L’angolo di Full: “La stangatina”

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La stangatina

cinodromoLa telefonata del Fumagalli mi raggiunse mentre mi stiravo una camicia: “non serve faticà, stira solo quella che ti serve” mi aveva spiegato Cosimo Pilicicchio che abitava anche lui in una stanza ammobiliata, “un colpo di ferro al colletto, ai polsini e al petto, poi te la infili con sopra la giacca e in dieci minuti il vapore del corpo fa il resto” garantiva lui che doveva sudare parecchio… anche senza faticà.

Lo squillo del telefono mi colse durante la fase “a vapore”:
«Ueh pirlotto, c’ho un bel deca tutto intero e stasera ce lo giochiamo alla corsa dei cani che è la volta buona… me lo sento sul gozzo!»
Quando Fumagalli “se lo sentiva sul gozzo” erano cavoli amari per tutti.
«E dove l’hai preso il deca?».
«Il deca? È quello che m’impresterai tu, pirla!»
«Ma va a cagare!»
«No! Non riagganciare pirla! Ho per le mani un affare da cinque deca, mi serve solo una mano».
«Se “la mano” significa che devo prestarti un deca, puoi andare a cagare comunque».
«Vengo lì e ti spiego, aspettami.»

Il Fumagalli arrivò mezz’ora dopo. Aveva uno strano berretto da baseball con la visiera portata sulla nuca e tranciata a metà per compensare la mancanza del collo. Si sdraiò sul mio letto, con le scarpe e tutto, e mi spiegò il suo gioco: «Ascolta pirlotto: la lepre artificiale, inseguita dai levrieri, si muove sopra una rotaia con un meccanismo a manovella azionato da un certo Paletta che io conosco. Di solito, nonostante la partenza ad handicap, a metà gara i cani più veloci sono già davanti. A quel punto, il Paletta finge un qualche piccolo grippaggio nel meccanismo in modo che la lepre rallenti un po’ a scatti. I campioni davanti perdono il passo e vengono infilati dai brocchi che arrivano sparati e sui quali facciamo le nostre puntate. Diamo il trenta per cento al Paletta e ci resta qualcosa come quattro o cinque deca. Convinto pirlone? O devo farti una relazione in tre copie?».

Costrinsi il Fumagalli a consegnarmi l’orologio, un Tissot falso, a garanzia del mio prestito e andammo alle corse.
Quelle serate al cinodromo erano frequentate da una fauna molto variegata, e non mi riferisco ai cani. Signori veri, balordi, borsaioli, puttane vestite da signora e, per non stonare, signore vestite da puttana: un bel casino, comunque da non perdere.
Le puntate le feci io che non avevo la faccia da galera e finalmente partì la nostra corsa. Purtroppo, come dicevo, quando il Fumagalli “se lo sentiva sul gozzo” erano cavoli amari per tutti, infatti vinse uno dei cani che avrebbe dovuto perdere.
fulvio mussoLui si difese attaccando, secondo la sua solita tattica:
«Ma va là pirlone! Come potevo sapere che quella porcata d’un meccanismo del cazzo s’ingrippava per davvero e nel momento più critico! Almeno, potevi evitare di puntare tutto! Grandissima testa di cazzo!»

Quella fu l’unica volta che riuscii a ciulare il Fumagalli e divisi qualcosa come otto deca col Paletta al quale avevo promesso, in aggiunta alla sua parte, un “preziosissimo” Tissot.

Fulvio Musso

nda: Un deca era la banconota da diecimila lire.  All’epoca, 6-7 deca corrispondevano a uno stipendio medio.

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