OSSERVAZIONI OBIETTIVE E INCONFUTABILI

Rivestire un ruolo di rilievo, sia in ambito pubblico che privato, richiede doti di comportamento dal tratto più etico e meno esibizionistico. In altri casi si ravvisa la necessità di più trasparenza nei confronti del cittadino.

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Sovente mi chiedo: come ci si può sentire quando si riveste una carica pubblica ai massimi vertici, o più semplicemente, quando si assume un incarico dirigenziale pubblico e/o privato di estrema responsabilità? Ho notato, ma in pratica forse tutti, che questi personaggi rappresentanti una carica importante, in particolare ministri, segretari, sottosegretari e persino i mai tramontati portaborse, di fronte alle telecamere e al pubblico appaiono solitamente sorridenti e taluni, per camuffare l’imbarazzo o la finta modestia, cercano di astenersi a questa visibilità, altri invece ostentano nel mostrarsi. Ma perché queste osservazioni? Io credo che non si tratti di atteggiamenti volti a sdrammatizzare gli enormi problemi del Paese da affrontare ognuno per il proprio specifico ruolo, ma piuttosto di una reazione di “onnipotenza” e quindi di distinzione, come se si dovesse riconoscere loro una certa importanza (e responsabilità?) equivalente a “salvatori di anime”, ossia noi italiani. La mia non vuole essere una mera analisi sociologica che lascerei a chi ne avrebbe il titolo (ammesso che se ne voglia fare carico), ma l’osservare determinati comportamenti che poi non lasciano intravedere nulla (o poco) di concreto per il bene comune. Sono sempre più convinto che fare le pulci a questi signori dell’Olimpo di piazza, anche attraverso osservazioni banali come la mimica o prestandosi ai selfie, chi ha un certo acume ne rileva i tratti più consoni alla loro reale personalità dell’effimero… E dicasi altrettanto quando prendono parola di fronte ad un uditorio istituzionale o della piazza del paese che, il più delle volte, sono inconcludenti se non anche fuorvianti… Tutti questi atteggiamenti, inoltre, sono caratterizzati dalla loro posizione socio-economica attuale e proiettata nel futuro, una sicurezza che li rende più spavaldi e più sicuri di sé. Ed è così che si perpetua quel dualismo tra cittadini che equivale a patrizi e plebei. Questa è la mia visione (di sempre) sulla realtà che nessuno mi ha indotto ad avere, pur essendo io un credente, un osservatore “socratico” delle leggi, ed un esigente dei diritti costituzionali con facoltà di disquisire in caso di incomprensione, e con l’altrettanta facoltà di rigettare tutto ciò che non è normato in quanto opinabile e quindi non osservabile. Un piccolo esempio? Dove sta scritto che alla visita fiscale per l’invalidità civile o per quella relativa ad un infortunio, l’interessato non possa essere accompagnato da una persona di sua fiducia restando contemporaneamente presente in quell’ambulatorio o in quell’ufficio? A questo proposito anni fa mi fu chiesto di accompagnare un parente ad una visita di controllo negli uffici dell’Inail in una certa città, per chiusura del suo periodo di infortunio. All’ingresso mi fu detto che io non potevo entrare in quanto ciò costituiva una “consuetudine”, prontamente risposi che la consuetudine non è una norma o una legge e perciò mi sono avvalso del diritto di presenziare a tale controllo (con il parere-richiesta dell’interessato); ovviamente non fui respinto ma percepii nel mio interlocutore un acceso disappunto, proprio perché nessuna norma o legge, appunto, gli dava l’autorevolezza di non accogliere un accompagnatore. Un simile atteggiamento è purtroppo molto ricorrente e permane non solo per l’arroganza del potere, ma anche perché il cittadino-utente il più delle volte è remissivo. Un altro aspetto del comportamento di questi soloni della P.A. (a parte l’ambito sanitario) consiste nel fatto che di essi non si conosce quasi il nome anagrafico, mentre loro conoscono tutti gli estremi anagrafici del cittadino comune a cui si rivolgono. Ora c’è da evidenziare un notevole paradosso: la trasparenza che si scontra con la privacy, il cui confine è assai labile perché non lo si vuole superare. E se questo non è “strapotere” che cos’è? Da tutto ciò ne deduco che gran parte della popolazione italiana (indipendentemente dal grado di cultura e di istruzione) è paragonabile alla plebe di un tempo assai remoto, e ciò è anacronistico giacché i tempi si sono evoluti ma la cultura del cittadino medio è rimasta indietro… pur vantando diritti come la conquista di alcune Leggi. Ma una ulteriore assurdità è data dal fatto che chi subisce non è incline a farsi “indottrinare” saggiamente e quindi aiutare, mentre la maggior parte pende dalle labbra di quei lor signori (politici e non) sorridenti e spavaldi, e quindi fieri di ricoprire un ruolo sociale di particolare rilievo che, per certi versi, mi ricorda una sequenza de’ “Gli intoccabili”. Ma un conto è una finzione filmica, un’altra la realtà del quotidiano. Ebbene, con tutto ciò ho voluto evidenziare che, nonostante gli avvicendamenti politico-gestionali e comportamentali di chi riveste un ruolo (soprattutto) pubblico, potrebbe meritare una più obiettiva considerazione se cominciasse a “familiarizzare” con quelle semplici doti che si chiamano modestia e umiltà… e trasparenza. Quindi meno gratuita ostentazione.

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