L’angolo di Full: “Scrittori!”

Oggigiorno ci sono più scrittori che lettori, si dice forse un po’ esagerando … ma non troppo.

Ormai scrivono e pubblicano libri anche le capre, dice la nostra Marcella Onnis … e forse non esagera.

Ma praticare un’arte non significa necessariamente essere artisti. E, fortunatamente, a ricordarcelo c’è il nostro Full.

Buona lettura, buona risata e, soprattutto, buona riflessione!

P.S. Che siate artisti o semplici “praticanti della scrittura”, accogliamo comunque i vostri scritti! Dovete solo seguire le poche indicazioni del nostro regolamento.

 

Scrittori!

Lo incontravo durante la pausa del pranzo, quando andavo a leggermi il Corriere ai giardini pubblici di Milano. Avrà avuto la mia età, leggeva i fumetti e rideva, rideva. Oppure aveva gli occhi lucidi per la commozione.
Un giorno non ressi alla curiosità, mi sedetti sulla stessa panchina e, alla prima sghignazzata, partii d’anticipo sui miei soliti scrupoli circa la riservatezza, l’invadenza e remore varie.
«Dev’essere molto divertente!» esclamai con forza per evitare che m’ignorasse.
«Da morire!». Lo disse senza nemmeno distogliere gli occhi: un dettaglio che mi restituì ai miei pudori.
Allora, come quando si copiava a scuola, cominciai a spostare lentamente le chiappe verso di lui sbirciando sempre più spudoratamente. Infine lessi per intero le due paginette spalancate e… non risi affatto. Rilessi più attentamente mentre lui continuava a sganasciarsi, ma… c’era ben poco da ridere.

Un povero scemo, pensai, ecco cos’è: un povero scemo.
Di botto le sue risate cominciarono a infastidirmi, tanto che decisi di cambiare panchina, ma volli prima capire, o forse, volli solo sfogarmi: «Per favore, mi mostra la cosa che la diverte tanto? Così mi faccio una risata anch’io.»
Mise il dito su un punto della pagina senza smettere di ridere.
Lessi: “…il ragazzo è sicuramente innocente. Dovremo orientare altrove le nostre indagini”.
«Il fatto che “il ragazzo” sia innocente la diverte così tanto?»
«No… ma dove guarda lei? Le ho detto di leggere qui», questa volta indicò esattamente lo spazietto bianco fra due vignette. Un pazzo! Come avevo immaginato. Decisi di stare al gioco e posai il dito su un altro spazio bianco: «Qui, invece, che si dice?»
Mi guardò come se lo scemo fossi io: «Quello è uno spazio vuoto, lo vede anche lei, no?»
«E qui invece?», indicai un altro spazio bianco.
«Ma… pure quello è vuoto… è evidente!», cominciava a spazientirsi (lui!) poi si voltò a guardarmi e, con tono indulgente, si concesse: «Ora le spiego.»

Mi disse che, negli spazi fra le vignette, c’è la vita non scritta dei protagonisti, le vicende che non vengono rese pubbliche e, spesso, sono le più gustose: basta saperle leggere. Mi mostrò come, in modo malaccorto, gli avessi indicato lo spazio fra due vignette che illustravano la stessa azione per cui non poteva accadere nient’altro: quelli erano spazi necessariamente vuoti. Poi volle farmi un esempio:
«Guardi questo stacco: la vignetta successiva si riferisce a due giorni dopo. Cos’hanno fatto i protagonisti nel frattempo? E’ tutto scritto qui, nello spazio di mezzo: basta guardare con occhi grandi.»
Assurdamente, prese a leggermi lo spazio bianco e… con bella voce, persino!
John Silverston ricordò d’essere a corto di provviste ed entrò nel vicino supermercato…”
Da quel fetente che sono, lo interruppi subito: «Ma… all’epoca, già esistevano i supermercati?»
Sbuffò: «Il primo supermercato era stato aperto, sei anni prima, da Silverston senior con un marchio sin troppo ovvio: “Ss”, divenuto poi “Doppia esse” e, oggigiorno, “Esselunga”… ma non m’interrompa per favore.»
Incredibilmente, inventava tutto lì per lì, al volo! E riusciva persino a prendermi per il culo!
Proseguì: “…l’aspettava una missione pericolosa, forse senza ritorno e John si scoprì a guardare i soliti, noti clienti del mercato con occhi nuovi, come si guardano dei parenti o dei cari amici: addio soavi smorfiette della signora languida che gli parlava sempre con voce bassissima e lui, per non sbagliare, rispondeva una cosa qualsiasi con tono suadente e ancor più basso. Addio al decorativo colonnello a riposo, che acquistava unicamente formaggio alle erbe di Provenza –che vi stupirà per la sua leggerezza–. Addio alla signora vegetariana col cane conseguentemente depresso. Addio al banco degli alimenti dietetici dove si divertiva a mettere delle salsicce sotto il cartello ‘dietetiche’: un modo per rimediare ai culi secchi di certe signore assidue del banco… ” 

«Ma… lei è bravissimo!», proruppi, «è un fenomeno! Non ha mai pensato a scrivere, a pubblicare?»
«Caro signore, da molto tempo ormai, o si scrive, o si pubblica!» e scoppiò in un’altra fragorosa risata.
Non c’era dubbio che, delle due cose, lui avesse scelto la più divertente.

L’intervallo per il pranzo s’era ormai esaurito e, quando ci salutammo, eravamo entrambi rossi dalle risate, gli strinsi forte la mano e lo ringraziai per avermi insegnato a guardare le cose con occhi grandi.
Nell’affollato ascensore che mi sparava al ventesimo piano, tenni il Corriere bene aperto a nascondere gli occhi lucidi… e non dalle risate.

Fulvio Musso

nda: l’inserimento di parole o fumetti fra le vignette è espediente noto.
Lo faceva Jacovitti nei fumetti e G. Carofiglio nella prosa. 

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