La Comunità “Papa Giovanni XXIII” risponde al Procuratore di Torino

LA COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII risponde a questo articolo del Procuratore di Torino SULL’ERGASTOLO:

Il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2011

B&C hanno fatto una legge che impedisce il rito abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo. Questa volta non si può dire che vogliano salvare il loro capo: non pare che B. abbia commesso delitti di questo tipo: corruzione, falsi in bilancio e frodi fiscali sì; forse concussione e prostituzione minorile pure; ma assassinii pare di no. Quindi la legge dovrebbe avere un suo perché. E, in effetti, ce l’ha. I cultori del luogo comune si riempiono la bocca con la “ferocia” delle pene detentive: Tizio è stato condannato a 10, 15, 20 anni di prigione: orrore! E, per l’ergastolo: “Fine pena mai!”, cosa indegna di uomini civili! Stupidaggini. Le pene detentive, in Italia, non sono mai quelle che sembrano. 30 anni di prigione, in concreto, sono circa 8 anni e 7 mesi. Capisco che pensate sia una balla, ma vi giuro che è proprio così. Nel nostro ordinamento vi sono 4 straordinari istituti: la legge Gozzini, i permessi premio, la semilibertà e l’affidamento in prova al servizio sociale.
Secondo la legge Gozzini, ogni anno di prigione vale 9 mesi perché, ogni anno, 3 mesi vengono abbuonati. Non è proprio automatico; bisogna che il detenuto non abbia fatto casino. Avete capito bene: non deve aver tenuto una buona condotta, aver fatto opere di bene, essersi adoperato nell’interesse della comunità carceraria o cose del genere. No, basta che non abbia piantato grane. Se non rompe, gli regalano 3 mesi ogni anno.
I permessi premio si possono dare nella misura massima di 1 mese e mezzo all’anno; e di fatto così avviene. Quindi ogni anno di prigione in realtà sono 7 mesi e mezzo.
Dopo 15 anni il condannato può avere la semilibertà: di giorno va a lavorare e la notte torna in carcere. Solo che questi 15 anni, in concreto, sono 11 anni e 7 mesi per via di Gozzini e permessi premio. Sicché, dopo 11 anni e 7 mesi, un condannato a 30 anni di galera in prigione ci torna per dormire!
Ma non basta: quando gli mancano 3 anni per finire la pena, anche la semilibertà viene eliminata e il nostro galeotto viene affidato in prova al servizio sociale. Insomma, e fidatevi dei calcoli, uno che è condannato a 30 anni di galera, in realtà fa 8 anni e 7 mesi circa.
Ora, succede che, se un imputato di omicidio o di qualche altro delitto che prevede l’ergastolo chiede il giudizio abbreviato, per una serie di motivi che non sto a spiegare, può essere condannato, al massimo, a 30 anni di galera. Che, come si è visto, sono in realtà 8 anni e 7 mesi. Mentre, se fosse processato con il giudizio ordinario e si beccasse l’ergastolo, farebbe almeno 15 anni e 4 mesi circa. Eh, proprio così: perché anche per l’ergastolo valgono tutti quei benefici che ho elencato più sopra; solo che i calcoli sono un po’ diversi. Insomma, con la legge voluta da B&C , i peggiori delinquenti almeno un po’ di galera (un po’, altro che “fine pena mai”) se la fanno. Il che mi pare cosa buona e giusta.
Chi ha votato con B&C? Idv. E ha fatto bene perché una proposta buona, ovviamente, non diventa cattiva perché la fa uno cattivo. E chi ha votato contro? Il Pd. E ha fatto male, perché non è così che si fa opposizione. Soprattutto quando, mentre era al governo, si è “dimenticato” di abrogare la legge sul falso in bilancio e di farne una sul conflitto di interessi.

Bruno Tinti (Procuratore del Tribunale di Torino)

Ci rivolgiamo a lei, Dott Tinti: noi siamo dei semplici volontari carcerari, ma il carcere lo conosciamo bene, perchè ce lo facciamo almeno un giorno tutte le settimane. Abbiamo un  Servizo Carcere e  da anni appoggiamo la lotta degli ergastolani per l’abolizione di questa pena disumana. Già nel 2007 il nostro fondatore, Don Oreste Benzi, dopo aver incontrato gli ergastolani di Spoleto, decine e decine di uomini in carcere ininterrottamente da 20-30 e senza prospettive di uscire, affermava che questa pena priva di qualsiasi speranza e prospettiva, risulta crudele e degradante.

Lei dice testualmente: Ergastolo, “Fine pena mai”, cosa indegna di uomini civili!  Stupidaggini. Le pene detentive, in Italia, non sono mai quelle che sembrano. 30 anni di prigione, in concreto, sono circa 8 anni e 7 mesi. Capisco che pensate sia una balla, ma vi giuro che è proprio così.

