L’angolo di Full: “Gli alberi”
Il bar si trovava all’interno dei giardini pubblici di Porta Venezia.
«È uno che parla con gli alberi», mi raccontava il gestore, «è stato anche su Raitre, devi sentire le cose che sa.»
«Beh, c’è chi ha il canarino o i pesci rossi e ci parla. Lui ha i platani e gli abeti», dicevo io.
«Vuoi dire che non fa differenza?»
«Perché no? Una volta che ero di turno in ufficio il giorno di Natale, una mosca m’ha girato intorno per tutto il giorno e l’ho chiamata Mimma. Non è stato un cattivo Natale.»
«Una mosca, hai detto?»
«Una mosca blu lucente. Praticamente, una mosca di Natale. Sembrava volesse festeggiarmi.»
«E cosa c’entra con le piante?»
«C’entra, c’entra. Ma raccontami di quel tipo», incalzai incuriosito.
«Un giorno arrivano gli operai per la potatura e lui, dovevi vederlo, sembrava impazzito. Li sentiva. Capisci? Ultrasuoni: li sente solo lui, lui e gli insetti, penso. Cercava di fermare gli operai: “il rododendro no”, urlava. “È più sensibile della camelia, ha fibre diverse, no! no!”»
«L’hanno accontentato?»
«Che ne so. Hanno dovuto chiamare i vigili. “Voi non li sentite”, implorava, “non sapete il loro strazio”. Per poco piangeva.»
«Incredibile. Che tipo è?»
«Mia moglie dice che una faccia così da buono non l’ha mai vista.»
«Ho capito, è quello un po’ grosso, col foulard al collo. Ma è possibile che senta gli ultrasuoni?»
«Chi lo sa? Però ha orecchie molto grandi: due parabole.»
«È triste questa cosa», commentai.
«Quella della mosca Mimma non è allegra», mi rimandò il gestore.
«Ma questa degli alberi è anche bella»
«Bella? Perché tu non c’eri quel giorno. Dovevi vederlo! Quando segavano i rami più grossi si torceva persino. E si copriva le orecchie con le mani. Una pena, ti dico. Una pena. Cosa prendi?»
Fulvio Musso