ONORE ALLA MEMORIA DI ALESSANDRO MANZONI

Nel 150° anniversario della morte una cerimonia e una corona per ricordarlo

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Chi non ha studiato o letto almeno una volta una parte delle opere di Alessandro  Manzoni (1785-1873), sia in ambito didattico che privato, alzi la mano! Mi riferisco in particolare a “I promessi Sposi”, il celebre romanzo ritenuto una delle pietre miliari della letteratura italiana, pubblicato tra il 1825 e il 1827, e una seconda versione tra il 1840 e il 1842. Ad onorare il 150° della morte ci ha pensato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nei giorni scorsi, ha partecipato alla cerimonia deponendo nel famedio del Comune di Milano una corona di fiori sul monumento funebre dello scrittore. Ovviamente, in tale circostanza non poteva non esprimersi con alcune riflessioni e/o considerazioni richiamando alla memoria alcun valori di ispirazione risorgimentale, ancorché quelli inerenti ai diritti umani. A questo riguardo, prendendo a prestito quanto riportato da La Stampa il 23 maggio scorso, il prof. Mattarella così si è espresso: «Nell’idea manzoniana di libertà, giustizia, eguaglianza e solidarietà si può scorgere una anticipazione della visione di fondo della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948. Una Carta fondamentale, nata dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, che individua la persona umana in sé, senza alcuna differenza, come soggetto portatore di diritti, sbarrando così la strada a nefaste concezioni di supremazia basate sulla razza, sull’appartenenza e, in definitiva, sulla sopraffazione, sulla persecuzione, sulla prevalenza del più forte. Concetti e assunti che, come ben sappiamo, sono espressamente posti alla base della nostra Costituzione repubblicana». Breve ma esaustivo passo per porre l’attenzione sui quei valori che, a mio dire, stanno un po’ decadendo, in particolare per quanto riguarda l’uguaglianza tra i popoli e, manco a dirlo, anche tra noi stessi italiani. È indubbio che tali valori in epoca manzoniana, e quindi risorgimentale, avevano un significato più consistente forse perché il loro raggiungimento (come l’Unità d’Italia) è stato ottenuto a prezzo di notevoli sacrifici… Ma perché oggi, domando io, non è così nonostante l’evoluzione del progresso culturale e di determinate libertà? La storia ha lasciato tracce indelebili e dal nobile fascino dei principi umanitari resi palesi e fruibili a cominciare dalle opere stesse del Manzoni, ma che in realtà dalle nostre ultime generazioni non sono state recepite e tanto meno adottate nella vita pratica di tutti i giorni. È trascorso un secolo e mezzo e oggi all’atto pratico non si può parlare di uguaglianza, a cominciare dal notevole incremento della povertà rispetto agli abbienti, ad alcune disparità tra uomo e donna (in fatto di carriera professionale e rispetto della sua Persona in quanto tale), come pure dai molteplici effetti negativi in fatto di giustizia (ancora troppi i detenuti innocenti nelle nostre carceri), per non parlare delle differenze in ambito sanitario (chi se lo può permettere si fa curare e chi non può è in parte destinato a rinunciare). E in questo senso l’elenco non è terminato. Inoltre bisogna fare i conti con l’ancora presente tasso di ignoranza e di sotto-acculturati, una fascia di popolazione che non solo non ha mai “sfogliato” un’opera del Manzoni, ma è ulteriormente penalizzata perché ai margini della società… altro che uguaglianza! E quello che a mio avviso il presidente avrebbe dovuto ricordare del Manzoni, sia pur in punta di pennello, è lo storico aforisma il cui concetto rispecchia (purtroppo) nella sua concretezza l’attualità, ossia, «Noi italiani in genere siamo fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo sdegnati sotto gli estremi». Forse per la ricorrenza dell’anniversario non sarebbe stato opportuno menzionarlo, ma lasciare ad intendere tale triste realtà, a mio avviso sarebbe stato più che doveroso!

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