Per le vittime della strada una legge come deterrente… ma basterà?
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Solitamente quando un obiettivo tarda a realizzarsi si dice: meglio tardi che mai! Un detto popolare che nel nostro Paese si fa sempre più invocare, soprattutto quando si tratta di proporre un emendamento legislativo a tutela della collettività. Ora, anche l’omicidio stradale è legge, un traguardo raggiunto grazie alle insistenze di associazioni di volontariato e agli innumerevoli “solleciti” popolari… e dopo l’ecatombe di vittime della strada: deceduti e feriti (in parte resi invalidi). Il Senato ha approvato un Ddl sul quale il Governo aveva posto la fiducia (149 voti a favore, 3 contrari e 15 astenuti), ed è lo stesso testo approvato dalla Camera nella seduta del 21 gennaio 2016, con l’accoglimento di un emendamento che esclude l’arresto in flagranza per il responsabile di un incidente, dal quale derivi il delitto di lesioni personali colpose, se il conducente si ferma, presta assistenza e si mette a disposizione delle autorità. La legge, quindi, inserisce nel C.P. il “Delitto di omicidio stradale” (art. 589 bis) che prevede un provvedimento restrittivo (di diversa entità a seconda della gravità della colpa) per il conducente di veicoli a motore la cui condotta imprudente costituisca causa dell’evento mortale. Senza entrare ulteriormente nei dettagli, che il lettore può individuare consultando la legge, vale la pena trovare anche “conforto” nei dati del 2015, dai quali emerge che si muore meno sulle strade europee, anche se in contrazione statistica. L’anno scorso hanno perso la vita a causa di incidenti stradali 25.700 europei. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno occorre però dire che, la tendenza alla riduzione della mortalità stradale, è significativamente più alta nel vecchio Continente rispetto al resto del mondo. Come afferma una nota dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel 2004 gli incidenti stradali si collocavano al 4° posto nella classifica delle cause più importanti di morte della popolazione mondiale, ma per il 2030 si prevede che raggiungano la quinta posizione. I Paesi a basso e medio reddito hanno un tasso di incidenti mortali maggiore rispetto ai Paesi più ricchi: rispettivamente 21,5 -19,5 – 10,3 ogni 100 mila persone. Pur avendo solo il 48% del totale dei veicoli registrati, nei Paesi più poveri si verifica il 90% degli incidenti globali; e anche se nei Paesi industrializzati negli ultimi 40-50 il tasso di mortalità per incidente stradale è diminuito, ma tale rimane una delle più importanti cause di morte e invalidità.
Tra i fattori protettivi per l’incolumità stradale vanno quindi sicuramente annoverati i progressi tecnologici che riguardano la mobilità: i veicoli sono infinitamente più sicuri di quanto fossero anche soltanto vent’anni fa e le tecniche di costruzione delle vie di comunicazione più importanti (strade dissestate a parete, sic!) permettono oggi di viaggiare sicuri anche in caso di pioggia e spesso di nebbia. La velocità continua però ad essere il fattore di rischio principale, come rileva lo stesso testo messo in Rete dall’ISS: solo il 29% dei Paesi analizzati ha adottato i criteri minimi di base per ridurre la velocità nelle aree urbane e meno del 10% dei Paesi ha limiti di velocità effettivi. Quasi il 90% dei Paesi ha delle leggi che regolano il consumo di alcool in relazione alla guida, ma solo il 49% ha un limite di concentrazione alcoolica nel sangue inferiore o uguale a 0,05 grammi per decilitro, come raccomandato. E solo il 40% dei Paesi ha leggi che prevedono l’obbligo del casco per motocicli con caratteristiche specifiche sia per chi guida sia per i passeggeri. Per quanto riguarda il trasporto di bambini, il 90% dei Paesi industrializzati prevede l’obbligo di misure di sicurezza, contro il 20% dei Paesi più poveri. Velocità, alcool, sostanze stupefacenti ma anche gli effetti indesiderati della tecnologia sono in grado di rallentare quella tendenza alla riduzione della mortalità di cui si diceva. Cellulari e navigatori sono in testa a questa classifica non virtuosa per la straordinaria capacità si sottrarre attenzione alla guida. Basterebbe a volte soltanto un po’ di responsabile buon senso che, alla luce dei fatti, non è certo tra gli “optional” offerti dall’industria automobilistica.