Dott. Tinti, noi incontriamo ogni settimana decine e decine di persone condannate all’ergastolo, senza speranza, ostative ai benefici penitenziari, persone che sono in carcere dal 1979, ragazzi di 40 anni che sono stati condannati all’ergastolo a 18 anni e che non sono mai usciti, neanche per il funerale del padre. Ragazzi che hanno vissuto più tempo della loro vita in carcere che fuori, persone che l’ ergastolo se lo vivono sulla propria pelle, giorno dopo giorno, anno dopo anno, da decenni. Noi li incontriamo: sono sempre lì, estate, inverno, Natale e Pasqua: non escono di giorno, come dice lei  e non hanno la cella del carcere come letto dove rientrare per dormire, ce l’hanno come tomba. Noi vediamo il tempo scorrere sui loro volti, settimana dopo settimana, e lasciare solchi profondi.   E non è, come lei sostiene, che non escono perchè hanno piantato grane, o rompono. No, molti di loro   nella riflessione e nella sofferenza, sono arrivati ad  una revisione  interiore sugli errori del passato, hanno studiato,  tutto questo nonostante  un sistema carcerario che per le condizioni in cui è ridotto costringe a beffa l’articolo 27 della Costituzione che sancisce che le pene devono tendere alla rieducazione.

Dott. Tinti, lei è una persona esperta e  quindi il cittadino comune che l’ha letta in quell’articolo è autorizzato a pensare che la sua sia una fonte attendibile, ma allora, se fosse vero quello che lei afferma,  e cioè che con la legge Gozzini tutti escono  al massimo  dopo 8 anni e pochi mesi, e perciò lei auspica l’approvazione di una legge che prevede che gli ergastolani facciano  almeno 15 anni,  perché allora in Italia ci sono più di 100 ergastolani che hanno alle spalle più di 26 anni di detenzione, il limite previsto per accedere alla libertà condizionale? La metà di questi 100 ha addirittura superato i trent’anni di detenzione.

Al 31 dicembre 2010 gli ergastolani in Italia erano oltre 1.500: quadruplicati negli ultimi sedici anni, mentre la popolazione “comune” detenuta è “solamente” raddoppiata.

Se tutti uscissero, come sostiene lei,  non potremmo  certo avere oggi  1.512 condannati a quella che di fatto invece  è una pena di morte mascherata.

Lei dice ancora:  “Dopo 15 anni il condannato può avere la semilibertà: di giorno va  a lavorare  e la notte torna in carcere”, ma lo sa che i dati ufficiali del Ministero della Giustizia dicono che al 31 dicembre 2010 i detenuti presenti nelle carcere italiani erano 67.961 e quelli in semilibertà poco più di 900? E di questi solo 29 sono ergastolani?  29 su 1.512, a fronte di quasi 100 in detenzione da oltre 26 anni: non sembra anche a lei questo un Paese dove esiste, eccome, la certezza della pena?

Dott. Tinti, con i suo dati imparziali e irreali fa sembrare l’ergastolo una pena necessaria, mentre la stessa è stata abolita da Paesi che noi consideriamo meno civili, Brasile compreso.  Secondo il Sipp sono stati 18 gli ergastolani suicidatesi nel 2010, ma non vogliano discutere solo a suon di dati: noi la invitiamo a venire con noi. Venga con noi un giorno ad incontrare gli ergastolani, noi le proproniamo volti, corpi ingabbiati e storie vere. Saranno loro a parlare, non i nostri numeri. Venga con noi una giornata, poi riparleremo di ergastolo. Oppure ci dica qual’è il suo Tribunale che fa scontare un ergastolo con  8 anni e pochi mesi: avremmo centinaia di detenuti pronti a trasferirsi.

Nella rivista “Ristretti Orizzonti” anno 12, numero 3 maggio-giugno 2010, pag. 34, e Paolo Canevelli, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Perugia rilascia questa dichiarazione:

(…) Per finire, e qui mi allaccio ai progetti di riforma del Codice penale, non so se i tempi sono maturi, ma anche una riflessione sull’ergastolo forse bisognerà pure farla, perché l’ergastolo, è vero che ha all’interno dell’Ordinamento dei correttivi possibili, con le misure come la liberazione condizionale e altro, ma ci sono moltissimi detenuti oggi in Italia che prendono l’ergastolo, tutti per reati ostativi, e sono praticamente persone condannate a morire in carcere.
Anche su questo, forse, una qualche iniziativa cauta di apertura credo che vada presa, perché non possiamo, in un sistema costituzionale che prevede la rieducazione, che prevede il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, lasciare questa pena perpetua, che per certe categorie di autori di reato è assolutamente certa, nel senso che non ci sono spazi possibili per diverse vie di uscita.
(Roma 28 maggio 2010, intervento al Convegno Carceri 2010: il limite penale ed il senso di umanità).

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