Bonus bebé: una promozione politica che farebbe discutere, ma nessuno ne vuol parlare… oltre agli interessati

Uno degli “effetti” del Federalismo sanitario
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Anche quest’anno la Regione Piemonte riconosce ad ogni nascituro un bonus (una tantum) di 250 euro, purché la famiglia residente abbia un reddito ISEE non superiore a 38.000 euro (lordi). Tralasciando l’origine politica di questa “trovata”, non posso trattenermi dal fare alcune considerazioni, anche in virtù del fatto che nel nostro Paese c’è tuttora il diritto di esprimere le proprie opinioni. Premesso che il mettere al mondo una creatura solitamente è una libera scelta della coppia che, se cosciente, dovrebbe considerare cosa comporta allevare un figlio oggi in Italia (e non solo) dal primo vagito sino alla maggiore età, se non oltre, l’importo “regalia” (inteso come utile per l’acquisto di prodotti per l’igiene e per l’alimentazione della prima infanzia) concesso dalla Regione subalpina non certo risolve i problemi di quella coppia, se non per le prime settimane di vita del nascituro. Ciò che è sconcertante, in tempi di spending review e situazione politica locale e nazionale dalle prospettive non certo allettanti, riguarda la tendenza ad alcune restrizioni in ambito assistenziale per i cittadini affetti da patologie croniche e invalidanti, la maggior parte dei quali ha un reddito molto modesto che non consente loro di sostenersi: far fronte alle spese essenziali e tanto meno pagare la collaborazione di una badante. Per non parlare poi di quei cittadini che devono districarsi a fatica tra i meandri della burocrazia per ottenere il rispetto dei diritti più essenziali (peraltro riconosciuti per legge) a cominciare, magari, da un modesto supplemento della fornitura di pannoloni per l’irreversibile incontinenza.
Altri ancora devono affrontare a fatica il riconoscimento della propria invalidità che, se conclamata, dà loro diritto ad un certo indennizzo, ossia la cosiddetta indennità di accompagnamento: circa 500,00 euro per 12 mesi; indennità che viene riconosciuta (indipendentemente dal reddito…) a coloro a cui è stato accertato un grado di invalidità del 100%, ma che nello stesso tempo non siano in grado di attendere agli atti quotidiani della vita. E si potrebbe aggiungere che i malati cronici, spesso necessitano di farmaci non rimborsabili (nemmeno in parte) dal Servizio sanitario nazionale e/o regionale, comportando un costo mensile che va a “penalizzare” la già modesta pensione dell’invalido. Ed ancora. Che dire dei disoccupati, degli esodati, dei poveri assoluti ed altri che non hanno reddito? Anche costoro sono soggetti a pagarsi i medicinali che non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Rammento inoltre che per effetto del Federalismo sanitario (che si è rivelato un vero e proprio fallimento, e su questo punto non c’è idea politica che tenga), molte prestazioni di cura e soprattutto di assistenza sono a totale carico dell’assistito. L’elenco degli esempi sarebbe ben più lungo, ma lascio al lettore fare ulteriori considerazioni finali, senza trascurare però una obiettività: un figlio, se non si è in grado di mantenerlo, si può evitarne la procreazione; un invalido cronico, specie se affetto da più patologie, la propria condizione non se l’è cercata e, in non pochi casi, il caregiver (solitamente è un familiare) è lasciato solo a se stesso… Ma intanto, una promozione “suffragata” dal denaro, di primo acchito può allettare una giovane coppia, la cui prole continuerà ad aver bisogno di tutto e di più. Un’ultima considerazione: quanti i politici e gli amministratori pubblici che entrano nelle case di molti invalidi cronici (in Piemonte non sono davvero pochi) per rendersi conto delle loro condizioni e quindi delle loro esigenze quotidiane? Personalmente non mi risulta nessuno, e se fosse diversamente, lo si verrebbe a sapere come una fatto straordinario!