L’angolo di Full: “Trama d’amore”
Fulvio Musso, da abile narratore qual è, riesce tante volte a mostrarci lati positivi anche nelle situazioni difficili. Ne è la prova il racconto che vi proponiamo oggi, all’apparenza “leggero” ma, in realtà, dotato di significati profondi. Prima di lasciarvi alla lettura e alla ricerca dei contenuti tra le righe, vi ricordiamo che anche voi potete mandarci i vostri racconti, seguendo le poche indicazioni del regolamento di Raccontonweb.
Una mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasore (questa l’ho già sentita) ostinatamente appeso al mio citofono. Ricordai una sorta di ragno elettricista che una volta s’era infilato nella pulsantiera combinando casini, così andai al cancello con cacciavite e pinza. Quest’altro ragno era lo zio Erminio. A suo dire, zio di mezzo paese ed io ero uno dei tanti nipoti onorari.
«Credevo non funzionasse» bleffò. In realtà voleva buttarmi giù dal letto.
Era già passato al bar per il goccetto mattutino e lo si intuiva dai suoi riflussi gastroduodenali tipo notizie dall’interno.
«Mi chiedevo se ti servisse un qualche lavoretto» propose in quel coro di voci gravi.
Il lavoretto, ovviamente, serviva a finanziare i successivi goccetti della giornata.
Delle sue catastrofiche prestazioni facevo volentieri a meno, però apprezzavo molto la sua abilità nel raccontare cose: un vero maestro. Così ci sedemmo nel patio col bricco del caffè perché, con lui, mi spacciavo per astemio.
Per un po’, restò agganciato a due merli che si contendevano un lombrico: «Sembra di vedere le mie galline con gli spaghetti» osservò, e bisogna dire che solo lui poteva servire gli spaghetti alle galline.
Poi timbrò il cartellino e attaccò una storia.
«Devi sapere che, un tempo, eravamo tutti poverissimi e capitava che certi anziani coniugi mangiassero a turno scambiandosi l’unica dentiera».
Le partenze colorite e depistanti erano la sua forza. E questa non lasciava certo immaginare la delicata trama d’amore che nascondeva. Zio si accese una mezza sigaretta.
«Una volta era abbastanza normale restare senza denti a trent’anni. I cavadenti non facevano riparazioni, inoltre era frequente la piorrea, una brutta bestia che li faceva cadere tutti. A quell’età, di solito, si era bell’e sposati e le donne erano già tempestate di bambini come, certe madonne, di gioielli. Per me, intrappolato nei vari fronti di guerra, fu diverso. Tornai a casa ormai trentenne e con la sola prospettiva di trovare una qualche vedova con pochi gioielli. In prigionia avevo perso tutti i denti e, appena a casa, mi feci una bella dentiera pagandola con due maialini sacrificati dai miei vecchi genitori che, scoprii in seguito, mangiavano a turno con la stessa dentiera.».
Per via della duodenite, o forse per commozione, Zio si alzò e andò a sputare nell’aiuola delle ortensie.
«La vedova la trovai abbastanza presto grazie alla mediazione di qualche parente. Giovane, sana e con appena tre gioielli di bambini. Si era ai primi appuntamenti, ma praticamente già fidanzati, e una sera, entrando in casa sua, m’accorgo di aver dimenticato la dentiera. Per non rischiare sorrisi o risate rivelatrici, m’invento l’improvvisa morte di un amico e lo dipingo così buono e caro che mi commuovo per davvero e lei con me. Vorrebbe consolarmi con qualche bacio, ma… così senza denti, sono costretto a ritrarmi. Una situazione pietosa… per non dire di merda.»
Zio si prese una lunga pausa e capii che la storia si faceva calda.
«A un certo punto lei esce per un attimo e, quando rientra, prende a baciarmi senza troppi riguardi e… pure lei senza denti! Aveva capito tutto. Ebbene, voi giovani non potete immaginare la morbidezza e la sensualità del bacio senza il fastidio dei denti. La sua carnalità! Affogammo in un gorgo di sole bocche. Fu la nostra prima notte d’amore e non chiusi occhio per l’eccitazione. Ascoltavo il respiro morbido, senza il sibilo causato dai denti, mentre vegliavo il suo sonno. Intanto, dal bicchiere sul comodino, non faceva che sorridermi».
Ci alzammo in silenzio. Gli infilai mille lire nel taschino, il corrispettivo di quattro libagioni. Mi ringraziò nel suo sorriso un po’ infantile e ancora fresco. Merito, fra l’altro, di una dentatura sana e assolutamente invidiabile per la sua età.
Fulvio Musso