Cultura: un’arte libera e incondizionata
Ma la propaganda non deve avvalersi del proprio ruolo e “confondere” i messaggi pubblicitari con quelli più propriamente culturali
La cultura, si dice, è creatrice di immensi valori (e chi può dubitarne, nonostante le molteplici iniziative di pseudo cultura che vengono proposte un po’ ovunque?). Essa umanizza l’uomo in quanto contribuisce a renderlo più consapevole della sua vita, lo rende libero, lo fa determinatore della sua esistenza, dandogli la disponibilità di sé stesso. Ma la cultura, comunque la intendiamo, non è da confondere con la propaganda (mera pubblicità) poiché quest’ultima non favorisce alcuna sorta di soluzioni; al contrario, si prospetta con dei problemi in quanto occorre ricercare come si deve fare per poter “imporsi”, con maggior consapevolezza e chiarezza possibili, nei confronti di chi vuol sfruttare il concetto di cultura a vantaggio dei propri messaggi propagandistici.
Mentre la propaganda o réclame si prefigge di appassionare il fruitore-consumatore, la cultura mira a dipanare ogni dubbio e ad individuare la realtà di un problema. Essa induce a pensare, come sosteneva Blaise Pascal (1623-1662; nella foto): «Lavora per pensare bene». È così che si spiega il fascino spirituale, visto come un alone intenso di calore e di luce che si sprigiona dalle grandi personalità della cultura. Il controllo delle più variegate passioni, la pacatezza del giudizio in ogni questione, così pure come la serena verifica dei fatti e delle idee unitamente al dominio costante della vita, di sé stessi e del mondo, determinano nell’uomo di cultura un’espressione umana; ossia, un modo d’essere che attrae e al tempo stesso riposa. Concetti che, del resto, trovano riscontro in quanto sosteneva il poeta e critico letterario tedesco Johann Peter Eckermann (1792-1854), parlando di Goethe, osservando che la stessa vicinanza con lui era educativa. Come educativo è l’esempio dato dalla vicinanza dell’uomo di cultura, per un senso di ottimismo e di serenità che sa infondere sul piano della vita delle passioni, degli istinti, dei desideri.
L’uomo colto non manca mai di inserirsi nei filoni esterni della vita, che quasi sempre superano ogni suo interesse immediato o dei gruppi sociali di cui anch’egli fa parte, come la bellezza, la gioia, la giustizia, etc. È così che conquista e rafforza la sua personalità, partecipando agli immensi valori che vanno dalla poesia all’arte in senso lato, dalla filosofia alla scienza e alla giustizia; e il grado di personalità è tanto elevato quanto maggiore è lo sforzo che compie per realizzarli nella vita. L’uomo di cultura, quindi, non può e non deve essere solo poiché, per partecipare a quei valori, l’uomo colto deve entrare in comunità. Così la cultura, in quanto formatrice della personalità e determinatrice degli ideali, si pone, in ultima analisi, come il fondamento della vita sociale. Lavorare ed impegnarsi per il miglioramento della propria cultura significa contribuire al miglioramento della società. Un preciso dovere nostro, di uomini e cittadini, senza per questo privarci della nostra libertà.
È palese che questo modo di intendere e di agire include sacrifici quotidiani, la cui dedizione include attività volte al conseguimento di mete che esulano da determinate scelte di vita, anche se queste, talvolta, condizionano le più nobili aspirazioni. Ma penetrando nel profondo, può manifestarsi col tempo una più chiara visione dei reali problemi. Tuttavia, non bisogna essere oggetto di un gioco preordinato e tanto meno guidato, ma agire con personalità, ossia assumere un atteggiamento comportamentale come ogni scrittore, ad esempio, deve avere, affinché avvenga quella maturazione dell’intelletto e salda e sicura la consapevolezza.
In letteratura e nello scrivere anche più comune, non esistono regole fisse come nella scienza dei numeri. È questa la suprema bellezza dell’arte letteraria, poiché scrivere non significa raffazzonare una serie interminabile di frasi o ricercare e costruire una piramide di vocaboli più o meno forbiti, ma al contrario esprimere concetti attraverso il messaggio della stesura olografa nella forma più chiara e semplice. Sono dunque da abbandonare gli insignificanti astrattismi e il ricorso a metodologie che possano dare adito solo ad illusorie speranze e proponimenti irrealizzabili. Nella convinzione che in ciascuno esistano qualità astratte ma che si possono esternare con benefici concreti, è maggiormente possibile l’identificazione nel messaggio con ottime probabilità di poterlo recepire.
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)