Il mirto per la vita che mi hai dato

Riceviamo e pubblichiamo:

Il mirto per la vita che mi hai dato

Il mirto per me rappresentava la vita libera e spensierata, in mezzo ai campi, nella fanciullezza e nella giovinezza trascorsa, spesso e volentieri, nelle campagne iglesienti dei miei nonni, dove era molto diffuso. Al profumo delle sue foglie si aggiungeva il gusto agreste e forte delle sue bacche nere, usate per confezionare il prezioso liquore.

Oggi questo arbusto, che circonda la stele eretta a ricordo dei caduti nei monti di Capoterra, del cardiochirurgo e della sua équipe, in quel tragico 24 febbraio 2004, si associa  alla rinascita della mia vita. È certamente stato merito dell’“arte medica”. La definii così nel mio primo, spontaneo segno epistolare di riconoscenza nei confronti del dottor Ricchi e della sua équipe. A dieci giorni dal meraviglioso evento, insieme al mio amico Amerigo e alla fisioterapista, feci la prima uscita dalla mia cameretta e dal reparto verso il giardino che circonda l’imponente, grigia e cubica struttura ospedaliera.

I primi passi, sopra un prato verde incolto, dove si ritrovavano anche piccole lumachine bianche, mi condussero curiosamente verso un piccolo arbusto seminascosto, circondato da grossi massi ed erbacce: il colore luccicante delle foglioline verdi e il profumo mi portarono a concludere che si trattava del mirto. Spezzai alcuni rametti e li tenni con me, consegnandoli poi ai medici e alle infermiere del reparto che, con piacevole meraviglia, apprezzarono questo semplice ma significativo gesto, incuriosite anche dal fatto che l’avessi trovato nei pressi della clinica. L’arbusto non è morto, ma vive ancora rigoglioso, nel nuovo prato verde, come la mia vita nuova dopo il trapianto.

Quando mi reco all’ospedale, la visita obbligata è sempre lì. Ripercorro con trepidazione, mista al dolore, la scomparsa del mio cardiochirurgo e vado col pensiero al tempo passato: dal primo giorno che lo incontrai nel suo ufficio, al quarto piano, in jeans e maglietta rossa, fino all’ultimo incontro, assieme al dott. Martelli al Brotzu, un mese prima della sua scomparsa.

La sua immagine, così come la descrissi di getto nella lettera di ringraziamento, subito dopo il trapianto, resta quella più rappresentativa del suo essere come uomo e come professionista, che ringrazio ancora oggi: «Grazie, senza limiti dott. Ricchi, alla Sua stimata persona, al Suo sorriso contenuto ma profondamente umano, al Suo parlare chiaro e conciso, al suo porgere familiare, pronto, in ogni momento, a dare chiarimenti, conforto e serenità, ai dubbi e agli affanni miei e dei familiari».

E la vita nuova continua…  con il mio cuore nuovo e con tanta tantissima gioia e voglia di fare … con tanti sogni, programmi e progetti per quelli che soffrono e sperano di rinascere a nuova vita con un trapianto… e soprattutto per coloro che sono poveri, senza voce … e per ridare dignità e qualità alla vita che il Padreterno vorrà donarci prima di raggiungere la Vita Eterna.

 

Giampiero Maccioni
Presidente Associazione Sarda Trapianti  “Alessandro Ricchi”
Consigliere Nazionale Federazione LIVER POOL
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Libro “vi darò un cuore nuovo”
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