I nuovi Governi europei: La crisi spagnola e quella italiana sono diverse?

di Giusy Chiello

Governo che va, governo che viene. Questa la descrizione più adatta per ciò che sta accadendo in Europa in quest’ultimo periodo.

Prima fra tutti la Grecia, con la nascita del nuovo governo guidato dall’economista Papademos,  poi l’Italia con l’istituzione del Governo tecnico di Mario Monti, ed infine la Spagna con la vittoria della destra che rappresenta una svolta netta per il paese che fino ad ora era stato guidato dai socialisti.

Una vittoria schiacciante quella del partito popolare che ha così archiviato l’era del socialismo di Zapatero.

Ma perché tutti questi Governi cambiano rotta così repentinamente? Perché si va a elezioni anticipate o si sceglie di attuare il metodo del Governo tecnico?  Gli Europei si stanno accorgendo che un polo è migliore di un altro o è solo voglia di cambiamento tout court?

Per rispondere a questi e altri interrogativi abbiamo intervistato Antonio Marco Greco, un Italiano, dottore in Scienze Politiche che vive a Barcelona e che fa parte di un movimento di indignati, per capire meglio cosa è successo in Spagna nell’ultimo periodo e per avere il suo parere su ciò che sta accadendo in Europa.

Antonio, come mai secondo te gli spagnoli hanno scelto di votare a destra?

Effettivamente è difficile pensare che un presidente, che tutto sommato ha messo fine al dannoso problema basco con la resa storica di ETA e che ha allargato i diritti civili, sia stato elettoralmente distrutto. La cosa che mi viene da pensare è che abbia pagato la mancanza di audacia nel tentare una nuova politica economica.

Cosa non è andato secondo l’opinione pubblica nel Governo di Zapatero?

Uno tzunami azzurro ha inondato la Spagna, uno dei poli del bipolarismo spagnolo è andato in frantumi ed ha perso il suo appoggio elettorale semplicemente per fare “lo que España necesita” (Cio’ di cui la Spagna ha bisogno) per uscire dalla crisi. I sacrifici sociali ed umani come il congelamento delle pensioni, i tagli agli stipendi ed il taglio dei diritti sociali e lavorativi non sono riusciti a placare i mercati né tanto meno a ribaltare l’economia, irritando la cittadinanza. E poi diciamolo pure chiaramente: il maggior merito di Rajoy si chiama Zapatero e fa di cognome Rubalcaba.

La crisi spagnola in cosa si differenzia secondo te da quella italiana?

In realtà vedo profonde analogie: la prima è che i due stati non considerano la propria cittadinanza maggiore d’età, mentre la seconda è questa tendenza dei governi nel chiedere scusa in anticipo. Don Rajoy el Sobrio (qui alcuni lo chiamano cosi per via dei suoi parossismi seriosi ed istituzionali) tra le sue prime esternazioni pubbliche ha detto che “no va a haber milagros” (non ci saranno miracoli). Non so voi, ma a me tutto questo suona enormemente allo stile montiano. Cioè, ci hanno ripetuto fino alla nausea che sapevano cosa fare ed arrivato il momento ci chiedono scusa in anticipo mettendo le mani avanti. L’unica cosa che fanno, ma perché lo fanno da tempi immemorabili, è questo grottesco appello al patriottismo, per la verità in Italia assolto dalla figura di Napolitano.

La Spagna per risolvere il problema della crisi ha votato la destra e molto probabilmente gli italiani adesso voterebbero a sinistra. Ma non è un controsenso?

No, è assolutamente logico e razionale. Siamo di fronte alla fine democratica della democrazia. Lasciare le mani libere a Rajoy per fare quello che “España necesite” o a Monti per fare ciò di cui l’Italia ha bisogno certifica di fatto la morte di Montesquieu. La linea di confine tra democrazia e dispotismo si è assottigliata e la gente lo intuisce nettamente, ecco perché non vive quella che fino a dieci anni fa poteva essere una contraddizione. é successo in altri termini quello che ogni democratico temeva. Esagerando volontariamente, la maggioranza assoluta con le mani libere coincidente con l’assolutismo.

Secondo te il popolo europeo cosa cerca?

La gente quando vuole politiche di destra vota a destra, ma in questi anni quando ha voluto politiche di sinistra ha ricevuto dei governi socialdemocratici che facevano tutti i compiti neoliberali per casa. Per me il popolo europeo non vuole questi scivolamenti a destra, non vuole questi cambiamenti di rotta a metà della legislatura. Mi rendo conto che forse è una interpretazione triviale della volontà dell’europeo medio ma credo che egli voglia di nuovo poter scegliere tra opzioni politiche ontologicamente distinte, e per render facile la scelta a questo confuso elettore europeo è  necessario che le socialdemocrazie europee recuperino la loro primigenie vocazione di sinistra. Ricordiamocelo, scivolare a destra è  la cosa più facile che le sinapsi umane possano fare, è la distanza più breve tra due punti, è una molla in stasi a cui non si applica energia e che mantiene la sua forma senza sforzo. Applicare energia, ecco cosa vuole l’europeo, tendere questa molla che il neoliberalismo mantiene reazionariamente in stasi impedendogli di sprigionare creatività.

Quale potrebbe essere la politica europea di migliore attuazione?

Pragmaticamente ed a livello procedurale non sono in grado di risponderti. Credo che dimostrare capacità di equilibrio ed equa distribuzione delle risorse sia un faro nella notte necessario. Molti paradigmi di fondo sono già cambiati nella società civile e li deve digerire adesso la politica. In primo luogo appoggiare l’abbandono di pratiche predatorie del territorio, dei beni comuni, della materia vivente, del patrimonio genetico del pianeta e la costruzione di buone pratiche di consumo, di produzione e di amministrazione. L’economia deve diventare nuovamente realtà e ricollegarsi al benessere.
Abbiamo visto come nessuna consultazione elettorale scappa al controllo dei poteri forti e come i meccanismi referendari siano largamente osteggiati. Ecco, bisogna impegnarsi a sostenere l’introduzione nel sistema politico-istituzionale, ad ogni livello, di forme di partecipazione diretta del popolo sovrano, processo che deve essere partecipato anche nei contenuti e nei programmi.
Questo non è il maggio del 68, allora chi proponeva altri modelli e produceva cultura alternativa ha terminato la sua traiettoria integrandosi al sistema che cresceva, alla nostra generazione questa possibilità non sarà data. Bisogna combattere con lucidità contro l’ipnosi della crisi, essere consapevoli che non sarà una crisi di breve periodo, e che essere austeri per uscirne è solo un inganno.

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