Società schizofrenica: ricchezza e miseria, velone e suicidi…ma dove stiamo andando?
Ieri il nostro direttore vi ha provocatoriamente presentato due notizie di agenzia distanti tra loro anni luce: il suicidio di un dottorando che non ha retto alla triste prospettiva di un futuro senza sbocchi lavorativi e la proclamazione della vincitrice del programma televisivo Velone.
Basta proprio poco per prender coscienza del fatto che quella in cui viviamo è una società schizofrenica in cui da una parte sta il mondo dorato delle veline, dei reality show e, in generale, di chi si arricchisce senza fatica, mentre dall’altra sta il mondo reale, fatto di persone che si spaccano la schiena per tirare a campare, di lavoratori non più giovani che da un giorno all’altro perdono il lavoro, di giovani che versano contributi previdenziali sempre più alti per una pensione di cui tanto non beneficeranno mai, di ragazzi che studiano per anni con grandi sacrifici per poi ritrovarsi disoccupati o, nella migliore delle ipotesi, sfruttati da “pezzi grossi” che si arricchiscono con il lavoro altrui.
Allora, davanti all’aridità del mercato del lavoro di oggi, viene da chiedersi se quelli che sognano una vita dove si fanno soldi a palate senza faticare, senza saper far nulla, solo perché si è belli o anche solo telegenici, sono sempre più numerosi perché i valori tradizionali non fanno più presa o se le motivazioni sono anche altre, diverse da questioni morali.
Se ci guardiamo intorno, non è più solo il mondo dello spettacolo e dintorni a fare gola: anche il contagio della febbre del gioco e delle scommesse cresce esponenzialmente. Ovunque sbucano locali per scommesse, il poker fa sempre più proseliti (e non solo perché è di moda), nei tabacchini si fa la fila per i vari Superenalotto, Turista per sempre e gratta&vinci di ogni specie …
Ma davvero questo accade perché ci siamo tutti impigriti, perché i media ci hanno corrotto? Forse accade anche perché la realtà di tutti i giorni ci mostra sempre più spesso che i sacrifici non vengono premiati e che chi conosce le scorciatoie ottiene sempre di più di chi percorre le strade in salita.
Così siamo portati a credere che a questa situazione si possa reagire solo in quei due modi che oggi vi abbiamo presentato: tentare la strada del successo facile oppure arrendersi, ponendo tragicamente fine alla propria esistenza o dandosi alla delinquenza.
La prima soluzione, però, si basa sulla convinzione sbagliata che ricchezza sia sinonimo di serenità, di realizzazione: anche se è vero che i soldi, pur non cambiando la vita, aiutano molto, di certo non bastano a risolvere tutti i problemi e non necessariamente fanno sentire “piena” la propria esistenza.
Quanto alla seconda soluzione, dobbiamo comunque preferirle una terza via, che è quella di non gettare la spugna anche quando non si riesce ad intravedere più un briciolo di luce: occorre continuare a lottare per difendere i propri diritti e per riavere una società in cui il sacrificio sia un valore e in cui ad esso corrisponda un premio finale, in cui si possa realizzare il sogno di fare un lavoro onesto e ben retribuito, in cui si possa andare a dormire soddisfatti perché si è raggiunto un obiettivo importante con le proprie capacità.
Marcella Onnis