Storie di cani per i cani: Axel, il cane che mangiava le mele

 

 

 

 

Sul pavimento di legno del suo ampio ricovero, lo splendido pastore tedesco giace spossato e sofferente. A malapena gira gli occhi verso la voce che lo teneramente lo incoraggia. E rimane a terra col muso tra le zampe. Impotente. Ormai da ieri. Non sono i suoi dodici anni ad inchiodarlo lì! C’è dell’altro! È gravemente ammalato. La sua reale condizione fisica è nota, in famiglia, solo al suo diretto padrone e curatore. La voce che ora lo chiama e lo sollecita perplessa e preoccupata, lo ignora. Nell’arco della giornata ha lambito appena, faticosamente e distrattamente, dalla sua ciotola d’acqua sorretta sotto il muso. Ed è tornato alla sua assente sofferenza. È una presenza atterrata. La sua assenza, prepotentemente, pesa. Si avverte come un macigno. Al di là della rete prospiciente l’orto o all’ingresso del garage, lui non è più lì ad accogliere i membri della famiglia e a girare loro intorno gioiosamente e rumorosamente. Questa sera non è dato osservare la sua espressione indagatrice di cucciolone intrigante, la testa ruotata da un lato, lo sguardo interrogativamente fermo ed attento tra due buffe ali di orecchie sbilanciate, perché la destra è mozzata a metà. Un particolare che suscitava in me una divertita tenerezza. Lo chiamavo scherzosamente “recchia mozza”. È sparita la vibrazione gioiosa dell’incontro serale. Questa sera il rientro della famiglia avviene in una densa e pacata perplessità. Quando sono andati in allevamento a cercare un cane, lui era poco discosto dalla cucciolata e dalla madre. Senza esitazione, esibendo fieramente il suo segno distintivo all’orecchio, si è fatto incontro ai potenziali padroni. Li ha scelti. E due mani giovani ed entusiaste lo hanno accolto, coccolato, accettato, amato, portato a casa. Ora è lì. È pronto all’epilogo di una scelta fatta anni fa. Nella casa che gli si è aperta. Fra le persone che quotidianamente ha frequentato ed atteso. Questa sera nessuno ha motivo di dire: “Axel stai buono! Buono Axel! Un attimo Axel!” E nascosta da qualche parte c’è una mela pronta per lui. Invano. Già! Axel mangia le mele. Ci gioca. E le mangia. Non stasera. C’è luna piena, stasera. Al morbido chiarore, le cose, le attività sembrano attraversate da una pacatezza sospesa ed indefinita. Tutte sembra avvolto e protetto da un intimo, malinconico, sereno incanto. Un clima di quiete. E di attesa. Qualcosa sta avvenendo. Se ne avverte la grave irrevocabilità. Ed ecco, qualcuno arriva. Apre il cancello. Sale di corsa le scale. Axel solleva la testa con penoso sforzo e l’abbandona fra le mani aperte del suo padrone.Ora può morire. In ginocchio, la fronte sulla fronte del suo cane, un giovane lascia piangere il bambino che è in lui. A lungo. Poi si alza da terra. Con ferma tenerezza, prende il suo cane fra le braccia e lo porta via. Ora il chiarore lunare è denso di pietà. E di stupore. Storie di cani e di uomini. Storie di esistenze che hanno saporosamente imparato il linguaggio della complicità. Il linguaggio della vita. L’intima traccia dell’amara bellezza della vita.

Emanuela Verderosa

  

 

 
 

 

 

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