e Marcello Fois è stato uno degli appuntamenti più seguiti del XIV festival di letterature applicate Marina Café Noir, organizzato a Cagliari dall’associazione culturale Chourmo. Titolo dell’incontro “Abitare l’utopia, costruire bellezza”, tema ambizioso, al limite del pretenzioso, che avrebbe potuto portare la conversazione verso esiti fumosi, ma che i due intellettuali sardi hanno saputo gestire con concretezza, ancorandolo al piano del fattibile.

Com’era prevedibile, l’acerbo Nicola Muscas, incaricato di coordinare l’incontro, ha avuto un ruolo a dir poco marginale: Fois e Murgia sono due abilissimi e affiatati oratori che ben avrebbero potuto autogestire la conversazione. Meno scontato era, invece, chi tra i due protagonisti avrebbe avuto la meglio. Bene ci ha visto chi aveva scommesso su Michela Murgia e che sicuramente avrà sorriso quando lei stessa ha raccontato, canzonandolo, che nelle loro discussioni private riesce quasi sempre a spuntarla «per la maggior capacità dialettica».

palazzo ducale a MantovaLUOGHI BELLI PER AVERE BELLE PERSONE – Parola chiave dell’incontro è stata, ovviamente, “bellezza”, intesa come questione politica e sociale, oltre che letteraria. Di bellezza dei luoghi (e non solo) si occupa, infatti, l’ultimo libro di Michela Murgia: “Futuro interiore”, saggio scaturito da sue riflessioni sui paesaggi urbani. Nella serata di domenica, l’autrice ha preso come punto di partenza la città di Mantova, il cui centro storico è un esempio di bellezza che, però, simboleggia il potere, la supremazia sociale all’interno di un sistema in cui manca la democrazia. Invece, si è chiesta e ha chiesto Michela Murgia, «la democrazia ha prodotto bellezza urbana?» La sua risposta non è negativa, come ci si poteva forse aspettare: secondo lei, sì e lo ha fatto con gli spazi senza destinazione d’uso, quelli, cioè, «immaginati per rispondere a più domande, anche non conosciute da chi li ha progettati». Luoghi che tutti possono utilizzare sentendoli propri e – si potrebbe dire – preservando così se stessi, la propria peculiarità, perché «il caos urbano garantisce la nostra biodiversità».

Abitare in posti belli non dovrebbe essere un lusso, ma una necessità, anzi, un diritto, perché, ha affermato Michela Murgia, «i brutti luoghi fanno brutte le persone e non è vero il contrario». Per questo, ad esempio, ritiene che scuole e luoghi di cultura dovrebbero essere sempre belli. La realtà, però, è spesso altra, come hanno dimostrato anche le esperienze personali dei due ospiti e di Nicola Muscas, raccontate dagli interessati tra le risate loro e del pubblico.
locandina di marina café noir 2016Per Michela Murgia anche Marina Café Noir ha avuto il merito di mostrare al quartiere di Marina che per la sua gente c’era «una possibilità di bellezza». E ha poi rimarcato che «quando il governante ti nega la bellezza, vuol dire che non vuole dartela». Se tutto questo è vero, però, a maggior ragione appare contestabile non solo l’aver mantenuto il vecchio nome del Festival nonostante, per il secondo anno consecutivo, si sia svolto al quartiere di Villanova, ma prima ancora l’aver scelto come scenario un quartiere già bello in cui la gente già pensa bello, anche perché – parafrasando Michela Murgia – il governante ha voluto concedere questa possibilità di bellezza.

COSTRUIRE BELLEZZA CON LA LETTURA ATTIVA – Come si lega la lettura a questo discorso della bellezza dei luoghi? Innanzitutto, come ha fatto notare Nicola Muscas, grazie alla lettura «il lettore può ritagliarsi spazi di bellezza»; in secondo luogo, ha aggiunto Marcello Fois, essa consente di «diventare cittadini migliori» e, dunque, costruttori di bellezza. Pensando al lettore-elettore, lo scrittore ha affermato che «chi legge meglio vota meglio» e «abita spazi migliori, ha una migliore concezione dell’altro…». La lettura è per lui un sistema di formazione perché «dà una maggiore conoscenza anche di sé, persino del proprio corpo», contribuendo così a migliorare la vita del lettore. E la formazione per Fois è un altro requisito imprescindibile per costruire uomini e società migliori: «La scuola che intrattiene e non forma crea cittadini più poveri».

