In visita al Centro Traumatologico Ortopedico (C.T.O.) di Torino
Sinergia, coordinamento, professionalità e abnegazione per il trattamento di pazienti “critici” (e non), in situazioni di emergenza-urgenza soprattutto di carattere ortopedico e traumatologico, con circa 45.000 passaggi all’anno ma con un elevato numero di accessi impropri (identificati dal triage in codice bianco) in quanto pazienti con sintomatologia di competenza del medico di famiglia.
di Ernesto Bodini
giornalista scientifico)
La chiamata al “118” e la relativa risposta della Centrale Operativa, i tempi di arrivo in ambulanza o eliambulanza (o con mezzi propri) e l’accoglimento in P.S., per grandi e piccoli traumi, da parte di un team iper-qualificato, sono gli anelli fondamentali di una “catena” assistenziale a garanzia di una tempestiva valutazione delle condizioni, stabilizzazione e trattamento medico e/o chirurgico entro la prima mezz’ora dall’arrivo. Ma altrettanto funzionale sia dal punto di vista razionale che per le specifiche e variegate competenze la procedura del triage infermieristico che, accogliendo il paziente (solitamente accompagnato da una o più persone), ne rileva l’identità anagrafica e la sintomatologia manifestata per poi indirizzarlo nell’area di competenza. È questo il biglietto di visita del Pronto Soccorso (P.S.) per l’Emergenza-Urgenza (diretto dall’anestesista-rianimatore Maurizio Berardino) del C.T.O. della Città della Salute e della Scienza di Torino; una struttura di 16 piani, con 286 posti letto, situata a ridosso della collina. «Il sistema dell’emergenza-urgenza – spiega Alessandra Barale, coordinatrice infermieristica di trentennale esperienza – rappresenta la prima risposta al paziente che ha bisogno di assistenza immediata, nonostante alcuni “deficit” come gli eccessivi accessi inappropriati in P.S. indicati con codice bianco, ossia di competenza del medico di famiglia. È importante rilevare che il nostro P.S. dispone di due aree di trattamento per intensità di cura: area per grandi traumi e area per piccoli traumi. Nel primo caso si tratta di pazienti critici identificati con codice rosso o giallo, nel secondo caso sono pazienti con patologia medio-lieve identificati con codice verde o bianco. La successiva finalità del triage è quella di assegnare ogni paziente allo specialista di competenza, nella maggior parte dei casi l’ortopedico-traumatologo».
All’interno di questa Struttura, oltre alla reception per il triage, il P.S. a bassa intensità di cura è composto da 2 stanze dedicate alla visita dei pazienti di competenza ortopedica, 2 sale gessi, 2 stanze per le visite specialistiche, una sala le visite del chirurgo della mano e la sala gessi; inoltre, vi è una stanza di 4 letti dedicata all’osservazione breve (OBI). L’area di P.S. dedicata all’alta intensità di cura è composta da una sala da 2 posti letto dedicata alla stabilizzazione dei pazienti (shock room), 5 posti letto suddivisi in stanze dedicati all’osservazione intensiva, una stanza per gli incannulamenti delle vene centrali, un box per le suture, una piccola stanza per la scorta dei farmaci, un box per colloquio con i parenti del paziente in trattamento, i servizi igienici e un ampio spazio di front office; mentre una sala a parte è dedicata all’osservazione, per 36-48 ore, di “minori” per sospetta o conclamata ingestione di ovuli contenenti sostanze psicotrope. Infine, a disposizione delle due aree di trattamento, posizionata in un’area “comoda”, è disponibile una radiologia per eseguire la diagnostica tradizionale. «Abbiamo un telefono dedicato per la comunicazione con la Centrale Operativa del “118” – prosegue l’infermiera –, la quale oltre a comunicare con i mezzi di trasporto (elicottero e ambulanza) le condizioni del paziente, informa delle stesse anche il nostro team medico, infermieristico e Oss in attesa di accoglierlo e smistarlo nell’area grandi o piccoli traumi. Ma i pazienti a noi segnalati e con richiesta di intervento possono essere già ricoverati nel nostro ospedale e provenire dai reparti in quanto si sono aggravate le condizioni cliniche; oppure provenire da altri ospedali del territorio per accedere al C.T.O. in quanto di riferimento regionale per l’Ortopedia e la Traumatologia. Il Dea dei grandi traumi comprende una serie di servizi a cui afferiscono pazienti affetti dalle più svariate patologie traumatologiche. Dal punto di vista gestionale i punti critici riguardano soprattutto il momento della accettazione del paziente grave, verso il quale ruotano più figure professionali estremamente coordinate, ma anche il momento (non meno delicato) per l’informazione ai parenti».
