L’affascinante mondo del restauro: ricordi di un viaggio nelle botteghe piemontesi
È nata nel 1984 a Torino, e dopo oltre un ventennio di onorata “esistenza” si è estinta quasi in silenzio, senza clamori… onori o lodi. Si tratta dell’Associazione Piemontese Restauratori d’Arte (A.P.R.A.). Grazie al contributo e l’interesse culturale del Rotary Club, del Lion Club e di altri Enti privati negli anni ’80 è stato fatto un censimento tra i restauratori d’arte, in seguito al quale è stato pubblicato il libro “Le botteghe del restauro” che ha permesso la costituzione dell’Apra. Vi facevano parte una cinquantina di soci, tutti restauratori professionisti nelle più svariate discipline artistiche e culturali. La difesa e la conservazione del patrimonio artistico e l’evitare la chiusura di molte botteghe artigianali di restauro, erano tra i principali scopi dell’associazione. «Ma perché ciò avvenga – affermava allora il primo presidente, Ferdinando Viglieno, affermato pittore paesaggista e restauratori di quadri – è importante rivalutare il restauratore d’arte appartenente a qualunque disciplina”. Poiché il restauratore artigiano è un puro individualista, la sua professionalità è garanzia del prodotto trattato, restituendone valore e integrità e ciò che più importa, può tramandare e conservare nel tempo il valore culturale di ogni opera d’arte creata dall’uomo. Ora, i miei ricordi di questa realtà sono lontani ma non “sbiaditi” tanto che, sia pur sommariamente, ho il piacere di rievocare alcune tappe nelle botteghe dei più importanti artigiani del Piemonte.
Tra queste la mia prima visita è stata nella bottega di Armando Vocaturi (oggi in pensione, e che ha tramandato il mestiere al figlio Enrico), uno dei più qualificati restauratori del ferro battuto e dei metalli come argento, rame, bronzo, atimonio, ottone, etc.; una disciplina che consiste soprattutto nella individuazione e ricerca delle parti mancanti del pezzo da restaurare, in base alle quali è possibile ricostruirne fedelmente l’integrità, mantenendo così il valore artistico con la garanzia di una seconda opera d’arte. Il fascino del mobile antico come preziosa opera d’arte riguarda la disciplina di Antonio Clemente, la cui pluriventannale esperienza mi ha riportato alla riscoperta ed alla conoscenza di valori artistici che, riferiti ai mobili d’epoca, sono in parte “sepolti” e non di rado, considerati perduti a causa della trascuratezza, mancanza di cultura e soprattutto scarso interesse del privato e delle Autorità per questa professione.
Nei lavori di Angelo Asèro ho potuto constatare che nella sua bottega “rivive” il fascino orientale del legno antico, i cui beni sono motivo di recupero parziale o totale e rispecchiano prevalentemente epoche tra l’ XI e il XVIII secolo come cornici, sedie, pannelli decorativi e porte di appartamento, e oggetti più minuti come statuine di Buddha ed altre sculture cinesi la cui arte decorativa richiede maestria, dedizione e pazienza, caratteristiche che in questo artigiano le ho riscontrate ammirando i suoi capolavori. La laccatura e doratura del mobile antico, come momenti di arte sublime e raffinata, è quanto mi ha colpito entrando nella bottega di Vincenzo D’Antonio, dove si respira quell’aria di storico e di antico, vero “ossigeno” di una cultura originata dalla perfetta conoscenza di procedimenti tanto laboriosi quanto delicati. Civiltà, progresso e altrettanto fascino è quanto mi hanno attratto i lavori di Massimo Meli, restauratore di ceramiche e porcellane soprattutto antiche. Al di là della interessante descrizione dei vari procedimenti, il fascino di quest’arte si fa più intenso e luminoso nell’osservare la casistica dei pezzi soggetti a trattamento: vasi cinesi, statuine in porcellana, paralumi, teiere, piatti da tavola e da muro, vassoi di vario genere ed altri ancora, le cui raffigurazioni decorative spiccano per la perfetta realizzazione policroma.
