Doveroso ricordo di Virginia Apgar: una innovatrice in anestesiologia neonatale

Quasi quarant’anni fa moriva l’ideatrice dell’Apgar Score
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
La cura intensiva neonatale ha ormai più di un secolo se si considera che nel 1898 il dottor Joseph B. DeLee creò la prima incubatrice per i bambini prematuri a Chicago (Illinois), e il primo testo americano in merito alla cura dei nati prematuri fu pubblicato nel 1922. Ma è nel 1952 che la dottoressa Virginia Apgar descrisse l’APGAR SCORE, un sistema a punteggio per la valutazione delle condizioni fisiche dei neonati; mentre risale solo al 1965 l’attivazione della cura intensiva neonatale a New Haven (Connecticut), e nel 1975 l’associazione pediatrica americana stabilì dei criteri per la certificazione della neonatologia. Nata nel 1909 a Westfield, nel New Jersey, Virginia Apgar (una delle prime donne medico della moderna storia della Medicina), frequenta le Scuole Superiori al Mt Holyoke College, per poi iscriversi, nel 1929, alla Columbia University College of Physicians and Surgeons conseguendo la laurea nel 1933. Nonostante le difficoltà economiche continua l’internato in Chirurgia, tra ostacoli ed avversioni (perché donna), scoraggiata dal suo direttore di Dipartimento, resta fermamente convinta di potercela fare e inizia un training in Anestesiologia nelle stessa Università, studiando con i pionieri statunitensi di questa disciplina. In questo campo vi si dedica con particolare passione tanto che, nel 1938, torna alla Columbia University come direttore di Anestesiologia esercitando soprattutto nell’ambito dell’anestesia ostetrica e della rianimazione neonatale, dove può sperimentare nuovi anestetici in gravidanza. E in questo contesto è stata anche la prima donna a incannulare l’arteria ombelicale.
La “gestione” della nascita ha coinvolto la professoressa Apgar soprattutto per ragioni di particolare dedizione perché a quell’epoca l’ostetrico e l’anestesista si occupavano maggiormente della puerpera, mentre al neonato prestavano minore attenzione… in quanto veniva giudicato in buona salute se non presentava evidenti difficoltà dal punto di vista respiratorio e della circolazione che, se sottovalutate, ne potevano provocare il decesso. Si rendeva quindi necessario prevenire il non corretto trattamento (o non trattamento) dell’asfissia severa, e che i neonati in salute ricevessero trattamenti e ossigeno non necessari, o comunque in eccesso. Poiché sino ad allora non esistevano misure standard per valutare le condizioni del neonato alla nascita, e in modo troppo esiguo venivano definite le condizioni neonatali (eccellenti, discrete,, scarse o molto pessime, etc.), nel 1949 con una intuizione analitica la Apgar realizzò la lista dei segni obiettivi relativi alla condizione del neonato alla nascita, applicando i cosiddetti cinque segni cardinali degli anestesisti (frequenza cardiaca, respirazione, tono muscolare, riflessi e colore) al neonato, sviluppando un punteggio da assegnare entro il primo minuto di vita. «Scelsi i 5 che mi sembravano i più importanti – spiegò – e che potevano essere determinati con facilità e senza interferire con l’assistenza al neonato. Il sistema prevedeva l’assegnazione di un massimo di 2 punti a 5 variabili eterogenee. Ogni variabile contribuiva con lo stesso peso alla somma finale. La procedura era semplice da imparare e con un po’ di esperienza la si poteva eseguire rapidamente. La frequenza cardiaca era misurabile con la palpazione, o a vista, senza il fonendoscopio».
Uno score perfetto di 10 è raro nella pratica, ma uno score di almeno 7 garantisce un buon stato di salute; mentre uno score più basso mette in allerta l’ostetrico per la possibilità di problemi latenti come l’emorragia e l’asfissia, che possono essere facilmente individuati e trattati. Questo metodo, noto con il nome di Newborn Scoring Sistem, fu riconosciuto come “Apgar Score” da quando venne presentato al meeting congiunto della International Anestesiology Research Society e del International College of Anesthetists, di Virginia Beach nel 1952, e pubblicato l’anno successivo. Tale metodo non era però perfetto, come la stessa autrice ha ammesso, in quanto non sostituiva un completo esame clinico, ma identificava, a seconda del punteggio, i neonati che richiedevano un immediato trattamento per la stima delle probabilità di sopravvivenza o di morte. Solo dal 1964 in poi fu chiaro che lo score addizionale a 5 minuti si correlava meglio alla mortalità neonatale rispetto a quello del primo minuto dopo la nascita; ossia l’Apgar score non sempre identificava l’asfissia in quanto le anomalie congenite, i parti prematuri e la somministrazione di farmaci alla madre potevano avere come conseguenza un Apgar basso senza che questo significasse asfissia neonatale.
Nel soggetto prematuro inevitabilmente lo score di Apgar è più basso rispetto al neonato a termine perché alcune componenti dello score (il tono muscolare, la respirazione, i riflessi) sono correlate alla maturità del neonato; oltre ad altri fattori che possono indurre ad ulteriori errori. Secondo la professoressa l’Apgar deve essere assegnato da un osservatore libero, anche se comunemente esso viene dato dall’ostetrica la quale non è solo una operatrice con “interessi di parte”, ma è spesso impegnata nella terza fase del travaglio per poter determinare il più accuratamente possibile ogni componente dello score. «Credo che questo punteggio – osservò la cattedratica statunitense – abbia contribuito a salvare molti bambini». Un suo collega in quell’occasione ebbe ad affermare: «Ogni neonato negli ospedali moderni di tutto il mondo viene visto alla nascita con gli occhi di Virginia Apgar». Testimonianza di una innovazione che forse valeva il premio Nobel, proprio perché tale contributo medico-analitico ha contribuito allo sviluppo della terapia intensiva neonatale e a salvare molti bambini.
Nel corso della sua vita professionale la Apgar, che è stata presente alla nascita di oltre 17 mila bambini, aiutando la madre o il neonato, somministrando oltre 20 mila anestesie, ha sempre portato nella sua borsa di medico un bisturi e un tubicino, avendo in più occasioni creato in emergenza una via respiratoria artificiale (tracheotomia). Per tutta la vita continuò a studiare coinvolta dal fascino della curiosità e dell’apprendimento, rendendosi disponibile per l’anestesia 24 ore al giorno. Ottima docente e comunicatrice, anche se aveva un modo di parlare svelto, spesso si rivolgeva alle studentesse con questo invito: «Evitate di guardare in basso e potrete avere molto!». Concluse la sua carriera con l’incarico di professore di Pediatria al Cornell University Medical College di New York. Ma Virginia Apgar non era solo un ottimo “clinico donna”, aveva diversi hobby tra i quali la pesca, il giardinaggio e la cucina; amava anche la musica tant’è che era una provetta suonatrice di viola, intrattenendo gli amici con musica da camera. Era molto competitiva e le piaceva vincere, ma solo con chi aveva delle reali possibilità. Lontana da ogni forma di schematismo e di sotterfugi, questa straordinaria donna medico muore nel 1974, a 65 anni (in seguito ad un incidente aereo), lasciando ai posteri il frutto di un progresso nella pratica clinica neonatale, e l’esempio della sua straordinaria dedizione ai bambini e alle loro madri.