L’angolo di Full: “Ubuntu”

a Nelson Mandela
Dava l’idea del vecchio prete di campagna che mesce l’eucarestia con poco corpo e tanto sangue di buon verdicchio doc.
Per quanto agnostico, avevo onorato l’invito a un battesimo e sorridevo della sua breve predica preconfezionata, con la sola variante del nome del bebè.
La bottiglia del verdicchio era proprio davanti al mio piatto mentre, di fronte, sedeva il prete che probabilmente partecipava al banchetto battesimale per una consuetudine locale.
Era molto indaffarato con l’arista di maiale. Viceversa il caldo m’aveva tolto l’appetito e non resistevo al pensiero di stuzzicarlo un po’: «In questo mondo ateo ci sposiamo in chiesa per ereditare dalla nonna bigotta e battezziamo i figli perché possano frequentare le scuole cattoliche più rinomate. Beati gli atei autentici che hanno il becco per vivere le proprie idee».
Sembrava non ascoltarmi, invece prese il tovagliolo e si pulì accuratamente la bocca: «Anche il prete ha il becco per vivere le proprie idee, tanto che deve aspettare un battesimo o un matrimonio per gustare un’arista fatta come dio comanda».
Scoppiai in una risata da baccanale, ci presentammo e iniziammo a parlare fitto. Una vita intensa, quella di don Arrigo, persino missionario in Africa.
Lasciata la tavola, ci rifugiammo in un fresco patio e, come per magia, vidi comparire nelle sue mani mezza bottiglia di spumante e due calici… satanasso d’un prete!
«In Africa si combatte il clima anche con l’alcool e poi si rimane impigliati… ma è sempre meglio della malaria».
Riempì i calici. «Certi atei mi stanno sulle palle, ma voi agnostici vivete e lasciate vivere: ognuno libero di credere, dubitare o fregarsene. Per voi conta la rettitudine. Credo che, con l’età, si diventi tutti un po’ agnostici, preti e atei compresi».
Tornò a parlare della missione, un suo interesse mai sopito: «Le Chiese non lo dicono, ma le missioni sono sempre strumentali alla fede: si soccorre per convertire. Ma quando si è sopraffatti dai problemi materiali, l’uomo scavalca il prete. Del resto, laggiù hanno bisogno di tutto tranne che di un altro dio. Inoltre, replicare col cristianesimo all’Ubuntu, ha poco senso».
Non sapevo nulla dell’Ubuntu e don Arrigo soddisfò la mia curiosità.
«In lingua bantu significa umanità verso gli altri. È una ideologia, un’etica, un modello di vita largamente diffuso nell’Africa sub sahariana. Per quanto antiche, le regole dell’Ubuntu sono di una modernità impressionante: io sono perché noi siamo. Oppure: io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti. Fra le norme conseguenti: non esistono bambini orfani, perché non esistono figli di sangue ma solo figli. E così via.»
Don Arrigo continuò a raccontare quelle regole fantastiche che ascoltavo incantato. Nessun dio si sarebbe espresso meglio di quegli uomini. Per don Arrigo, quell’ideologia somigliava al cristianesimo di certi vangeli apocrifi che raccontavano Gesù senza farne una divinità.
Anch’io ritenevo improbabile un Gesù che si proclama improvvisamente Figlio di Dio. Del resto, l’uomo non sa rinunciare a un qualche Padreterno cui affidarsi ed è questa la gloria delle Chiese.
Domandai a don Arrigo come potesse conciliare le sue convinzioni con l’abito talare e restai colpito dalla sua filosofia limpida ed essenziale: «Contano le idee nelle quali si crede. Che sia un uomo o un Dio a predicarle, è irrilevante per me.»
Dava l’idea del vecchio prete di campagna che mesce l’eucarestia con poco corpo e tanto sangue di buon verdicchio doc.
Mentre tornava a riempirmi il calice, notai il tremore della sua mano: sempre meglio della malaria.
Fulvio Musso
NDA: L’Ubuntu è una filosofia di vita molto diffusa nell’Africa sub sahariana, predicata, fra gli altri, da Nelson Mandela