IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE ALLA RESA DEI CONTI…

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

 


Non c’é che dire: oggi il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è sempre più sotto la lente di ingrandimento, non solo perché ha compiuto 40 anni, ma soprattutto perché necessita una più estesa “riconsiderazione” in quanto ritenuto da più parti a rischio di sostenibilità. È uno scenario che si va sempre più delineando in quanto è caratterizzato da profondi mutamenti demografici, epidemiologici e socioeconomici. Quindi oggetto di una sorta di revisione del sistema di cura e di gestione del cittadino-paziente per garantirgli maggior possibilità di vivere con una o più patologie nelle diverse età della sua vita. Per queste ed altre ragioni ancora, nei giorni scorsi Federsanità Piemonte ha organizzato un incontro di esperti sul tema “La sfida: Sanità 4.0 per un sistema sanitario sostenibile e inclusivo”, che si è tenuto nell’aula magna dell’ospedale Molinette. Tra questi l’assessore alla Tutela della Salute della Regione Piemonte, Antonio Saitta, che voluto subito precisare che non ci sono fondi per l’aumento del Fondo sanitario, e che il tema della sanità non è al centro dell’attenzione della politica attuale. «Sono da prendere in considerazione alcuni aspetti – ha precisato – come il disatteso rinnovo del contratto dei sanitari, come pure le assunzioni bloccate nonostante l’attuale forza lavoro (nelle varie realtà) necessiti di un urgente incremento; per non parlare delle liste di attesa che sono sempre più lunghe anche a causa della scarsità di personale, etc.». Da notare che la spesa per il personale per il 2018 non può essere superiore a quella del 2004, peraltro ridotta dell’1,4% nonostante l’evoluzione dei tempi e delle esigenze. «E altro problema – ha aggiunto – riguarda il finanziamento delle borse di studio, che non viene erogato nonostante le segnalazioni della impellente necessità di specialisti… e, a fronte di questa inottemperanza, si continua a chiudere reparti, le liste di attesa si allungano ulteriormente con la conseguenza dell’ambientamento… Per non parlare ancora della comunicazione altrettanto carente». Secondo il dott. Franco Ripa, esperto di gestione e organizzazione sanitaria, è importante cambiare gli aspetti istituzionali, creare un nuovo modello di rete tra ospedale e territorio in quanto quest’ultimo ha come caratterizzazione il concetto della cronicità (secondo un modello nazionale) che riguarda anche il Piemonte, includendo il carico personalizzato e gli aspetti della formazione e della comunicazione, avendo come obiettivo (come tutti sostengono) la centralità del paziente.
Incisivo e quasi “accusatorio” l’intervento della dott.ssa Roberta Siliquini, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, nel quale si afferma che siamo uno dei popoli più ignoranti sul pianeta, in quanto la nostra incapacità di mettere insieme le informazioni più banali ci pone penultimi tra i 27 Paesi d’Europa. «Il 60% della popolazione – ha precisato – non è in grado di comprendere un articolo di giornale o un foglio illustrativo (bugiardino) di un semplice medicinale… Si tende a leggere solo quello che confermano le nostre idee attraverso i vari social». Secondo la relatrice, per mantenere la sostenibilità del sistema sanitario, bisogna fare in modo che le persone credano ai messaggi scientifici (anche questa è una forma di counseling), ma ciò non avviene e ne è un esempio la confusione in merito alle vaccinazioni. «Abbiamo tutta una serie di problematiche – ha concluso – che si possono risolvere investendo in cultura, diversamente la prevenzione sarà penalizzata e, nell’arco di pochi anni, il nostro SSN non sarà più sostenibile. Quindi bisogna dare risposte sanitarie che abbiano valore, e per questo il tema salute deve essere sull’agenda di tutte le politiche considerando che i problemi sociali spesso si accompagnano con il bisogno sanitario; oltre al fatto che il sistema assistenziale si basa prevalentemente sul caregiver familiare, e non». Insomma, la prevenzione si fa con politiche ambientali, sociali ed economiche per permettere ai cittadini di godere stili di vita favorevoli!

 

 