Dopo il briefing, come tutte le mattine, che vede riuniti operatori medici e infermieri per la valutazione dei casi ricoverati in P.S. e in attesa di ricovero nei reparti o di eventuale dimissione, anche oggi l’attività è stata frenetica, tant’é che alle 12.37 giunge con l’ambulanza (preceduta dalla telefonata del “118”) un paziente traumatizzato a seguito di un incidente stradale, le cui condizioni particolarmente critiche hanno richiesto l’intervento di più operatori (coordinati dal team leader) che lo hanno stabilizzato e in seguito ricoverato in terapia intensiva. Verso le 13.00 un’altra telefonata preavvertiva l’arrivo (con l’eliambulanza) di un paziente 76enne con una frattura del femore che si è procurato sciando sulle piste di Bardonecchia (To); subito preso in carico dai traumatologi, e con la consulenza di altri specialisti in quanto risultato essere anche cardiopatico. L’ora del pranzo è ormai “superata”, ma il personale sembra essere abituato proprio perché le emergenze-urgenze non hanno tempo… di durata. Attualmente sono “solo” trenta gli infermieri in organico a questo Servizio di P.S., la cui età media è discretamente giovane ma dotati di quella necessaria professionalità che li contraddistingue, sia per la continua formazione loro dedicata che per il buon coordinamento da parte delle figure preposte. La mia presenza si conclude alle 16.30 dopo aver seguito un incontro per i volontari dell’A.V.O., intrattenuti dai medici e dagli infermieri, che prenderanno “servizio” in P.S. quali accompagnatori e a sostegno morale (e materiale) dei pazienti in sede di triage e in sala d’attesa. Di questo ospedale, che oltre alle diverse Specialità comprende un reparto per il ricovero degli ustionati, fa parte l’Unità Spinale Unipolare con 25 posti letto di ricovero ordinario e 8 di day hospital, una struttura esterna collegata da un corridoio.
Due parole con Alessandra Barale
Signora Barale, proprio per la sua trentennale esperienza, che cosa ha comportato adeguarsi alle esigenze di oggi di questo Servizio?
“Una sorta di “azione di violenza” su me stessa, ossia il dover accettare mio malgrado ciò che il sistema impone; certo, lo si accetta per il rispetto delle regole e per adeguarsi anche all’evoluzione della tecnologia che ha la sua significativa importanza e necessità, ma di fatto resta comunque un adeguamento che, per certi versi, è in controtendenza alla mia formazione professionale e culturale originaria, pur garantendo, bene inteso, il massimo della mia competenza e della mia disponibilità”
Come si è evoluta l’attività infermieristica in questi ultimi anni?
“Con l’incremento notevole della formazione, ma sovente l’infermiere ha oggi una visione meno globale del paziente, talvolta demandando all’Oss (operatore socio-sanitario) determinate operatività…, ma non per questo è meno professionale e competente. Da parte del pubblico è aumentata la pretesa verso gli operatori, soprattutto infermieri. Prova ne è l’aumento degli accessi in P.S. in parte non giustificati perché individuati non di competenza nostra ma del medico di famiglia; tant’é che, ad esempio, nel 2014 i codici bianchi assegnati erano oltre 4 mila, ovviamente tutti trattati ma con una richiesta di risorse (tempi e spazi) eccessiva”
A cosa è dovuto questo “fenomeno” di mal costume?