L’arte di riportare a lettura le attrattive di un libro antico è l’abilità che ho riscontrato in Edda Roagna, restauratrice di libri e stampe antiche; arte questa, che è tanto antica quanto l’amore per il libro. Diversi e delicati i procedimenti di questa disciplina, ma è importante rilevare che il restauro del libro antico richiede non solo il rispetto dello stile e della fattura corrispondenti all’epoca in cui è stato scritto o stampato, ma include anche la conoscenza della varietà del cuoio e dei segreti dell’antica tecnica che sono intuibili dall’esame delle vecchie legature, nonché di una certa dose si esperienza. Le vetrate artistiche rinascono nel loro affascinante splendore, una affermazione che per molti anni ha fatto onore alla maestria di Marino Baquetto, restauratore raffinato di rinomata esperienza che, con la sua produzione, ha contribuito al mantenimento di un patrimonio dall’immenso valore artistico, tant’è che questa professione non solo è da tramandare ma va considerata ed appresa con lo stesso spirito storico-culturale degli antichi maestri che, attraverso le loro creazioni figurative su policrome vetrate, ci hanno trasmesso i più bei messaggi ricchi di storia e civiltà.
Proseguendo questo viaggio, sempre più animato da curiosità e coinvolgimento, ho varcato la soglia della bottega dei fratelli Carlo e Giovanni Barra, costruttori e riparatori di tastiere per clavicembali ed organi liturgici e restauratori di pianoforti d’epoca. «Anche se queste mestiere (che hanno ereditato dal padre) consiste per la maggior parte nella costruzione di tastiere e relative riparazioni – è quanto mi hanno spiegato – restaurare un pianoforte d’epoca costituisce per noi il miglior appagamento poiché attraverso la nostra opera, si possono riprodurre quei primitivi suoni che fanno del pianoforte il principe degli strumenti». Nella bottega di Oreste Agrò rivivono le origini del tappeto, restauratore di tappeti antichi e moderni, e secondo presidente dell’Apra. Figlio d’arte, questo artigiano in ogni suo intervento di ripristino ha “denunciato” il fatto che sia la perfetta esecuzione restauratrice che i motivi istoriati dei tappeti, sono connotati da un attento e preciso realismo e simbologie fantastiche d’altri tempi che, la moderna civiltà consumistica, sta poco per volta cancellando a discapito del rispetto di una tradizione e di un patrimonio che non hanno eguali.
Per non perdere le antiche arti dei restauratori e per la difesa del patrimonio artistico piemontese, nel corso degli anni l’Apra ha organizzato, in accordo con le Circoscrizioni di Quartiere, numerosi corsi restauro in varie discipline; in seguito ha contribuito alla istituzione di una Scuola per Artigiani Restauratori formando in alcuni anni nuovi giovani professionisti nelle discipline più importanti. Purtroppo, per varie vicissitudini la bellissima realtà dell’Apra ha subito un lento declino, una sorta di naufragio che non è stato possibile evitare anche per una serie di ragioni che, in parte, andrebbero ricercate al di fuori dell’associazione stessa. Dal 1994 la Scuola è gestita dal SERMIG (Servizio Missionario Giovanile) con lo scopo di allestire laboratori funzionali all’attività didattica ed ai lavori di restauro, nonché di incentivare lo studio, lo sviluppo, la promozione dell’occupazione giovanile e delle attività sociali e solidaristiche in genere.
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico e già presidente onorario dell’Apra)
Nella foto, Armando Vocaturi nella sua bottega del ferro battuto
Leggere questo articolo istruttivo, mi ha fatto viaggiare con la mente, ritornare nei luoghi del passato. Toccare con mano tutto ciò che di bello c’era, ed immaginare gli artigiani “ARTISTI” creare l’opera d’arte!!!!