LE DIFFERENZE ECONOMICHE TRA POLITICI E GENTE COMUNE

Il “misterioso” dilemma nello stabilire con quale criterio sono determinati gli stipendi dei lavoratori pubblici e soprattutto il vitalizio dei parlamentari.

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Chi piange e chi ride, e non solo dal punto di vista della salute (covid e non covid), ma anche da quello della in-sicurezza economica. Mettere in discussione le differenze tra abbienti e non abbienti non è certo una novità, ma quando leggiamo che i nostri parlamentari dichiarano  (per quanto doveroso) spudoratamente un reddito ragguardevole, viene da farci qualche domanda corredata da ulteriori dubbi… come quello relativo alle motivazioni per inseguire la carriera politica e, puù insistentemente, per occupare posti di potere. Ma in particolare, ci siamo mai chiesti su quali basi e con quale criterio viene stabilito il loro compenso per la carica che ricoprono e conseguente vitalizio a fine mandato? Come pure ci siamo mai chiesti con quale criterio viene stabilito, ad esempio, lo stipendio di un dipendente delle Forze dell’Ordine o dei Vigili del Fuoco che, detto per inciso, rischiano la vita tutti i giorni per tutelare la nostra incolumità? Apparentemente questi quesiti sembrano essere di secondaria importanza, se non retorici, rispetto alla situazione che stiamo vivendo, ma in realtà non è così perché determinare il compenso (stipendio o paga come la si vuole intendere), richiama per “diretto rapporto” il valore della funzione che la persona svolge, con annesse eventuali responsabilità sia nei confronti dell’esercizio stesso che in quello della popolazione. Ovviamente, non è anacronistico tirare in ballo cifre, e quindi il denaro, ogni volta che al centro c’è sempre la persona, ma ciò è inevitabile da quando esiste l’umanità che, per vivere (e in molti casi sopravvivere), ha bisogno di realizzare la merce o la moneta come scambio, e proprio da qui affiorano le differenze tra l’esercizio di un mestiere e un altro. E dove sta scritto che un parlamentare ha più responsabilità rispetto a chi fa un lavoro usurante (e magari anche pericoloso) tanto da incassare ogni anno introiti da decine se non centinaia di migliaia di euro? Il ricco o comunque il benestante è sempre esistito, ancorché erede di determinate fortune economiche e/o posizioni sociali e professionali (i cosiddetti “figli di papà”), ma chi nasce dal nulla e cresce con sacrifici per farsi una posizione non è detto che ottenga un adeguato riconoscimento economico. Ed ecco che qui le distanze tra gli uni e gli altri si allungano sempre di più, creando non solo malcontenti ma talvolta anche invidie (in parte giustificate) e inevitabili diffidenze; inoltre subentra e si estende l’egoismo, come dire che la pancia piena non pensa a quella vuota. Poi bisogna considerare anche le differenze spesso notevoli delle pensioni (per i politici i cosiddetti vitalizi) che, è pur vero che sono rapportate agli stipendi percepiti e ai contributi versati, ma è altrettanto vero che il problema finale non cambia in fatto di disparità di condizioni di vita.

Per quanto riguarda il tutelare la propria salute la questione dei rispettivi introiti stipendiali o pensionistici, spesso ha un peso altrettanto determinante tant’è che chi ha guadagnato e guadagna bene può permettersi di essere curato dalla sanità privata spesso in tempi brevi, e chi ha un introito molto più modesto deve “accontentarsi” della sanità pubblica (o privata convenzionata) liste di attesa permettendo che, per quanto garantista per molte prestazioni, presenta determinate lacune e carenze che possono compromettere il decorso di un sintomo o di una malattia in atto… se non anche cronica. Quindi, meglio il baratto di un tempo o il denaro di oggi? In buona sostanza poco cambia, ma da come vanno le cose il “veicolo denaro” (reale o virtuale) è un mezzo incontrovertibile e spesso direttamente responsabile del destino degli uomini. Del resto, vale sempre il detto dei francesi: «L’argent fait la guerre» e, come ben si sa, i conflitti bellici sono solitamente causati da fame e divergenze politiche e religiose. Pertanto, quelli che sono soliti pontificare dall’alto gestendo la politica, si provino a rovesciare le proprie tasche e a rivedere il proprio conto in banca, azioni che implicano un esame di coscienza e mettere a confronto i sostantivi “altruismo ed egoismo” e, prima di coricarsi, fare quel segno della croce (scarica coscienza) che tutti conosciamo ringraziando il Padre Eterno di aver introitato con tranquillità, a dispetto di coloro che oggi per noi hanno rischiato la vita nell’esercizio delle loro funzioni… con uno stipendio quasi sempre insufficiente per arrivare a fine mese. Le agiatezze dei ricchi non politici è un capitolo a parte ma, volendole considerare parimenti, per questi soggetti un semplice segno della croce forse non basterebbe…! Il problema relativo a queste divergenze con ogni probabilità non si risolverà mai, ma il fatto di averlo messo in evidenza, credo e spero possa aver contribuito a risvegliare qualche coscienza, quella dei politici (benestanti) in particolare.

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