ITALIA ALLO SPECCHIO, OGGI: ALLA RINCORSA DI UN CIVISMO DALL’ORIZZONTE SEMPRE PIÙ LONTANO

di Ernesto Bodini (giornalista ed opinionista)

 

 


Naufragi, aggressioni per ragioni etniche (e anche misogine), politici (e loro famigliari) coinvolti in scandali, maltrattamenti agli ospiti degli asili nido e nelle case di riposo, disabili emarginati, criminalità sempre più estesa, evasioni fiscali, corruzioni, omicidi stradali e non, disoccupazione, precariato, dilagante povertà, etc. L’elenco sarebbe interminabile, e una delle poche note positive (si fa per dire) è che le Forze dell’Ordine non conosceranno mai la crisi occupazionale; anzi, alla stregua di questi eventi ci sarebbe la necessità di aumentare l’organico. Gran parte di questa escalation sembra essere inarrestabile, e mi ostino a ribadirlo anche se non sono un giurista, che nel nostro Paese in fatto di giustizia non vi è certezza e rispetto della pena detentiva, come pure poco si fa per la “riabilitazione” della persona detenuta; mentre nel contempo la capienza delle carceri è sempre più incontenibile…, la cui presenza comprende (ingiustamente, sic!) oltre 20 mila detenuti innocenti, come ci confermano le cronache quasi ogni giorno; mentre la prescrizione dei reati sembra essere il “vero” scandalo della giustizia, oltre al fatto che «i ricorsi contro le sentenze di patteggiamento sono indegni e andrebbero puniti severamente», come ha affermato Piercamillo Davigo, membro togato in rappresentanza del CSM, all’apertura dell’Anno Giudiziario tenutosi a Torino nei giorni scorsi. Problemi che i politici conoscono molte bene (se vogliono prenderne atto), ma a quanto pare il loro modus operandi è identificabile in un continuo accapigliarsi nelle aule del Parlamento, nel criticarsi ed accusarsi l’un l’altro di fronte alle telecamere, rilasciare fiumi di interviste un po’ ovunque (spesso intrise di retorica), per non parlare di quel maledetto vizio narcisistico nel sottoporsi a continui selfie giornalieri… e taluni ad indossare la divisa di associazioni o di istituzioni militari senza averne titolo… l’esibizionismo non è mai un toccasana! Si provi ad immaginare se un presidente della Repubblica si volesse comportare come un Salvini o un Di Maio, ed altri ancora…, forse si griderebbe di più allo scandalo! Ed è così che l’Italia “boccheggia”, stenta sempre più a mantenere la sua identità come l’avrebbero ideata i Padri della Costituente; poveri “illusi” direi, oggi, perché mai avrebbero immaginato che passare da una realtà storica (vessatoria) ad un’altra (democratica e liberale) la vita degli italiani, sia pur nel contesto generazionale, sarebbe stata oggetto di comportamenti di inciviltà, ingiustizia e di illegalità… sempre più dilaganti. Ad onor del vero va anche detto che parte dei nostri connazionali ed altri residenti sono di integerrima rettitudine, ma spesso osteggiata e calpestata da quella schiera di persone immorali che nulla hanno di civismo.

 

 


A questo punto verrebbe da chiederci: che fare? Personalmente non ho alcun titolo per proporre soluzioni tout court, ma come libero cittadino (“ubi libertas ibi patria”) ed opinionista, mi permetto in “punta di pennello” di suggerire che sarebbe inizialmente utile rivedere alcuni articoli dei nostri Codici soprattutto quello di Procedura Penale (la cui riforma risale al 1989, da qualcuno pubblicamente battezzata una “riforma tradita”) e mettere in pratica lo spirito e la filosofia dello storico Cesare Beccaria (1738-1794, nella foto), il quale non solo condannava la pena di morte, ma le pene detentive dovevano (e devono) essere finalizzate sia ad impedire al colpevole di infrangere nuovamente le leggi, sia a distogliere gli altri cittadini dal commettere colpe analoghe. «Inoltre – precisava –, le pene non solo vanno scelte proporzionalmente al delitto commesso ma anche riuscire a lasciare un’impressione indelebile negli uomini, senza però essere eccessivamente tormentose o inutilmente severe per chi le ha violate». Queste considerazioni di Beccaria sono rapportate al decadimento della giustizia dei suoi tempi, un decadimento che purtroppo si sta sempre più perpetuando nel nostro Paese: sono trascorsi oltre due secoli dal contributo della sua illuminata saggezza, ma non si è fatto tesoro nonostante l’emancipazione culturale e solo per certi aspetti anche giurisprudenziale. Esigere il bene della collettività non presuppone necessariamente la conoscenza dei Codici da parte del cittadino comune, ma sicuramente quella del Diritto sia privato che pubblico, oltre ad invocare una maggiore trasparenza che in talune Istituzioni latita a furor di popolo… Il paradosso, prettamente italiano, è che abbiamo una miriade di leggi ma promulgarle e non farle rispettare e come autorizzare le cose che si vogliono proibire. Eppure sappiamo che l’ignoranza della legge non è ammessa, ma una legge ignorante si. Perché? Tutte le persone di buon senno vorrebbero una risposta e in attesa che qualcuno ce la proponga, personalmente mi limito a rammentare quanto sosteneva lo scrittore britannico Aldous Huxley (1894-1963): «Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia, è la lezione più importante che la storia ci insegna». Del resto, aggiungerei, non può esserci democrazia quotidiana senza quotidiano civismo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *