L’angolo di Full: “La valigia”
La valigia
(Per la serie “non ci sono più le belle storie di una volta”)
Molti anni fa, le carrozze passeggeri dei treni erano distinte in tre classi: la “prima“ accarezzava le chiappe col velluto di sei comode poltrone per ogni scomparto, la “seconda” ne contava otto in tessuto ordinario e la “terza classe” non aveva scomparti, ma un unico ambiente le cui panchette di legno contenevano quanti più sederi possibile. La puzza sotto il naso viaggiava ovunque, ma in “terza classe” si limitava all’acre e sano sudore.
Questa vicenda prende avvio in uno scompartimento di “prima classe” e le sei poltrone erano occupate da cinque viaggiatori e da una borsa.
A destra, verso il finestrino, sedeva una coppia di mezz’età: lei rotondetta e tendenzialmente euforica; lui smilzo, miope e di umori malinconici. Appartenevano a quei tipi fisici che si dimenticano prima ancora di averli notati.
Di fronte a loro sedeva un’altra coppia che, al contrario, non poteva passare inosservata: lei bionda, leggiadra e dallo sguardo rapito; lui atletico, di mascella forte e naso dignitoso. Entrambi avevano un’età compresa fra i trenta e i quarant’anni e, per quanto composti e quasi in silenzio, manifestavano atteggiamenti dolcissimi. Nella donna si riconosceva lo spirito della sognatrice mentre il suo compagno appariva quello che, ben piantato sul terreno, accoglieva e attutiva gli indispensabili atterraggi di lei. Tenendo conto dell’età e degli atteggiamenti, si sarebbero detti sposati, ma non fra di loro.
Le rimanenti due poltrone erano occupate entrambe da una signora ossuta, severa e dall’aria seccata in pari misura. Ovvero, la sua aria seccata invadeva anche il sedile di fronte sul quale la signora aveva lasciato la propria borsa al solo scopo di riservarsi più spazio e più distacco.
A proposito di bagagli, la valigia della coppia felice appariva particolarmente voluminosa, ma il suo gonfiore non era quello tipico delle valige strapiene. Si sarebbe detta colma d’aria come un canotto e i due coniugi maturi la guardavano con curiosità facendo supposizioni.
Mentre quei pensieri penzolavano dalla valigia, la signora leggiadra rivolse al compagno una domanda di soli sguardi: “Che ne diresti di prendere il thermos con il caffè?”
“Ottima idea” approvarono gli occhi chiari di lui che, sollecito, tolse il bagaglio dalla reticella.
Quelle frasi, dipinte in color moka, innescarono in ciascun viaggiatore una irresistibile voglia di caffè.
Sbloccate le chiusure a scatto, l’uomo atletico aprì la valigia e… non solo! Persino la signora ossuta parve aprirsi un po’ mentre i coniugi maturi avevano spalancato senza ritegno la loro attenzione.
Prelevato il thermos, il signore atletico richiuse il bagaglio con insolita premura poi, con un largo sorriso, assicurò che c’era caffè per tutti….
E chi ci pensava più al caffè!
Con l’apertura della valigia s’era diffuso un profumo celestiale: fresco come la brezza di mare, delicato come i fiori di mandorlo, persistente come il glicine, equilibrato e armonioso nell’insieme, ma con un carattere tale da annientare l’aroma del caffè.
La signora ossuta appariva sconcertata, a tratti sconvolta e, per darsi un contegno, finse di cercare qualcosa nella borsa. Intanto i maturi coniugi inspiravano l’effluvio a piccole dosi, da intenditori:
«Eppure lo conosco bene… si direbbe…» ripeteva il signore smilzo tentennando.
«Non è esattamente lo stesso profumo», azzardava la signora rotondetta, «ma è qualcosa che avevamo anche noi… ricordo che ne era rimasto ben poco e l’avevo messo in una scatola di latta per biscotti».
Intanto la signora ossuta aveva preso a sfogliare una rivista in modo ostentato, ma senza riuscire a leggere una sola parola.
«Una qualità eccellente! Eccellente davvero», ripeteva il signore smilzo.
L’uomo atletico accolse di buon grado l’argomento: «Sino a pochi anni fa ne avevamo in gran quantità, un tale volume che dovevamo fare una certa pressione per chiudere una qualsiasi porta o sportello di casa, persino per mettere i coperchi alle pentole. Però… è una sostanza molto volatile e si consuma facilmente, basta un niente. A volte, una semplice frase… capite? Quello che è rimasto lo portiamo sempre con noi, ovunque si vada» concluse l’uomo atletico.
Seguì un breve silenzio che venne colmato col caffè, molto gradito a tutti ad esclusione della signora ossuta che rifiutò per pura coerenza col proprio distacco.
Siccome caffè e tabacco si amano smodatamente, l’uomo atletico e la signora leggiadra uscirono poco dopo in corridoio a gustare l’agognata sigaretta.
L’aroma celestiale, intanto, aveva invaso il piccolo quartierino sfuggendo dalla valigia richiusa malamente e la stessa stava perdendo, man mano, il suo gonfiore.
Quando la coppia atletico-leggiadra rientrò nello scompartimento, era quasi irriconoscibile tanto era cambiato l’atteggiamento di entrambi. Apparivano come… sgonfiati, proprio come la valigia. Certamente avevano avuto un diverbio.
La prima a collegare quegli svuotamenti fu la signora rotondetta che, inconsciamente, si strinse al marito e si ripromise, una volta a casa, di verificare che la preziosa scatola per biscotti fosse ben riposta e ben chiusa perché, come aveva detto l’uomo atletico, la sostanza è molto volatile e si consuma facilmente: a volte basta un niente, anche una semplice frase.
Intanto, la signora ossuta s’era spalancata, via via, lasciando entrare quanto più aroma possibile ed ora appariva quasi bella nella dolcezza di uno sguardo che si perdeva sognante nell’orizzonte dipinto sul finestrino. Aveva liberato dalla borsa la poltrona di fronte dove aveva preso posto il Mondo e, con la bocca a cuoricino, canticchiava sottovoce un’antica canzoncina: “L’amore viene, l’amore va!”.
Fulvio Musso