Il nostro SSN, è stato ribadito, è al 4° posto nel mondo, è un dato che richiama il merito dell’universalismo, e che l’aspettativa di vita è sensibilmente aumentata: in Italia in questi ultimi anni la mortalità si è ridotta del 23%, grazie anche all’innovazione dei farmaci come quella per il trattamento dell’epatite C. In effetti siamo il Paese in cui si è avuto un aumento del 26% dei pazienti che vivono con una diagnosi di tumore, e oggi un malato di Aids ha una aspettativa di vita maggiore di un paziente affetto da diabete. E sul tema vaccini? «Molti sostengono – ha precisato Massimo Scaccabarozzi, presidente e a.d. di Janssen Italia – che l’industria farmaceutica sia cinica, ossia faccia circolare i virus per denaro… Se l’industria fosse così cinica noi saremmo “no-vax”: per ogni euro che lo Stato spende in vaccini noi non vendiamo 16 euro di farmaci per trattare le malattie che non si sono manifestate…». La Spagna in sanità spende meno dell’Italia pro capite per il SSN, ma nella farmaceutica spende di più; e l’Italia in Europa è all’ultimo posto per spesa pro capite nella farmaceutica: 288 euro per ogni cittadino italiano. «Prima di guarire – ha ricordato il manager – 150 mila malati di epatite C percepivano un assegno di sostegno, importo in seguito alienato proprio per effetto della loro guarigione, quindi il farmaco ha fatto risparmiare… oltre che guarire». Sin qui le voci sono state unanimi, seguita da quella di Federico Lega della Bocconi School of Management nel ribadire che bisogna uscire dalla retorica dell’efficientamento, e il problema sanitario non è solo efficientamento… «Sono aumentate le assicurazioni private – ha spiegato –, come pure la migrazione sud-nord; ma sta anche crescendo lo stress lavorativo e gli investimenti sono pressoché azzerati: si spende meno del 3% di bilancio pubblico (60 euro per abitante). Quindi, si tratta di chiedere alla politica di fare di più per recuperare il periodo di stasi: non si può lasciare al sistema ad “azioni di eroismo” da parte di singoli, mentre i problemi vanno risolti a livello sistemico. Altro problema riguarda il fatto di ipotizzare, o meno, di pagare di più i professionisti della sanità, anche in base alle rispettive responsabilità e ai turni loro assegnati, magari reperendo risorse da altre parti, oltre ad incentivare l’unione tra aziende ospedaliere e territoriali al fine di rendere più “ambiziosa” la partecipazione degli operatori».

 

 

Sul ruolo dell’Università è intervenuto il prof. Antonio Amoroso (nella foto) dell’ateneo torinese, ricordando che tra i compiti dell’Università rientra essenzialmente la formazione, ma purtroppo c’é ancora uno squilibrio tra il numero delle borse dì studio e i laureati in Medicina e Chirurgia, e la Regione Piemonte sinora non è stata tra le più virtuose nella programmazione relativa a compensare la carenza del numero dei medici. «Ci sono inoltre altre figure professionali in ambito sanitario – ha precisato il cattedratico – che dovrebbero fruire delle borse di studio, e ciò richiede un impegno delle Istituzioni, e quindi di ogni Regione, per sostenere il percorso formativo di queste figure professionali “collaterali” all’attività medico e/o sanitaria. Ma l’Università ha anche un ruolo dedito alla ricerca e all’innovazione, e purtroppo il relativo investimento nel nostro Paese è quasi assente, o comunque molto modesto rispetto al Pil». Insomma, bandi scaduti e finanziamenti non ancora assegnati, sono un altro zoccolo duro da superare nella sanità italiana.
Il comparto Farmacia è un altro aspetto di non minore importanza, anche se per certi versi non è sempre tra le prime citazioni, soprattutto quando si tratta di chiamare in causa gli operatori di questo settore a livello ospedaliero. Con questo richiamo è intervenuto il dottor Francesco Cattel, segretario nazionale della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (Sifo), il quale ha precisato che il farmacista ospedaliero è un professionista multidisciplinare, e oggi sempre più vicino al medico e all’infermiere in quanto può contribuire all’orientamento della cura del paziente. «Questo tipo di approccio – ha precisato – ha permesso di orientarsi diversamente, come ad esempio, nella gestione del budget dei farmaci nel contesto della governance della spesa farmaceutica».

 

 

Tra le conclusioni quella dell’avv. Gianpaolo Zanetta (nella foto), presidente di Federsanità Piemonte e già direttore generale della Città della Salute e della Scienza di Torino, per ribadire che la Riforma del SSN (Legge 833/1978) non costituisce solo un fatto storico, ma anche una maggior considerazione per tutti gli aspetti innovativi che ha introdotto nel corso dei decenni, comprese le successive riforme che ne hanno aggiornato il sistema. «Ma oggi – ha precisato – si è giunti ad un punto di “svolta” in quanto da tempo si parla di sostenibilità del SSN, come a voler dire in tono più o meno sommesso, che mancano (o stanno mancando) le risorse. In realtà, a mio avviso, il sistema sino ad oggi si è dimostrato sostenibile garantendo (e continua a garantire) un livello di prestazione importante. Si è così giunti ad un punto di “snodo” rispetto al quale è bene non dormire sugli allori». Secondo l’avvocato non meno importante è il problema-esigenza dell’innovazione che richiede nuove tecnologie, come pure il rinnovamento delle strutture sanitarie e, se non si interviene in tempi adeguati, si andrà incontro ad anni non privi di difficoltà… «Il Piemonte – ha concluso – sta tentando di rispondere a queste esigenze con il progetto del “Parco della Salute”, ossia la creazione di una nuova realtà ospedaliera e universitaria; un progetto nobile basato in gran parte sulla Ricerca e sull’innovazione tecnologica, rapportandosi nel contempo con il mondo industriale che gravita intorno alla Sanità subalpina e nazionale».

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