UNA STORICA TRASVOLATA ATLANTICA DA NON DIMENTICARE

Settantacinque anni fa l’impresa “L’Angelo dei bimbi” voluta da Don Carlo Gnocchi a sostegno dei suoi quindicimila mutilatini. Una pubblicazione ne ricorda l’evento.

di Ernesto Bodini (giornalista e biografo)

Nonostante i due ultimi conflitti mondiali l’uomo non si arrende all’ambizione (ma questo è un eufemismo) di prevaricare i suoi simili, e con essi i loro territori, i loro beni, la loro libertà e soprattutto il rispetto della loro dignità. E con quale diritto? A questa domanda ci sarebbe da aprire un capitolo enciclopedico, e forse non basterebbe neppure; ma intanto con le sue armi micidiali ancora oggi continua a mietere vittime: morti, feriti e distruzione, peraltro anche oltraggio alla Natura. Ma perché questo prologo? È presto detto. Da sempre i mezzi di distruzione sono sempre state le armi, ma anche i mezzi di trasporto come da oltre un secolo i potenti aerei in particolare per scopi militari,  al fine di  raggiungere una determinata destinazione da colpire. Ma non sempre è stato così e, a questo proposito, vorrei riavvolgere la pellicola del tempo per tornare a 75 anni fa, ossia il 19 gennaio 1949 quando due intrepidi aviatori italiani, il giornalista Maner Lualdi (1912-1968) e il conte Leonardo Bonzi (1902-1977), con un velivolo da turismo (un “Grifo Ambrosini S. 1001” da 120 Hp, dal nome del suo costruttore ingegnere aeronautico e aviatore Angelo Ambrosini: 1891-1980), compirono una straordinaria impresa denominata “L’angelo dei Bimbi”, un raid aereo vero e proprio di 15.800 chilometri in 76 ore per raggiungere Buenos Aires. Scopo dell’iniziativa, ideata da Don Carlo Gnocchi (1902-1956), era portare la testimonianza della “Pro Infanzia Mutilata” tra i nostri connazionali, poveri emigrati da due o tre generazioni che avevano fatto la loro fortuna e quella dei territori che li avevano accolti. A seguito dei due piloti, poco dopo su un aereo di linea Don Gnocchi raggiunse Rio de Janeiro, accolto dall’allora presidente brasiliano Enrico Gaspar Dutra (1883-1974) e tra il tripudio popolare. La risonanza mondiale dell’iniziativa fu tale che, tramite le nostre rappresentanze diplomatiche, vennero sottoscritte oblazioni anche tra i connazionali residenti in Sud Africa. Il considerevole risultato economico fu una lieta sorpresa per Don Carlo, ma ben più notevole fu la sua soddisfazione nel constatare che il problema era definitivamente impostato e che, soprattutto, i 15 mila mutilatini potevano contare sull’affettuoso appoggio di tutti gli italiani nel mondo. Da notare che quel volo, difficilissimo in ogni suo aspetto e al linite della follia per quei tempi, si tradusse non senza difficoltà. «Ma al di là dell’eroica impresa – ricorda Massimo Gagliano, autore de’ “Le ali dell’Angelo” Ed. Futura, Perugia – 2023), il libro che rievoca la storica trasvolata atlantica – diversi sono i messaggi che questa ci comunica e ci lascia, tutti tremendamente attuali a riprova di come l’uomo, nel suo cammino evolutivo, rimanga ancora tristemente indietro:  ci ricorda inequivocabilmente la follia della guerra che, come stiamo vivendo in questi ultimi tempi, viene puntualmente dimenticata e consapevolmente ignorata da chi ritiene che sia l’unica soluzione e strumento della propria arroganza e tracotanza». E fu proprio don Gnocchi mettere di fronte i due piloti a quanto terrore, lacrime e sangue possano aver seminato quegli strumenti che pilotavano, per i loro prodigi tecnologici, per altri, come i suoi mutilatini feriti, sanguinari strumenti di morte e dolore. Una guerra non ha mai nulla di etico, di valoriale, di ardimentoso, ma solo orribile mietitrice di molti innocenti. Una immane tragedia che avrebbe “fatto storia”, in bene e in male.

Se il volo dell’Angelo dei bimbi costituì un’impresa di eccezionale valore propagandistico, che diresse sui mutilatini di don Carlo l’attenzione del mondo intero, molte altre iniziative hanno offerto la possibilità a milioni di italiani di manifestare concretamente la loro adesione ai ragazzi di don Carlo. Rammento che lo Stato assisteva, allora, con una retta giornaliera piuttosto modesta, solamente ragazzi le cui mutilazioni risultavano per incidenti bellici durante il conflitto stesso; ma don Gnocchi, fin dall’inizio, accolse anche i mutilatini civili (ossia a seguito di mutilazioni a causa di ordigni inesplosi sparsi sul terreno…) e, quando poté aver posto e mezzi non respinse mai neppure i poliomielitici. «Lo Stato – spiegava – dà in buona parte e naturalmente gli chiederemo di più, ma non dobbiamo cessare di invitare la gente a offrire spontaneamente ed a scomodare i signori affinché aiutino i nostri poveri bisognosi». E poiché le oblazioni e i lasciti aumentavano, don Gnocchi pensò di trasformare la “Federazione Pro Infanzia Mutilata” in ente morale assistenziale, con personalità giuridica in modo da facilitare le pratiche inerenti al grande movimento burocratico e amministrativo. Prevedendo inoltre che con il passare degli anni si sarebbe esaurito l’afflusso dei mutilatini, volle che la sua Fondazione si perpetuasse con la denominazione “Pro Juventute”, estendendo così il ricovero e l’assistenza a tutti i motulesi fisici colpiti dal virus della poliomielite che a lui ricorressero anche in avvenire. «Don Gnocchi, Bonzi, Lualdi e Ambrosini – precisa ancora Gagliano – furono quattro uomini molto diversi fra loro per censo, storia e carattere, ma tutti uomini straordinari, capaci di cose straordinarie». Una straordinarietà, a mio avviso, che mister Vladimir Putin ed altri despoti sanguinari come lui, mai si sognerebbero di imitare… , forse perché non hanno mai conosciuto (e forse mai vorrebbero conoscere) la straordinaria figura di don Carlo Gnocchi e la sua memorabile opera umanitaria.

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