La giornata della memoria include anche un pezzo di storia di don Carlo Gnocchi
Emblematica la sua esperienza sul fronte russo, per poi dare vita ad una
grandiosa opera per la cura e l’assistenza ai mutilatini e ai poliomelitici
di Ernesto Bodini (giornalista ed ex allievo)
Per la Giornata della Memoria credo sia doveroso, da parte mia, ricordare anche il sacrificio di don Carlo Gnocchi (arruolatosi volontario) e dei suoi alpini in Russia. Tra l’immane fonte bibliografica e una ricchissima rassegna stampa, vi è anche il bimestrale “Oggi” del febbraio 2016 (Editore RCS MediaGroup), un numero “speciale” per la collana Nomi di Oggi, con il titolo Don Gnocchi, l’imprenditore della misericordia. Oltre 120 pagine sulla storia e l’eredità miracolosa di un gigante della carità. Numerosi i capitoli a cominciare dal suo messaggio che la carità non divide, e la lezione di vita per tutta l’Italia come “monito” di monsignor Angelo Bazzari (terzo successore alla presidenza della Fondazione Pro Juventute, e oggi pass preseident), invitando il lettore a vivere il presente con passione, ossia a prendere atto che l’opera di Don Carlo, dall’assistenza ai mutilatini e ai poliomielitici, oggi è una grande onlus nel campo della cura e riabilitazione di molti disabili affetti da patologie croniche e invalidanti. Al suo attivo la Fondazione conta 5.500 operatori tra personale dipendente e collaboratori professionisti, 2 sono i Centri di Ricovero e Cura a carattere scientifico, 28 i Centri in Italia, 30 gli ambulatori di riabilitazione, 8 le residenze per anziani non autosufficienti, 3 gli hospice per malati oncologici terminali, e 10 mila le persone assistite (sino a quattro anni fa), con 3.696 posti letto. Un’opera viva che ha ridato dignità a chi soffre. Scorrendo le pagine sono ripercorse le molteplici tappe della vita di don Gnocchi, nato nella bassa milanese nel 1902, e divenuto sacerdote e tenente cappellano in quell’arco di tempo che lo ha visto anche sul fronte dell’ultima battaglia degli alpini in Russia, compresi l’inferno di Nikolajevka e la storica e sofferta ritirata del 26 gennaio 1943. Rivolgendosi a suoi giovani commilitoni ebbe a dire: «Questi hanno la stoffa dell’eroe. Anch’io ho dormito con loro e come loro sulla roccia». Altre pagine lo vedono miracolosamente rientrato in patria e dedicarsi al recupero fisico e spirituale dei mutilatini, prima, e dei poliomelitici, poi che per confortarli perché martoriati dalle consguenze della guerra disse loro: «Dio non manda mai una croce senza unirvi la grazia per sopportarla». Ed è così che ha avuto inizio la sua grande opera di bontà puntando essenzialmente sulla riabilitazione, con la certezza che questa teologia del dolore innocente era l’anima del suo progetto. L’estensione del suo progetto tanto spirituale quanto umanitario lo fece imprenditore della carità, accogliendo nei primi anni ben tremila mutilatini. Gli anni trascorrono velocemente e, 54enne, rese l’anima a Dio lasciando in eredità le sue cornee a due suoi piccoli ospiti ciechi: Amabile Battistello e Silvio Colagrande; un gesto di grande generosità con il quale contribuì ad aprire in Italia la strada per la donazione degli organi. Non meno toccanti le pagine dell’addio a questo profeta della carità che, nel 2009, è stato elevato alla gloria degli altari in quanto riconosciuto Beato dall’arcivescovo cardinale Dionigi Tettamanzi, mettendo in luce il desiderio di don Carlo di vivere un cristianesimo attivo, ottimista, concreto, «che guarda al mondo non più come un nemico da abbattere o da fuggire ma come a un figlio prodigo da conquistare e redimere con l’amore». La conquista di questo altare porta il nome di Sperandio Aldeni, miracolato da don Carlo perché lui invocato in seguito ad un gravissimo infortunio sul lavoro subito nel 1979.
Oggi don Carlo Gnocchi è sulla strada della Santità, e vede la sua Fondazione presente con molti Centri specialistici in tutta Italia e anche all’estero; modernissime frontiere della Medicina per la diagnosi e il trattamento di molti handicap. Tre pagine di questo periodico sono infine dedicate ad un intervista a Silvio Colagrande (oggi 76enne) nelle quali, tra l’altro, afferma: «Don Carlo ha lasciato in eredità un prezioso patrimonio di spiritualità, umanità e carità; un esempio eroico dove parole, pensiero e azione sono una cosa sola. La sua Opera era la concretizzazione della sua visione della persona come realtà divina e umana. Vedeva negli occhi dei suoi bambini il Cielo…». Una affermazione che richiama il titolo della pubblicazione “Lembi di cielo” (Boffi Edizioni) a cura dello stesso Colagrande. Cento pagine di riflessioni in cui emerge la certezza che, senza la generosità di don Carlo, Colagrande non potrebbe vedere i suoi lembi di cielo; ovvero quell’azzurro terso che sovrasta il mondo e vuole illuminare le menti umane, ancora oggi troppo coinvolte in guerre fratricide… e sempre più lontane dalla pace.