COME FERMARE L’ESCALATION DELLE VIOLENZE?

Varrebbe la pena tentare di “scomodare” il pensiero e le convinzioni di alcuni filosofi del passato… per essere in qualche modo “illuminati” su cause ed effetti

di Ernesto Bodini                                         

È ormai uno stillicidio. Ogni giorno le violenze tra esseri umani si perpetuano sempre più: non bastano i conflitti bellici in Europa e in Oriente, persecuzioni e attentati contro la Persona, specie se donna, che incrementano il già lungo elenco di vittime, e puntualmente tutti i mass media ci informano spesso con tanto di particolari… a dir poco raccapriccianti. Per fermare questa escalation pare che non siano sufficienti leggi e provvedimenti d’ogni sorta; ma quello che a mio modesto avviso è carente è la ricerca non sulle motivazioni delle azioni criminose, ma sulle cause che sono all’interno del cervello umano. Ma prima ancora si dovrebbe analizzare tutto ciò che può disturbare e alterare la mente di una persona, e non mi pare che sinora si sia fatto qualche riferimento, ad esempio, a certe pubblicità, filmati, eccessi di libertà comportamentale “non controllata” (mancanza di prevenzione), troppa leggerezza nei provvedimenti restrittivi, per non parlare poi della non certezza della pena per certi reati. Un timido ed innocuo tentativo per cercare di capire l’animo e quindi il comportamento umano, mi illudo possa essere quello di “scomodare” alcuni filosofi del passato, protagonisti loro stessi di conflitti interiori che, in un modo o nell’altro, hanno condizionato la loro esistenza. Essi sono stati altrettanto uomini che hanno vissuto nell’incertezza dei rispettivi periodi, ma nel contempo curiosi del mondo e della vita, di Dio e del loro ruolo al “centro della Natura”. È pur vero che erano dei filosofi (curiosi del sapere) ma pur sempre uomini con dei limiti, compensati, forse, dall’essere distanti dai beni materiali come li intendiamo oggi. E forse sta proprio qui il punto centrale: l’entrata nel “cosmo della Filosofia” per cercare qualche risposta ai molti perché dell’esistenza umana e al suo agire…

Tralasciando il Sommo Socrate, il suo discepolo Platone e a seguire Aristotele, si prendano ad esempio le convinzioni del filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679 nell’immagine), il quale considerava l’uomo un animale egoista richiamandosi ai detti latini: “Homo homini lupus” (ogni uomo è lupo per ogni altro uomo), e “Bellum 0mnium contra omnes” (la guerra di tutti contro tutti nello stato di natura), trovando riscontro nel campo dell’antropologia politica; ossia, se lasciato solo l’individuo fa emergere la sua “vera” natura animale volta ad azioni contro il suo stesso genere. Era forse questa, mi chiedo, una pia illusione con chiaro riferimento e in contrasto con la tesi di Aristotele in merito alla definizione di “animale sociale”? Anche se volessimo considerare ogni negativo comportamento dell’uomo, non si può sottacere il fatto che da ciò ne derivano le sue azioni per noi irrazionali come l’egoismo, violenza, aggressione e soppressione dell’Essere. E qui mi fermo per mia incompetenza, ma nello stesso tempo va considerato che l’evoluzione della specie e delle relative libertà nei vari contesti sociali, hanno determinato una più estesa ed incontrollata concezione della vita terrena tanto che, nella forma mentis di taluni individui, si è andata insinuando la visione distorta dell’altro/a, sino ad odiarlo/a e a sopprimerlo/a. Queste semplici e per certi versi “ingenue” considerazioni, sono il frutto di una sintesi di Immanuel Kant (1724-1804): «La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla Natura della ragione stessa, e a cui però non può neanche dare risposta, perché esse superano ogni capacità della ragione umana».

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