“Probabilmente per una sorta di “degrado” culturale, e per la crisi generale che ha investito il Paese… Inoltre, chi accede al P.S. ottiene una diagnosi certa e appropriata, magari anche una prognosi, si fa poca attesa (rispetto al territorio), e tutto questo costa meno al cittadino. Per non parlare, poi, della non collaborazione da parte dei medici di famiglia… Ma va comunque rilevato che sia la crisi che la prevenzione hanno contribuito alla diminuzione di determinati infortuni, anche se gli eventi di carattere ortopedico e traumatologico rappresentano tuttora la maggioranza degli accessi al P.S. provenienti dall’intero territorio regionale”
Intervista al dottor Francesco Enrichens, direttore del D.E.A. della Città della Salute e della Scienza
Innovazioni dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza secondo l’Atto Aziendale. In dirittura d’arrivo significativi processi riorganizzativi ed un più esteso confronto tra ospedale e territorio: dalle Asl ai medici di famiglia.
Dottor Enrichens, quali sono i programmi dell’Atto Aziendale?
“Per l’ospedale Molinette, ad esempio, la Direzione Generale ha individuato un finanziamento dedicato alla realizzazione dell’Osservazione Breve Intensiva (OBI), prevista tra l’altro dalle norme, ed è destinata ad accogliere pazienti di elevata complessità diagnostica e stabilire, entro le prime 36 ore, se gli stessi devono essere ricoverati e dove, oppure se potranno essere dimessi. Generalmente il 40% di questi pazienti in OBI vengono ricoverati in quanto valutati con codice giallo o verde, e il restante vengono dimessi”
Ma quali altre innovazioni?
“Altro aspetto importante riguarda i problemi strutturali dell’A.O.U. per i P.S. dell’ospedale Molinette e dell’infantile Regina Margherita. Quest’ultimo risulta non essere più rispondente alle esigenze attuali, soprattutto per carenza di spazi, così pure per carenza di percorsi interni; pertanto si cerca di ottenere ulteriori fondi per agire strutturalmente”
E per quanto concerne gli aspetti organizzativi delle attività?
“La riorganizzazione dei Servizi, che rientra nella Delibera regionale n. 600, comprende una serie di situazioni relative alle Strutture Complesse (S.C.) in fase di riassestamento all’interno dell’Azienda ospedaliera; quindi, in funzione dell’Atto Aziendale (in corso di emanazione), i relativi Dipartimenti si devono adeguare in termini di varie figure professionali per un più appropriato percorso diagnostico-terapeutico”
L’Atto Aziendale prevede anche l’incremento del personale sanitario?
“Per il personale permane il problema della carenza a causa del blocco del turnover, ma in previsione di nuove assunzioni dovranno essere considerati con priorità i Servizi di Emergenza-Urgenza che, nella nostra A.O.U. (comprendente 4 ospedali con P.S.) vedono 190 mila passaggi all’anno ed una notevole percentuale di ricoveri: circa 30 mila all’anno, soprattutto provenienti dal P.S. Un numero considerevole se si considerano, per quanto riguarda le dimissioni, le difficoltà di presa in carico da parte del territorio”
Come viene gestito il Servizio di Neurochirurgia considerando la duplice disponibilità degli ospedali C.T.O. e Molinette?
“Per la neurochirurgia si tratta di implementare nuovi modelli con l’ausilio di nuovi strumenti tecnologici, e personale reperibile in modo più oculato; ma anche poter realizzare un unico modello rispetto alle due attuali S.C. di Neurochirurgia e quindi unificando l’attività, ma diversificandola su 2 Presidi”
E quale il ruolo dei medici di Medicina generale (MMG), ossia i medici di famiglia?
“All’interno del Distretto i MMG si stanno riorganizzando…, e a noi interessa il rapporto con lo stesso Distretto instaurando un dialogo strutturale tra Rete ospedaliera e Rete territoriale, con la “mediazione” del Sistema che è la Rete dell’Emergenza-Urgenza”
Le foto, eccetto quella della facciata dell’ospedale, sono di Ernesto Bodini
Purtroppo il mio medico di base non visita se stai male ti assiste per telefono o tramite una email se si ricorda. Purtroppo ti ritrovi ad andare al pronto soccorso perché nessuno ti dice perché stai male. Il COVID ha reso tutto più difficile, capisco gli operatori ospedalieri, ma è l’unico posto per avere una diagnosi.