“Le idi di marzo”, sexygate per Clooney

Ha vissuto nella sua casa sul Lago di Como in pieno “scandalo Ruby”, ha girato un film che parla di politica a luci rosse in America e l’ha presentato in anteprima mondiale all’apertura dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il contesto in cui è stato generato potrebbe presentare Le Idi di Marzo come qualcosa di già visto, o meglio letto, sui quotidiani americani ed europei che scrissero degli scandali sessuali di Clinton, Berlusconi e Strauss – Khan. Qualcosa di abbastanza italiano, anche.
In realtà Clooney, qui alla sua opera più riuscita, pur occupandosi della cosiddetta macchina del fango, con dossieraggi illeciti e armi del ricatto, è stato abile ad associarla non ai soliti repubblicani, ma ai candidati alle primarie del partito democratico statunitense, approfondendo l’amletico dilemma su ciò che divide il bene dal male, l’etica dal compromesso.
Lo stile asciutto e ben calibrato e il limitarsi a sviluppare e dipanare gli intrighi con inquadrature semplici e ritmi lenti, hanno reso Le Idi di Marzo sobrio, “understatement”. Se dirigere bene vuol dire anche saper assegnare i personaggi principali ad attori esperti e affidabili (oltre a se stesso, Paul Giamatti, Marisa Tomei, Philip S. Hoffman), Clooney ha fatto un buon lavoro, chiedendo anche al direttore della fotografia di affumicare con luci notturne gli esterni e avvolgere di ombre gli interni.
Umile nel ritagliarsi una parte che non lo vede certo trionfare per eroismo, ha anche scelto come protagonista del film – un giovane e ambitissimo guru della comunicazione impegnato nelle primarie perché fervido credente degli ideali del suo candidato – Ryan Gosling tra i 10 uomini più belli del 2011 per Repubblica, volto che, fin dall’inizio, incarna gli ideali democratici di bellezza, efficienza, etica, ed energia. Per sapere quanti schizzi di fango voleranno su tali virtù, vi rimandiamo alla visione di questo shakespereano intreccio politico.
Andrea Anastasi
Nella foto: George Clooney in una scena del film