L’OCCASIONE MANCATA E I NODI IRRISOLTI

Di Marcella Onnis

L’’aggressione al Premier è un episodio senza dubbio grave per l’’Italia, per varie ragioni. Citarle tutte non è necessario né utile poiché l’’argomento è già stato sviscerato. Ci sono, tuttavia, alcuni aspetti su cui due parole in più non saranno mai di troppo.

Il primo riguarda la nostra presbiopia: ormai siamo così concentrati sui pericoli derivanti da forze esterne al nostro Paese (il terrorismo islamico, l’’immigrazione clandestina, il commercio illegale organizzato dai cinesi, l’’Aviaria, l’’Influenza suina…) che tendiamo a sottovalutare la portata dei problemi ed i pericoli nostrani, preoccupandoci solo relativamente di indagarne le cause e di arginarli.

Una seconda considerazione va fatta sull’’ennesima occasione mancata dalla nostra classe dirigente per reagire in modo adeguato ad un momento di crisi sociale prima che politica. A questo gesto inconsulto e violento, la parte danneggiata avrebbe potuto rispondere con buon senso, dichiarando la propria costernazione, ma senza sconfinare in un patetico vittimismo, e facendo mea culpa, anziché scaricare sulla fazione opposta tutta la responsabilità per aver eccessivamente inasprito i toni del dibattito (questo sì, un dato innegabile). Dall’’altra parte, per l’’ennesima volta, son stati scelti i tempi ed i modi sbagliati per dire alcune cose sacrosante. In un momento così delicato, in cui la prudenza è d’’obbligo, ci sarebbe voluto un gesto responsabile della classe politica che non c’’è stato, se non da parte di qualche singolo individuo. Il buon esempio non si può dare con provvedimenti indiscriminatamente repressivi e lesivi di fondamentali libertà democratiche o, peggio, coniando slogan ridicoli che qualificano se stessi come partito dell’’amore e gli altri come partito dell’’odio: queste risposte non fanno altro che esacerbare ulteriormente gli animi ed alimentare i fanatismi, come dimostrano allarmanti scritte quali “Una medaglia per Tartaglia” o blasfemi cartelli tipo “Silvio perdonali perché non sanno quello che fanno”. Siamo tutti consapevoli che nella nostra società qualcosa si è rotto e basta davvero poco per piombare nel caos, ma siamo molto lontani da trovare il giusto modo per reagire alla crisi.

Ultimo, ma altrettanto importante, aspetto da considerare è quello che molti continuano a trascurare, nonostante in questa triste vicenda abbia avuto un ruolo cruciale: il problema del disturbo mentale. Non possiamo, infatti, non tenere conto del fatto che Tartaglia è una persona con uno squilibrio psichico e che, pertanto, come prima cosa, la teoria del complotto potrebbe non reggere affatto. Perché non dobbiamo prendere in considerazione il fatto che oggetto del suo gesto inconsulto avrebbe potuto essere anche un altro personaggio pubblico o un semplice privato cittadino, così come frequentemente accade in vicende che non fanno audience ma non per questo dobbiamo considerare meno allarmanti? Episodi come questi dimostrano che il problema della cura, della sicurezza e del recupero dei malati mentali è un nodo irrisolto. Troppo spesso queste persone, vuoi per negligenza vuoi per incompetenza o altre carenze, sono lasciate in balia di se stesse o, nella migliore ipotesi, delle loro famiglie, che chiaramente non possono da sole farsi carico di situazioni così delicate. Nessuno vuole che questi malati vengano rinchiusi in strutture repressive che li sottopongano a trattamenti impersonali e disumani, ma è tempo che lo Stato si faccia concretamente carico anche di questi casi, assicurando loro cure adeguate, trattamenti personalizzati e, quando possibile, un percorso di vero recupero sociale di modo che non rappresentino più un pericolo né per se stessi né per gli altri.

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