VANITÀ E DISPERSIONE POLITICA A SFAVORE DELLA SANITÀ PUBBLICA
Per quanto necessaria l’azione politica non è di buon sostegno al fabbisogno in ambito sanitario, sia nei confronti dei cittadini-pazienti che in quelli degli operatori sanitari. E questo, per scarsità di priorità e pragmatismo.
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)
Quanti incontri, quante chiacchiere, quante proposte ogni volta che si deve affrontare un problema spinoso come, ad esempio, quello della Sanità. È un continuo ripetersi sino alla nausea per non parlare di retorica se non anche di ipocrisia, ed è pur vero che tutti hanno diritto di esprimere la propria opinione, e gli addetti ai lavori il dovere di ben analizzare (purtroppo politicamente) ogni aspetto che richieda un intervento urgente. In questi casi si fa riferimento a leggi e leggine di ieri e di oggi, ma quasi mai (per non dire sempre) si ascolta il “vero protagonista”, ossia la voce del cittadino, colui che vive in prima persona quel dramma, e le sue esigenze. È perché forse costui, oltre a non avere voce in capitolo e quindi fuori da giochi, non è aderente alla linea politica prevalente del momento? A questo proposito vorrei rammentare che il cittadino-paziente, così come l’operatore sanitario, non deve essere “condizionato” da decisioni che hanno una matrice più o meno “di parte”, poiché perseguire il bene comune implica una politica unica, e per raggiungere tal fine non si capisce perché devono esistere delle opposizioni, giacché la tutela della salute e della vita umana ha la massima priorità, sia pur di pari passo con la valutazione delle disponibilità economiche-finanziarie. Ma da come vanno le cose ciò non avviene, evidentemente siamo ancora ben lontani dal considerare la salute e la vita umana quali beni imprescindibili, e il fatto stesso che si debba discutere all’infinito senza addivenire ad una decisione comune, denota che è l’appartenenza ad un’area politica o politicizzata a prevalere e non il buon senso e l’obiettività. Malati gravi e disabili sono Persone anzitutto, e poi cittadini-pazienti con dei diritti ben precisi che, per quanto sanciti dalla Costituzione e da determinate Leggi, restano il più delle volte confinati in un limbo dove il welfare è ormai ridotto all’osso, e il ricorso alla sanità privata sta diventando sempre più una scelta “obbligata”. Sempre in tema di Sanità pubblica va rilevato, come scrive il “Quotidiano Sanità” il 24 gennaio scorso, «Ben 13 tra Regioni e Province Autonome (quasi tutte del Centro Sud) su 21, hanno presentato un saldo negativo per quanto riguarda la mobilità sanitaria tra il 2012 e il 2021. Corte dei conti: “Dall’analisi della mobilità attiva e passiva emerge la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud”. Solo Lombardia ed Emilia Romagna insieme hanno saldi positivi per quasi 10 miliardi. In negativo a spiccare sono Campania, Calabria, Lazio, Sicilia e Puglia». In buona sostanza si tratta ricorrere alla ricerca del miglior offerente, ossia le Regioni più virtuose nel garantire qualità ed efficienza per le cure sanitarie di media ed elevata specialità. Si intraprendono inevitabilmente i cosiddetti “viaggi della speranza”, una sorta di caccia all’oro come se fossimo nel vecchio West; e poi sentiamo ogni volta dal pulpito presidenziale che l’Italia è una nazione unita, che tutti siamo uguali e della quale bisogna essere orgogliosi. Se questa non è retorica e ipocrisia che cos’è? A certi soloni residenti al centro e al nord del Paese, che continuamente pontificano, vorrei chiedere di ricorrere essi stessi alla sanità del sud per ottenere prestazioni di un certo livello e nel rispetto di una certa tempistica; ovviamente senza nulla togliere alla valenza di determinati professionisti che, per la verità, non sono molti (vedi la continua fuga dal pubblico) anche per scarsità di mezzi e di retribuzione, e forse maggiormente “condizionati” dalla politica. Ecco che non c’è provvedimento che tenga, come ad esempio il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che, a bene valutare, per la Sanità offre ben poco: evidentemente la pandemia non ha insegnato molto ai politici-gestori i quali, a mio avviso, farebbero meglio dedicare più tempo allo studio (a tavolino, pardon, scrivania) su come risolvere i problemi della Sanità in primis, piuttosto che perdere tempo nell’andare in giro e soprattutto a dispensare affermazioni che hanno ben poco di consistenza. E tutto questo dopo aver vissuto esperienze accanto a coloro che chiedono quanto di diritto che, purtroppo, non sanno rivendicare come dovrebbero il rispetto delle leggi.