BREVE ANALISI SUL CONCETTO DI SAGGEZZA

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Di fronte agli eventi di qualsivoglia natura che richiedono una appropriata definizione ed eventualmemte una soluzione i cui protagonisti sono gli esseri umani, è implicito che gli stessi devono intervenire con razionalità e saggezza. Ciò sembra una azione scontata ma prima è bene stabilire che cosa si intende per saggezza. Scorrendo varie fonti di dialettica filosofica e letteraria, si deduce che per saggezza si intende la «capacità di valutare il più esattamente possibile e con lucidità gli eventi e le situazioni, attribuendo loro la giusta importanza in merito alle esperienze vissute dai protagonisti, includendo la loro prudenza e il loro equilibrio interiore». Il fatto che i popoli il più delle volte non sappiano addivenire a soluzioni pragmatiche e non deleterie, io credo che non siano dotate della necessaria saggezza, e nemmeno sappiano considerare uno dei sommi della saggezza ovvero, secondo la Bibbia, il terzo re d’Israele Salomone (1011-931 a.C., nell’immagine), appartenente a quel mondo antico in cui la sapienza costituiva un fatto comune per chiedere il giudizio del re, non esistendo la moderna suddivisione dei poteri: i regnanti, quindi, erano i giudici supremi a cui venivano sottoposti i casi più difficili. E quelli sottoposti al re d’Israele solitamente sembravano irrisolvibili. Ma in tempi più moderni la saggezza pare non essere nemmeno un “optional” per gli esseri umani, specie per quelli che sono deputati a condurre un Paese, a gestire con oculatezza i beni e i diritti dei loro concittadini. Fra questi “inosservanti” della saggezza primeggiano i politici (italiani, per quello che mi riguarda) i quali si ergono a paladini del bene comune, ma poiché sono in troppi (945) non rappresentano certo l’esempio di una ipotetica figura salomonica. Inoltre, non sono in grado di concepire che la saggezza, quella vera e non quella “costruita” sotto la bandiera delle ideologie del momento, è qualche cosa di molto più profondo che va ancora al di là dell’assennatezza, dell’equilibrio interiore, che implicano a loro volta prudenza, ponderatezza nell’agire e nel giudicare; qualità che sono proprie di chi ha buon senso, tipiche di chi è avanti con gli anni, ma ciò non riguarda i politici al potere che hanno da poco superato la verde età o, se in età matura, il traguardo di queste doti per loro è ancora ben lontano.

Secondo Lucio Anneo Seneca (4-65 d.C., nell’immagine) il saggio è colui che osserva le cose dall’alto avendo superato il distacco dalle passioni e, per rapportare questo concetto alla nostra attualità, ciò non riguarda il politico al potere. Secondo il filosofo greco si può diventare saggi in due modi, o attraverso il distacco dal mondo (ma questo non riguarda la nostra attuale realtà), o approfondendo il contatto con il mondo in una vita attiva volta al bene comune, nello spirito di fratellanza e quindi del bene comune; e questo è quello che ci riguarda più da vicino. Inoltre, scorrendo alcune pagine di breviario relativo alla saggezza di Seneca, mi sono soffermato su quanto segue: «Dolce è guardare dalla riva il grande affannarsi degli uomini sul mare agitato dai venti, non perché vedere soffrire gli altri sia piacevole, ma perché dolce, appunto, è constatare da quali mali siamo immuni noi». Una riflessione che ovviamente non ha a che vedere con la realtà dei migranti che ogni giorno rischiano la vita per raggiungere un Paese… ospitante, ma intende raggiungere chi sta dall’alto per pontificare e sentenziare credendo di essere il Salomone o il Seneca del momento, mentre in realtà non si rende conto di appartenere ad un’era povera di moralisti. Una povertà anticipata da Friedrich W. Nietzsche (1844-1900), la cui lungimiranza, a mio avviso, era già indice di saggezza benché non fosse attorniato da una ciurma di politici e politicanti votati… alla non saggezza.

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