Quella di cui lui e Michela Murgia hanno discusso è, però, una lettura attiva, che richiede impegno ed esercizio quotidiano perché «la conoscenza è costosa» e «la lettura è un processo innaturale». Per Fois, inoltre, «non si possono pretendere scrittori di rango, se non si è lettori di rango» e tali per lui sono, in sostanza, quelli che hanno sempre voglia di accrescere la propria conoscenza e non ricercano le vie facili per riuscirci. Un po’ troppo elitaria, però, è apparsa la sua convinzione per cui lo scrittore fa bene il suo mestiere quando costringe il lettore a cercare più parole nel vocabolario. “Lettura attiva” significa, comunque, per i due intellettuali anche qualcosa che nulla ha di elitario e che è, anzi, a portata di tutti: tramutare in azione, in scelte di vita, la riflessione che ciò che si è letto ha innescato. Perché, come ha detto Murgia, «chi legge ha davanti più universi», ma deve poi agire per dirigersi verso quello che predilige. Quanto poi all’idea che la lettura possa essere sostituita da altre forme di “narrazione”, quale la televisione, Michela Murgia ha ribadito – con l’assenso del collega – che «intrattenimento e lettura possono coesistere, ma non sono intercambiabili».

Futuro interiore di Michela MurgiaLA GENERAZIONE X E IL FUTURO – Chi parla di “costruire il futuro” non può che fare i conti con la cosiddetta Generazione X, che include i nati all’incirca tra il 1963 e il 1980, ma che ingloba senza andarci per il sottile anche qualcuno nato dopo e forse prima. È la generazione che viene anche chiamata “perduta” (termine che a Michela Murgia, a ragione, non piace perché «siamo vivi, siamo qui!») e che qualche suo membro definisce “fregata”, perché è innegabile che le sia stato scippato il futuro. Quel futuro che questa generazione aveva sognato e in vista del quale, in buona parte, ha affrontato un lungo percorso di studi, spesso dietro consiglio dei propri genitori, inconsapevoli quanto i loro figli: neppure loro, infatti, hanno capito per tempo che il sistema «si era inspiegabilmete inceppato». Per questo, anch’essi sono rimasti stupiti del fatto che i percorsi fatti dai figli e costati tanti sacrifici «non avessero reso tutto più facile». A suo parere, dunque, noi che facciamo parte di questa generazione abbiamo il dovere morale di fare oggi con le nuove generazioni ciò che i nostri genitori all’epoca non hanno saputo fare: insegnare che «esistono solo i diritti che ci conquistiamo» e spiegare le cause che ci hanno condotti a questo stato di cose. A questo dovere, però, adempiamo poco, ha affermato con amarezza, perché «siamo impegnati a sopravvivere. Altro che Fertility Day!» E chi non c’era può facilmente figurarsi il boato di approvazione che è seguito a queste parole.

Manuale di lettura creativa di Marcello FoisSARDI, LASCIAMO UN SEGNO! – Dopo “bellezza” e “lettura”, altra parola chiave è stata “leggerezza”, che è cosa ben diversa dalla facilità, ha subito chiarito Fois. Ne è un esempio eloquente “Passavamo sulla terra leggeri” di Sergio Atzeni, un libro in cui l’autore esprime «l’amarissima constatazione che i sardi hanno lasciato un labilissimo segno sulla Terra». Anche perché «la Storia la scrive chi ha vinto» ha aggiunto Michela Murgia, facendo inconsapevolmente eco alle parole che Vittore Bocchetta aveva pronunciato poche ore prima, sempre nell’ambito di Maina Café Noir. A suo parere, Atzeni con questo libro, Fois con la sua saga dei Chironi (“Stirpe”, “Nel tempo di mezzo” e “Luce perfetta”) e, in generale, gli scrittori sardi «hanno fatto la parte che sarebbe spettata agli storici, restituendoci la nostra Storia». Questa è anche una delle ragioni per cui Fois – come ha rivelato lui stesso – ha voluto dedicare molto spazio alla letteratura sarda nel suo ultimo libro, “Manuale di lettura creativa”. Lo scrittore ha quindi invitato tutti noi suoi conterranei a non vergognarci della nostra cultura. E Michela Murgia, ribadendo l’invito, ci ha ricordato che «dobbiamo fare noi qualcosa per noi stessi, perché non lo farà nessun altro».

 

Nella foto in alto, il Palazzo Ducale di Mantova

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