Art.18 si o no? Intervista a Giuseppe La Piana CGIL Bagheria (Pa)

di Giusy Chiello

Articolo 18 si, articolo 18 no, accordi, discussioni, patti, compromessi. Questo è quello che sta accadendo in questi giorni in Italia alle spalle dei veri protagonisti di questa proposta di legge: i lavoratori. Ma davvero tutti sanno in cosa consiste l’articolo 18? I lavoratori sarebbero ancora tutelati con l’abolizione di questa legge del 1970? Per far luce sull’argomento abbiamo intervistato Giuseppe  La Piana, Coordinatore Aziendale CGIL Funzione Pubblica di Bagheria (Pa), per avere un quadro più chiaro di questa ingarbugliata vicenda.

Sig. La Piana, si parla tanto di articolo 18, ma molti cittadini non lo conoscono così bene. Potrebbe spiegarci di cosa parla l’articolo?
In effetti è un argomento di cui si discute molto ma magari se ne sa davvero poco. Intanto diciamo che parliamo dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero la legge n. 300 del 1970. Intanto parliamo di lavoratori di aziende con almeno 15 dipendenti. In questo caso l’art. 18 afferma che il licenziamento è valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo. Quando non ci sono questi presupposti, la norma prevede che il giudice dichiari l’illegittimità dell’atto di licenziamento e ordini la reintegrazione del dipendente nello stesso posto occupato prima del licenziamento. In alternativa, il lavoratore può comunque accettare una adeguata indennità che corrisponda a 15 mensilità dell’ultimo stipendio sia legata in modo crescente all’anzianità di servizio.
Se l’articolo 18 dovesse essere abolito in cosa non sarebbero più tutelati i cittadini?
Apparentemente non sembra ma cambierebbe molto per il lavoratore. La recente riforma proposta dal Ministro Fornero, se dovesse essere approvata tout court, farebbe crollare intanto uno dei capisaldi del lavoro nel nostro paese. Concretamente viene abolito l’obbligo di reintegro che l’attuale norma prevede per i licenziamenti ingiusti dovuti a motivi economici. Sarebbe previsto il solo indennizzo. Di colpo il lavoratore perderebbe un sacrosanto diritto e una tutela conquistata da oltre 40 anni. Non si può cancellare un caposaldo nei diritti del lavoratore. Infatti questa riforma così come concepita favorirebbe i datori di lavoro che potrebbero così, anche dietro la parvenza del licenziamento per motivi economici, mettere in pratica gli effetti dell’abolizione dell’art. 18. Non capiamo perché non si affrontino davvero i problemi reali quali, tra gli altri, il lavoro precario, la difficoltà dei giovani a trovare una occupazione lavorativa, la dilagante disoccupazione.
Cosa ne pensa del fatto che alcuni sindacati sono disposti a trattare sull’argomento della proposta governativa?
Sull’argomento, la CGIL ne fa una questione seria e di principio e ritiene fondamentale che l’art. 18 non venga modificato perché costituisce una garanzia per il lavoratore. Per la verità da più parti si comincia a considerare seria la questione posta dalla CGIL. Non entro nel merito delle dinamiche che hanno portato o portano altri organismi sindacali ad assumere posizioni critiche ma più possibiliste. Del resto, storicamente sull’argomento la CGIL è stata irremovibile perché abbiamo sempre ritenuto che questa costituisca una norma di principio, fondamentale conquista per il lavoratore.
Qual’è la posizione della CGIL in proposito?
La Cgil , con in testa il segretario generale, Susanna Camusso, pur sempre disposta al dialogo e all’ascolto nell’interesse dei lavoratori, ha contrastato e contrasterà questa paventata penalizzante riforma dell’art. 18, con mobilitazioni di tante donne e tanti uomini che sono per l’ennesima volta la parte debole , quella che deve pagare il costo della crisi in cui versa il Paese.
E la sua personale?
Inutile ribadire che sposo in pieno la causa e condivido in modo pieno e convinto la posizione dell’organismo sindacale del quale mi onoro di fare parte, perché sulle grandi battaglie di civiltà per la difesa di diritti fondamentali la CGIL, storicamente, è sempre in prima linea.

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