IERI E OGGI NEL MONDO DELLE FALSE NOTIZIE

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

 

La nostra è sempre più un’era di coinvolgimenti in cui tutti hanno diritto di “imporsi” anche con la libera informazione, soprattutto attraverso la carta stampata e i vari social network (Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram). Quindi il sistema è diffondere notizie d’ogni sorta, e cosa importa se vere o false? Certo che importa perché proprio qui sta il dilemma: le imponenti cosiddette fake news (più popolarmente “bufale”, ovvero “notizie false”) che, se trattano soprattutto di scienza e medicina si possono paragonare a mine vaganti. Il fenomeno sembra essere dei nostri tempi, mentre in realtà ha radici remote come ricorda lo storico e saggista Luciano Canfora (1942), attraverso l’analisi della lettera riprodotta da Tucidide (filosofo politico ateniese 460 – 404 a.C.) nel primo libro della Guerra del Peloponneso, nella quale il generale spartano Pausania metterebbe nero su bianco la sua intenzione di tradire i greci per passare al servizio di Serse, il Gran Re dei persiani. E più recentemente, una testimonianza in merito a tale argomento ci viene dalla scrittrice e prima direttrice di un quotidiano italiano, Matilde Serao (nella foto, 1856-1927) la quale, in un articolo del 1891, scriveva: «Vi è la falsa notizia maliziosa, perfida, di colui che la lancia con maligna intenzione, che la vede fare il giro della stampa e che sa bene non essere efficace nessuna rettifica, nessuna smentita: rimane sempre qualcuno che crede a questa falsa notizia; vi è la falsa notizia ingenua, candidamente stupita, di colui che ha udito una parola per un’altra, che ha scambiato il nome di un personaggio con quello di una città, che scrive a orecchio e quindi sbaglia; vi è la falsa notizia strepitosa, clamorosa, inventata da chi ha l’abitudine di queste fantastiche invenzioni e che si diverte immensamente nell’agitazione che desta; vi è la falsa notizia timida, quasi tranquilla, di colui che desidera che questa notizia si avveri; e la falsa notizia arrabbiata, disperata di colui che non sa come occupare mezza colonna del suo giornale, che ne occupa altra mezza per confermare la prima notizia, poi vi ritorna su per smentire le smentite, poi per spiegare che la cosa va così e così; e infine, la quinta volta per dare ampia ragione a coloro che smentirono. E ancora vi è la falsa notizia germogliata così, spontaneamente, ripetuta scioccamente, scioccamente creduta, che non è verosimile, che non sarà verosimile mai, che è l’indizio più profondo della stupidaggine umana; vi è la falsa notizia ricorrente, cioé quella che si rinnova ogni quattro, ogni sei mesi. Dio, quanti generi e quante forme di false notizie, alcune oneste e alcune disoneste, alcune perfide e alcune innocenti…».Un ulteriore contributo a far luce in merito ce lo dà lo storico francese Marc L.B. Bloch (1886-1944) il quale nel 1921 scriveva: «Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita; essa solo apparentemente è fortuita o, più precisamente, tutto ciò che in essa vi è di fortuito è l’incidente iniziale, assolutamente insignificante, che fa scattare il lavoro dell’immaginazione; ma questa messa in moto ha luogo soltanto perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento». Quindi, con il trascorrere del tempo abbiamo ingurgitato (e ingurgitiamo) troppe bugie miste a confusione, soprattutto erogate da internet (Facebook e Google in primis) a mano di autori in malafede e spesso sprovveduti e superficiali, peraltro non sempre prevenibili… Anzi, il più delle volte è quasi impossibile sapere chi e perchè si sta prendendo l’incomodo di costruire e spacciare fake news; noi non li conosciamo, i “sapienti” della disinformazia, ma è certo che loro conoscono noi: le nostre paure, i nostri pregiudizi, il nostro oscuro desiderio di lasciarci ingannare… e magari anche coinvolegre da quella loro saccenza abusando della nostra buona fede. Ma tale “produzione”, c’é ragione di credere, è spesso creata per interessi economici di molti soggetti coinvolti, per motivi politici o propagandistici e sfruttamento di questa o quella tendenza e orientamento mirato delle opinioni e, il fruitore, a parte la scarsa attenzione dei giornalisti, se una notizia “gli piace” finisce per crederla. E questo perché siamo macchine pensanti che si emozionano, esseri emotivi che pensano: la prima area del cervello che si attiva di fronte a un messaggio è sempre quella deputata alle emozioni, solo dopo si accende la corteccia razionale. «In sostanza – sottolinea un biologo e giornalista scientifico dell’Università di Harward – scegliamo emozionandoci, poi troviamo una giustificazione a ciò in cui crediamo: siamo razionalizzatori, più che razionali. Sulla salute, in particolare, è più facile che bufale e false credenze si diffondano proprio perché è un settore che coinvolge molto di più di altri l’emotività”.

Il diffondere false notizie, si può aggiungere, sembra essere una moda “senza controllo” che vengono create e utilizzate altresì per aumentare il proprio prestigio e per attirare attenzione negativa verso altri, i cui effetti sono spesso deleteri in particolare per quanto riguarda notizie in materia di salute: secondo gli ultimi dati Censis-Assosalute, ogni anno in Italia sono circa 9 milioni le vittime di fake news, e circa 4 milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche errate sul web. Inoltre 15 milioni di italiani, in caso di piccoli disturbi cercano informazioni in rete, e questo atteggiamento è sempre più diffuso tra i giovani il 36,9% dei quali usa autonomamente il web per trovare informazioni su come curare i piccoli distrurbi. Ulteriori tatistiche evidenziano che nel 17% dei casi si tratta di siti web generici sulla salute e nel 2,4% di social network; si tratta di siti istituzionali soltanto nel 6%; inoltre, risulta il 69% degli italiani che vorrebbe trovare informazioni certificate utilizzando il web, sia che si tratti di patologie minori che di farmaci. E ancora oggi si continua a dibattere sull’importanza/necessità delle vaccinazioni e, nonostante legislazioni e provvedimenti aggiornati in merito, il disorientamento ancora dilaga. A questo riguardo, mi pare puntuale una precisazione della ricercatrice e docente di Farmacologia all’università di Milano, Elena Cattaneo (nella foto), rilasciata al quotidiano La Repubblica il 2 settembre 2017: «La lentezza e l’impreparazione (frutto della storia evolutiva) con cui il cervello assume decisioni razionali si scontra con la velocità delle opportunità e delle informazioni attuali. E i nostri circuiti vanno in tilt di fronte a parole come prevenzione, rapporto rischi/benefici, probabilità e statistica».

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