In visita alla Divisione di Medicina interna del San Giovanni Bosco di Torino

un uomo inquadrato a mezzo busto davanti a una locandina

Il più grande nosocomio della zona nord di Torino, oggi all’avanguardia nell’informatizzazione delle terapie.

 

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

facciata dell'ospedale San Giovanni Bosco di TorinoÈ particolarmente “coinvolgente” avere un approccio conoscitivo della Medicina Interna di un ospedale, come quello del San Giovanni Bosco (direttore sanitario dott. Nicola Giorgione). Una disciplina molto antica che ha un campo di applicazione assai vasto e che rappresenta, al di là dell’eterogeneità della sua pratica, un luogo di particolare confronto e di innovazione, indispensabile allo sviluppo ed al rinnovamento della medicina contemporanea. Sino a non molti anni fa quello che era definito più genericamente “il clinico medico” oggi tale figura è tornata a svolgere un ruolo di grande prestigio, in quanto l’internista è volto a coniugare la cultura della complessità, necessaria per la gestione di patologie problematiche attraverso la ricerca dell’economia, delle ipotesi diagnostiche e della terapia tout-court, indispensabili allo sviluppo ed al rinnovamento della medicina contemporanea. La Medicina Interna è una specialità non chirurgica che riguarda patologie degli organi interni di soggetti adulti, le cui sotto-specialità includono Cardiologia, Endocrinologia, Gastroenterologia, Ematologia, Infettivologia, Nefrologia, Oncologia, Pneumologia e Reumatologia. Un quadro completo che fa dell’internista un professionista olistico chiamato alla massima collaborazione con i colleghi nell’interesse dei pazienti, garantendo loro una migliore qualità dell’assistenza con i migliori risultati clinici. Ciò è quanto si evince, ad esempio, dalla organizzazione e dall’operato del Dipartimento di Medicina A diretto dal dott. Massimo Giusti, clinico torinese, 60enne di larghe vedute innovative e di spiccata pragmaticità.

un uomo inquadrato a mezzo busto davanti a una locandinaÈ infatti di questi ultimi anni l’introduzione nel suo reparto al 6° piano (34 posti letto, oltre ad altri 28 della Medicina B dell’8° piano che verrà accorpata nello stesso Dipartimento) del progetto di informatizzazione delle terapie, ideato quasi un ventennio fa quando la documentazione clinica era ancora totalmente in formato cartaceo per certi versi “disomogeneo”, oltre al problema dello sforamento di spesa per i farmaci somministrati, come ad esempio, e soprattutto, gli antibiotici. E dopo una attenta analisi il dott. Giusti (nella foto) ha pensato che tali dati potevano essere registrati in un data base, ossia informatizzare gli stessi con il beneficio di concreti vantaggi. Una pensata che si è potuta rendere operativa, non dopo molte sollecitazioni e vari “coinvolgimenti”. «Dal 1997 – ricorda il clinico – siamo partiti strutturando una scheda di terapia con caratteristiche diverse, in collaborazione con infermieri e un farmacista, oltre ad un privato finanziamento. Tale metodo informatizzato ha permesso di constatare il quasi totale azzeramento dell’errore di trascrizione, favorendo migliori comprensione e completezza dei dati. Un processo innovativo che ha visto anche all’opera informatici per acquisire il “linguaggio medico”, grazie anche alla consulenza del Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Torino. Ed è così che nel marzo 2009 è entrata in vigore la versione definitiva di questo programma (peraltro oggetto di alcune Tesi di Laurea), e oggi attuato in quasi tutti i reparti del nostro ospedale». La filosofia di questo processo informatico rende estremamente semplici ed immediate alcune operazioni (ad eccezione di alcune che sono impossibili se non previste): oltre alla immissione della prescrizione terapeutica da parte del medico, e della somministrazione da parte dell’infermiere, mentre ulteriori dati permettono di sapere in tempo reale come è stato curato il paziente, come pure il passaggio di consegne da un operatore all’altro; una vera e propria sintesi clinica visionabile e gestibile in pochissimi minuti che, nel suo insieme, riduce i rischi di errori clinici e professionali facilitando nel contempo l’aspetto organizzativo dell’infermiere… sempre in prima linea.

E a questo riguardo l’organico infermieristico in Medicina A (coordinato da Elena Spagnolo) è di 19 operatori professionali, 8 operatori socio-sanitari (Oss) e 1 amministrativo. “Gli spazi – mi fanno notare alcune infermiere, durante la mia visita in qualità di “ospite-osservatore” – non sono sufficienti e taluni sono angusti come i servizi igienici (comuni nel corridoio), il ripostiglio per le attrezzature e la stanza cosiddetta svuota-vasi; il bagno per pazienti particolarmente disabili è del tutto insufficiente e non rispondente alle normeMa è di conforto la professionalità e l’affiatamento tra colleghi…». Tuttavia, il reparto è molto funzionale e in grado di soddisfare le esigenze cliniche dei pazienti, la cui degenza media si aggira intorno 13,5 giorni per un totale di circa 1.800 ricoveri all’anno. “Ma un’altra criticità – sottolinea la coordinatrice Spagnolo – è data dal fatto che essendo il nostro reparto per acuti, dopo la stabilizzazione dell’evento per un circa 20% di essi vi è difficoltà di dimetterli per problemi solitamente legati alla famiglia o comunque di carattere socio-assistenziale sul territorio. Carenza che rispecchia una realtà tutt’altro che superata nonostante l’orientamento politico-sanitario regionale». Ma tale problematica non “scompone” l’operato di questi professionisti (medici, infermieri e Oss) che, proprio grazie all’innovativo processo di informatizzazione delle terapie e alle motivazioni del corpus sanitario in toto, la Medicina Interna di questo ospedale rappresenta un luogo eccezionale di confronto e di innovazione, certamente indispensabile allo sviluppo e al rinnovamento della medicina contemporanea… nonostante la cosiddetta spending review…

Ma come si svolge una giornata tipo in questo reparto? «La quotidianità – spiega la dott.ssa Elena Cerutti, uno degli aiuti a tempo pieno, per un totale di 6-7 medici strutturati – comporta la presenza in reparto alle ore 8.00 del medico di guardia interdivisionale coadiuvato da altri colleghi che prendono servizio entro l’ora successiva. Con gli infermieri si compie il giro-visita dei pazienti, aggiornando la terapia e prescrivendo per via telematica eventuali esami diagnostici strumentali e non; si colloquia con i colleghi di altri reparti per eventuali consulenze specialistiche, oltre ad avere continui contatti telefonici per le molteplici necessità. Durante il breefing tra medici e infermieri si discutono i singoli casi clinici, e alle 13.00 durante la visita dei parenti è previsto il colloquio per l’aggiornamento del decorso clinico dei loro congiunti, ed eventuali lettere di dimissioni per il rientro in famiglia o in strutture socio-sanitarie del territorio. Alle ore 14.00 avviene il cambio turno con le relative consegne, mentre alle ore 20.00 subentra il medico di guardia interdivisionale preposto a seguire le emergenze del Dipartimento medico e chirurgico». I ricoveri in questo reparto avvengono per invio dal Pronto Soccorso, dove l’affluenza è talvolta eccessiva tale da comportare notevoli “sforzi” da parte del personale medico e infermieristico, la cui carenza resta da colmare, ma non per questo “inadatta” a soddisfare le esigenze di un bacino di utenza notevolmente esteso che occupa l’intera area nord della città subalpina, con tutte le sue problematiche logistiche e assistenziali.

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