“Lo sconosciuto” di Elena Cerutti, medico al suo felice esordio letterario
Quando passione e comprensione talvolta rendono accettabile un’esistenza ai limiti dell’inverosimile, per poi tramutarsi in una realtà più “umana” e condivisa. È quanto insegna questa coinvolgente e drammatica storia di una donna medico al centro di un profondo e contrastato rapporto d’amore.
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Se non c’é stagione per leggere un saggio, una silloge di poesie, o più semplicemente un romanzo, non c’è nemmeno una data per dare alle stampe una autobiografia “romanzata” di tutto rispetto per i “forti e coraggiosi” contenuti di un vissuto reale, e per certi versi surreale, come quella scritta dalla piemontese Elena Cerutti (nella foto), medico, scrittrice e socia dell’Associazione Medici Scrittori Italiani. La copiosa opera “Lo sconosciuto” (pagg. 302, € 16,50, Golem Edizioni, 2014) sembra quasi un thriller i cui protagonisti assumono ciascuno un ruolo importante in una lunga e “penosa” vicenda famigliare, via via sempre più drammatica e ai limiti della sopportazione umana. In questo contesto la fanno da padrone lo sconfinato e quasi “irresponsabile” amore della donna per il suo uomo a cui dedica tutta se stessa, un amore senza confini, imposto e al tempo stesso contrapposto da quello di lui (perenne mentitore e nullafacente) che, ripetutamente altalenante, insicuro e traditore mette a dura prova la stabilità psicologica e fisica di quella che ha voluto come moglie, con la pretesa “irresponsabile” di avere due figli. Questi ultimi, a loro volta inconsapevoli protagonisti, vere e proprie vittime innocenti di un progetto famigliare basato sulla più totale instabilità. La dolce e appassionata moglie e madre devota che nel romanzo assume il nome di Stella, è medico e affermata professionista che non si risparmia in tutti i suoi ruoli, ma spesso ammaliata e (a suo modo) amata dal suo Giovanni che da adulatore e conquistatore impenitente riesce costantemente a dominarla con il suo forte carisma, tanto da farle respingere i saggi suggerimenti e consigli dei propri famigliari, ovvero la madre Maria, la sorella Cristina e la nonna Onorina che sin dall’inizio non vedevano bene questa loro unione.
Molte le vicende e i colpi di scena che caratterizzano e dominano questo palcoscenico in un susseguirsi di abbandono e riprese, un tergiversare ai limiti della razionalità in cui l’animo umano degli uni e degli altri si sovrappongono tanto da richiamare quel concetto di “amore-odio”, quasi sempre presente in quelle realtà familiari e non in cui lo stalking rappresenta l’arma micidiale capace di destabilizzare l’animo più mite e nobile come quello di Stella. Una Stella di nome e di fatto, a mio avviso, per la sua determinazione nel voler comprendere (e in parte giustificare) la personalità del suo uomo, anche quando i suoi atteggiamenti di despota hanno reso sempre più instabile la loro convivenza sino a condizionare la fragile psiche dei propri figli. Il lungo e meticoloso racconto dell’autrice è frutto di una esperienza che per certi versi richiama volentieri alla memoria l’amore di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, ma al tempo stesso l’esistenza distruttrice del “padre-padrone”, due aspetti nettamente in antitesi il cui l’epilogo renderà Stella più cosciente e consapevole di aver condiviso parte della sua vita con uno… sconosciuto. Una fragilità, la sua, che tuttavia l’ha resa più matura e consapevole del valore della razionalità, dando il meglio di sé come madre e come medico, senza per questo allontanarsi da quel bisogno d’amore (da dare e ricevere) completato da una personalità intelligente ed estroversa dalla vivida onestà intellettuale e, dato il successo di questo suo esordio letterario che peraltro ha fatto presa su una certa schiera di pubblico (anche non sentimentale), non le mancano gli spunti e la fantasia per continuare il percorso letterario che al tempo stesso ben si accompagna con la sua attività di medico internista, ogni giorno sempre più vicina ai suoi pazienti e a quanti le vogliono bene.
Raccontare è paragonabile al “raccontarsi”. Ogni individuo nel porsi in relazione con l’altro ed in particolare attraverso le verbalizzazioni in tutte le sue forme si rende attore partecipe, differenziandosi a seconda della posizione: se autore, nei sui scritti porta parte di sè, se lettore, dagli scritti legge parti di sè. L’elemento che accomuna è l’empatia di sè e dell’altro. Avere una conoscenza di sè “consapevole, concreta e coerente” consente di viversi e condividere senso e significatività. Mi par di capire che in questo scritto, l’autrice sia riuscita in modo consapevole a raccontare la propria storia di vita orientandosi al coinvolgendo emotivo del lettore e, in particolare, a passargli il messaggio che “l’apprendimento nel contesto nel corso della quotidianità è la vera conoscenza di sè e dell’altro”.
Pietro Tranchitella