L’esempio di Anna Frank, un monito per l’umanità intera

Affinché i sacrifici umani non siano vani

Dal dopoguerra ad oggi in quasi tutto il mondo infinite sono state (e sono) le rievocazioni, i ricordi e le testimonianze dell’Olocausto, come pure le iniziative per tramandare alle nuove generazioni la conoscenza di un passato (apparentemente lontano) affinché non costituisca soltanto un capitolo della storia, ma serva soprattutto a ripudiare il male e trasmettere esempi di pace e civile convivenza tra i popoli. Tra i personaggi simbolo della Shoah ritengo doveroso ricordare Annelis Marie Frank detta Anne (Francoforte sul Reno 12.6.1929 – Bergen-Belsen 31.3.1945) e il suo ormai famosissimo Diario (“Kitty”), del quale nessuno prevedeva (probabilmente nemmeno Miep Gies – 1909-2009, la donna che ha aiutato la famiglia della ragazza ebrea a nascondersi nell’alloggio segreto) la formidabile impressione che questo ”piccolo” libro (che ho letto più volte) avrebbe fatto; e neanche il padre Otto Heinrich Frank (Francoforte sul Reno 12.5.1889 – Birsfelden 19.8.1980), che lo fece pubblicare (nel 1947) dopo la morte di Anna.

Tra le moltissime immagini intime e colme di tenerezza esposte in mostre itineranti, date alle stampe e nei filmati sono ricorrenti, ad esempio, le fotografie di Otto e la moglie Edith in luna di miele a Sanremo nel 1925, e quelle di Anna e della sorella Margot Elisabeth (Francoforte sul Reno 16.2.1926 – Bergen-Belsen 9.3.1945) nelle scuole di Francoforte, città di cui la famiglia Frank era originaria. Altre, invece, ampliano inesorabilmente la ricca documentazione della realtà della Germania di Hitler e delle atrocità che hanno caratterizzato l’intero periodo antisemitico: la repressione contro socialdemocratici e comunisti, la “notte dei cristalli”, le “stelle gialle”, l’inizio del conflitto per proseguire con la fuga dei Frank in Olanda, il nascondiglio segreto, l’epilogo ad Auschwitz e Bergen-Belsen. Questi ed altri documenti (ormai patrimonio dell’umanità… civile) che raccontano la storia di una famiglia, la storia di un’epoca che ha contribuito a dare risalto ad un aspetto letterario e culturale sia al diario che al valore della dignità umana, la cui lettura è per tutti un monito e al tempo stesso un invito alla tolleranza al mondo intero.

Ma quale il messaggio di Anna Frank? Proprio perché il diario ha avuto in questi decenni la massima diffusione: tradotto in 34 lingue in 43 Paesi, oltre alla riduzione teatrale ad opera di Frances Goodrich e di Albert Hackett (premio Pulitzer per il teatro nel 1959); oggi tutti sanno chi era (e cosa è stata) Anna Frank, ma ben pochi, forse, sanno di testimonianze e di accorate espressioni di vicinanza manifestate al padre Otto in seguito alla pubblicazione del vissuto di una giovane che, nonostante la guerra, credeva ancora nella bontà degli uomini e … nella vita. Moltissime le lettere pervenute al padre. Una dall’Italia, era indirizzata: “Otto Frank, padre di Anna Frank. Amsterdam”. Qualcuno avanzava dubbi sull’autenticità del diario, ma la maggioranza scriveva per esprimere la propria ammirazione e il proprio cordoglio. Ragazze dell’età di Anna confidavano le loro pene, fra queste una in particolare scriveva: “Oh, signor Frank, Anna mi somiglia tanto che alle volte non so dove finisce Anna Frank e dove comincio io”. Spesso, nel rispondere alle lettere, così chiudeva: «Spero che il diario di Anna continuerà ad ispirarti anche negli anni futuri in modo che tu, nei limiti delle possibilità che avrai, continui ad impegnarti per la conciliazione e la pace».

Sulla storia di Anna Frank, e soprattutto sul suo diario, non mancano i detrattori (negazionisti dell’Olocausto) ponendo dubbi e molte perplessità non riuscendo, però, a scalfire in alcun modo la realtà che non può essere messa in discussione, ma soprattutto per il fatto che una vita “spezzata” sul nascere a causa delle menti contorte degli esseri umani, trasmette un messaggio di coraggio e di tolleranza al mondo intero. Anche dopo la morte Anna Frank è ancora tra noi.

 

 

La Fondazione-Museo Anna Frank

Nella casa (nascondiglio) in cui gli otto clandestini sono stati nascosti, è stata istituita la Fondazione Anna Frank, e si trova al civico 263 di Prinnsengracht di Amsterdam. Da tutte le parti del mondo arrivano visitatori, il loro numero ascende a circa 100 mila all’anno. Oltre al nascondiglio segreto c’è una vasta documentazione dell’occupazione dell’Olanda. L’attività principale della Fondazione è concentrata nel Centro Giovanile Internazionale, e il suo scopo è di promuovere le idee e gli ideali di Anna stabilendo contatti internazionali tra i giovani e di favorire una migliore comprensione fra loro. Il Centro organizza conferenze, letture, dibattiti a cui prendono parte giovani di differenti nazionalità, religioni, etnie e opinioni politiche. I temi di queste riunioni riguardano prevalentemente conoscenza e comprensione delle religioni nel mondo, problemi educativi e della gioventù, e problemi di attualità. A questo proposito Anna ha scritto nel suo diario: «Voglio lavorare per l’umanità», ed è in questo senso che il padre Otto si è prodigato per adempiere al suo testamento, facendo sì che uno spirito di comprensione internazionale emani dalla casa di Anna Frank, per una pace giusta e duratura, e per un mondo migliore. Infatti, dopo la guerra aveva scritto: «Il mondo intorno a me stava crollando, dovevo fare qualcosa e allora mi resi conto che la Germania non era l’unico Paese al mondo, e lo lasciai per sempre».

Trasferitosi in Svizzera, decise di occuparsi totalmente del diario della figlia, rispondendo a tutti coloro che gli scrivevano, trovando anch’egli consolazione come quella espressa dalla direttrice di una delle maggiori scuole inglesi: «Dev’essere per voi un motivo di gioia profonda, anche nel vostro grande dolore, sapere che la breve vita di Anna è, nel senso più alto della parola, appena cominciata». La Fondazione coopera anche con altre Organizzazioni aventi simili scopi, come ad esempio l’Unesco, e spera di poter stabilire sempre più nel tempo altri Centri Anna Frank in diversi Paesi, tra cui l’Italia. Per meglio capire qual’era lo spirito di Anna, significativo è un passo del suo diario: «È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze, perché esse sembrano assurde e ineluttabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Vi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione… Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure; partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità».

Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

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